Si è svolto ieri a Vicenza, nella sede di Confindustria, un convegno che è stato intitolato, riprendendo un report dell’Economist, “Indonesia: the golden chance”. Al convegno, organizzato da Confindustria Vicenza, Banca Popolare di Vicenza e ISPI e che ha visto anche la presenza di SACE e MDA Consulting , sono intervenuti tra gli altri, il professor Romeo Orlandi, Vicepresidente di Osservatorio Asia, ed in collegamento Federico Failla, Ambasciatore d’Italia a Giacarta.
L’Indonesia è il quarto Paese più popoloso del Mondo con circa 240 milioni di abitanti ed ha un prodotto interno lordo che lo colloca all’interno del G-20, precisamente come 17a economia a livello mondiale. Per la sua conformazione geografica (è un arcipelago di circa 17 mila isole) e per mancati interventi programmatici ha notevoli problemi in campo infrastrutturale, soprattutto rispetto ai competitors regionali (ad esempio Singapore). Guardando ai fondamentali economici, le performance dell’Indonesia sono molto interessanti. A seguito della crisi finanziaria asiatica, si è avviato un processo di rigore nei conti pubblici che ha portato ad un livello di indebitamento pari a meno del 30% del PIL ed a stabilizzare il tasso di inflazione intorno al 5%-6%. Per quanto riguarda la variazione del PIL, i dati dimostrano come vi sia una crescita stabile e fissa intorno al 6%, che è stata intaccata solo in piccola parte dalla crisi economica globale per la scarsa apertura del Paese al commercio internazionale (il 70% del PIL è composto da consumi interni).
Le performance economiche vengono agevolate dalla dotazione naturale dell’Indonesia. Il Paese infatti risulta essere il primo produttore di olio di palma (da cui si deriva il biodiesel), il secondo produttore di gomma ed il terzo di cacao. Il settore dell’agroindustria contribuisce al 15,3% del prodotto interno lordo del Paese seguito dal comparto energetico con l’11% che sfrutta l’enorme dotazione di carbone (primo Paese per quantità), di petrolio, e, nel campo delle energie rinnovabili, di geotermico e idroelettrico.
L’insieme di questi dati rende evidenti le potenzialità di questo Paese e i vantaggi per i suoi partner commerciali. Da questo punto di vista giungono note dolenti per il nostro Paese. Infatti, anche se le esportazioni verso l’Indonesia da parte dell’Italia sono cresciute, lo hanno fatto in misure minore rispetto agli altri competitors europei e mondiali. Ad oggi l’Italia rappresenta solo lo 0,67% del totale delle importazioni indonesiane contro un livello doppio della Francia e del 2,2% della Germania. Uno dei motivi del gap di crescita fra l’Italia e altri Paesi, come ad esempio la Germania, può essere rintracciato anche in questo, ovvero il nostro Paese rimane legato a mercati di sbocco che crescono poco e che quindi trainano di meno l’export rispetto ad altre regioni del Mondo.
Dal punto di vista territoriale, vicentino e più in generale veneto, i dati forniti dal Vicepresidente di Confindustria Vicenza, dottor Roberto Ditri, sono decisamente positivi. Infatti, il volume dell’export veneto è stato pari a oltre 100 milioni di euro nel 2010 con un trend in costante crescita e un aumento su base annua del 16% guidato soprattutto dai settori della meccatronica e dei prodotti conciari.
Durante il suo intervento, il neo Ambasciatore Federico Failla ha richiamato l’attenzione sulla necessità da parte delle autorità italiane di essere più presenti sul territorio e di avviare delle relazioni con il governo locale dopo più di un decennio di assenza. Dal punto di vista delle singole imprese e delle strategie di internazionalizzazione, invece, il professor Orlandi ha sottolineato come in Indonesia, e più in generale nel Sud-est Asiatico, vi sia un interesse da parte degli attori locali volto più allo “Style in Italy” che al “Made in Italy”. Ovvero, gli imprenditori indonesiani sembrano essere più interessati ad acquisire il know-how per produrre beni simili alle eccellenze italiane piuttosto che commercializzare o acquistare i beni veri e propri. Ciò è comprensibile se si guarda alla mole e al tipo di mercato interno indonesiano che risulta essere costituito, come detto in precedenza, da 240 milioni di persone ma con una distribuzione del reddito abbastanza differenziata. Quindi, per poter sfruttare a pieno il potenziale del mercato è necessario produrre beni di qualità relativamente più bassa per diminuirne il prezzo ed aumentare le quote di mercato. A questo riguardo alleghiamo la SWOT analysis (analisi di punti di forza, debolezza, opportunità e minacce) del prof. Orlandi.
Per quanto riguarda la valutazione del country risk, nella sua scheda paese SACE pone l’Indonesia nella categoria di rischio M2 con outlook, positivo soprattutto per l’andamento dell’economia e per la stabilizzazione del rischio politico. Per le agenzie di rating, il giudizio risulta essere a cavallo fra i livelli di speculative e investment grade, con un deciso miglioramento negli ultimi anni.
Dai dati presentati risulta evidente la validità della definizione data dall’Economist per l’Indonesia: è quindi necessaria un’azione di sistema, del Governo da una parte e delle associazioni di categoria dall’altra, per permettere all’Italia di sfruttare questa “golden chance”.
Allegati: Indonesia – analisi SWOT prof. Romeo Orlandi.pdf