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Ex Ilva, via libera al decreto per salvare Acciaierie d’Italia: 680 milioni e scudo penale ma le incognite restano

Dal Consiglio dei ministri 680 milioni per l’aumento di capitale e torna lo scudo penale. Le risorse si sommano al miliardo già stanziato dal decreto Aiuti. E i sindacati (ma non la Fim-Cisl) confermano lo sciopero di 32 ore

Ex Ilva, via libera al decreto per salvare Acciaierie d’Italia: 680 milioni e scudo penale ma le incognite restano

Pronto il decimo decreto “Salva Ilva”. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto-legge sull’ex Ilva denominato “Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale”, confermando la volontà di erogare i 680 milioni, già stanziati – che possano essere utilizzati fin d’ora quale finanziamento soci convertibile in futuro aumento di capitale – e ripristinando poi lo scudo penale ai gestori del sito. La misura – finalizzata a salvare Acciaierie d’Italia di Taranto – non piace ai sindacati tanto che Fiom Cgil, Uilm e Usb hanno già proclamato uno sciopero di 32 ore il prossimo 10 gennaio mentre molto più prudente è la Fim-Cisl che vuole prima vedere l’esatto contenuto del decreto prima di scendere in piazza.

Ex Ilva: cosa prevede il nuovo decreto?

La decisione presa in Cdm arriva con un decreto legge, 10 articoli in tutto, che prevede un finanziamento sotto forma di prestito da 680 milioni “convertibile in aumento di capitale” per dare ossigeno all’azienda, messa alle corde dalla scarsezza di liquidità e dal rilevante debito accumulato verso una platea di fornitori. Il Governo Meloni, dunque, tenta di guardare già al 2024 quando Invitalia (il socio pubblico) potrà prendere la guida delle Acciaierie, scalzando ArcelorMittal. In quel momento, Invitalia diventerebbe primo azionista, con il 60% delle azioni, proprio grazie a un aumento di capitale.

In quel momento, nel 2024, i 680 milioni di oggi riemergeranno per finanziare — almeno in parte — l’aumento di capitale necessario. Ad essi si sommano poi 1 miliardo stanziato dal Dl Aiuti bis e le risorse previste per il DRI (preridotto, semilavorato da impiegare nella produzione dell’acciaio) e il Just transition fund, approvato nei giorni scorsi dalla commissione Ue. Il decreto, inoltre, prevede modifiche alla normativa per la attivazione delle procedure per l’amministrazione straordinaria in caso di insolvenza della società.

Ritorna lo scudo penale (eliminato dal Governo Conte) per non solo per l’ex Ilva ma anche per gli stabilimenti di interesse strategico nazionale. Il Dl contiene anche norme processuali penali per assicurare la continuità produttiva delle imprese di interesse strategico nazionale intervenendo sulla disciplina dei sequestri e su quella in materia di responsabilità penale per tutti gli stabilimenti di interesse nazionale.

ll Dl, spiega una nota del Ministero, prevede ulteriori norme tese a scoraggiare comportamenti dilatori nelle procedure di amministrazione straordinaria “legando i compensi dei commissari straordinari ai risultati e alla durata della procedura stessa e ponendo un tetto massimo ai compensi degli amministratori giudiziari”.

Ci sono poi investimenti legati allo sviluppo industriale e al Polo di Taranto, come l’attivazione dei campi eolici “floating”, iniziative di economia circolare tramite il recupero dei sottoprodotti (cementificio), attivazione di impianti di desalinizzazione tramite il recupero delle acque dolci dei fiumi Tara e Sinni, lo sviluppo del porto tramite impianto di degassificazione FSRU galleggiante.

Per realizzare questi obiettivi, ha illustrato Il ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso in Cdm, le parti hanno convenuto di modificare i patti parasociali incidendo su aspetti cruciali come la partecipazione azionaria e la futura governance e determinando gli impegni finanziari dei soci, con rispettivi impegni proporzionali alla quota azionaria. Urso ha infine annunciato che i piani di sviluppo e gli impegni industriali e occupazionali saranno illustrati dall’azienda il 19 gennaio con la partecipazione delle forze sociali, sindacati e associazione produttive, rappresentanti degli Enti locali, azionisti pubblici e privati.

Decreto Salva Ilva: sindacati in sciopero

I sindacati (Fiom Cgil, Uilm e Usb) appena appresi i contenuti del decreto approvato dal Cdm hanno subito indetto uno sciopero dalle 23 del 10 gennaio alle 7 del 12 gennaio. “Come Fim Cisl – dice il segretario generale Roberto Benaglia – vogliamo insistere nel verificare le modalità del prestito e della ricapitalizzazione” e gli impegni “che competono” a Mittal. Le decisioni del Governo, osserva Michele De Palma, numero 1 Fiom Cgil, “non rispondono alle richieste avanzate; pertanto, insieme agli altri sindacati porteremo avanti le iniziative previste”. Infine, Rocco Palombella, segretario generale Uilm, commenta che il dl “é una resa incondizionata del Governo nei confronti della multinazionale, un atto grave e irresponsabile”.

Per le tre sigle, “nonostante il mondo del lavoro e delle istituzioni, all’unisono, abbiano inviato al Governo un messaggio forte e chiaro, ovvero di non erogare nessun ulteriore prestito pubblico in qualunque forma ad ArcelorMittal, socio totalmente inaffidabile ed inadempiente, senza un preventivo riequilibrio della governance che, cosi come garantito dallo stesso ministro delle Imprese e del Made in Italy in più circostanze, avrebbe dovuto prevedere l’ingresso di Invitalia in maggioranza, il Cdm ha approvato il decreto legge recante “Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale” confermando la volontà di erogare i 680 milioni, già stanziati, in modalità finanziamento soci, ripristinando vergognosamente perfino lo scudo penale ai gestori del sito”. “In altre parole – dicono Fiom, Uilm e Usb – il Governo Meloni si disinteressa completamente delle richieste di un intero territorio, dei lavoratori, dei cittadini, cedendo ai ricatti di un operatore privato che si permette quotidianamente di prendersi gioco delle piaghe della nostra comunità, compiendo solo sgradevoli bluff e azioni incostituzionali, garantendogli, come se non bastasse, anche l’esimente penale per i propri comportamenti illeciti”.

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