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Banca d’Italia, l’Arbitro Bancario e Finanziario cresce: oltre 13mila ricorsi

ESTRATTO DELL’INTERVENTO DI SALVATORE ROSSI, Direttore Generale di Banca d’Italia, alla presentazione dell’attività 2015 dell’Arbitro Bancario e Finanziario che ha lo scopo di affrontare i reclami dei clienti delle banche con costi quasi nulli e con tempi più celeri della giustizia ordinaria – L’anno scorso sono presentati 13.600 ricorsi e si punta ad arrivare in due anni a 20mila

Banca d’Italia, l’Arbitro Bancario e Finanziario cresce: oltre 13mila ricorsi

ESTRATTO DELLE CONCLUSIONI DI SALVATORE ROSSI, Direttore Generale di Banca d’Italia, alla presentazione della RELAZIONE sull’attività svolta dall’ARBITRO BANCARIO E FINANZIARIO nel 2015.

L’Arbitro Bancario e Finanziario fu concepito dalla Banca d’Italia come un modo, anche se non l’unico, di migliorare il clima nelle relazioni banca-cliente e dunque di tutelare, attraverso il cliente, il sistema tutto. Un cliente che ritenga di aver subito un sopruso o un comportamento illegittimo da parte di un funzionario o di un ufficio bancario può, anziché iniziare una lunga, complessa e costosa lite giudiziaria, rivolgersi all’Arbitro, con due importanti vantaggi: 1) costi quasi nulli, dato il basso importo (20 euro) della commissione d’ingresso richiesta e la non necessità di essere assistiti da un avvocato, grazie alla semplicità della procedura; 2) tempi di giudizio più celeri. Il fatto che la procedura renda quasi sempre superflua l’assistenza legale ha un altro effetto positivo, oltre al minor costo: attenua nel ricorrente la sensazione frustrante di sentirsi Davide contro Golia, che in un’aula giudiziaria, dove la banca può certamente contare su una schiera di avvocati agguerriti, è maggiore.

L’inconveniente principale del ricorrere a un sistema di questo tipo è che il giudizio non è vincolante per chi soccombe. Ma è un inconveniente solo sulla carta. Nella realtà dei fatti, se a soccombere è la banca, questa, secondo le nostre rilevazioni, si attiene al giudizio nel 99 per cento dei casi, spesso anche modificando sue prassi interne o modalità organizzative per evitare che il comportamento giudicato scorretto si ripeta con altri clienti. La perdita di reputazione che conseguirebbe a una disubbidienza nei confronti del pronunciamento dell’Arbitro, subito resa pubblica, è giudicata dalle banche un costo troppo alto, anche quando esse non condividano i giudizi emessi.

Nel corso dei sei anni di funzionamento dell’ABF i ricorsi dei clienti sono stati respinti, dando quindi ragione alla banca, in una percentuale che è scesa progressivamente dal 40 al 30 per cento circa. In tutti gli altri casi o il ricorso è stato accolto, oppure le parti si sono accordate prima del giudizio per far cessare la contesa. L’ABF ha avuto un successo crescente presso la clientela delle banche e anche presso le banche stesse, che vedono ridurre il contenzioso giudiziario, costoso pure per loro, e ne possono trarre spunti per migliorare la propria organizzazione. I ricorsi sono passati dai 3.400 del 2010 ai 13.600 dello scorso anno. Anche altri paesi iniziano a mostrare interesse per questa modalità di protezione della clientela bancaria, che è una “buona pratica” tutta italiana.

Il successo ha avuto un risvolto negativo: i tempi delle decisioni si sono allungati, soprattutto a partire dal 2014, con l’impennarsi del numero di ricorsi trattati. In media, il numero di mesi occorrenti per un giudizio è passato da poco più di tre a otto. Anche il collegio di Napoli, costantemente il più produttivo dei tre, che era riuscito a contenere i suoi tempi in meno di tre mesi fino al 2013, è poi salito a quasi sette nel 2015. Si tratta pur sempre di tempi impensabili per la giustizia civile, che impiega in media oltre tre anni per definire cause di questo tipo. Ma è una deriva che ci ha molto preoccupato. La celerità è essenziale perché quest’organismo continui a crescere nella conoscenza e nel gradimento del pubblico.

Abbiamo dapprima reagito aumentando le risorse a disposizione. I componenti dei collegi, supplenti inclusi, sono passati da 42 a 65, lo staff delle segreterie tecniche e dell’ufficio centrale da 35 a 72. Ma non è bastato. Abbiamo allora deciso di potenziare l’offerta di questi servizi, aggiungendo ai tre esistenti altri quattro collegi, con altrettante segreterie tecniche: Torino, Bologna, Bari e Palermo. Le risorse coinvolte aumenteranno di circa 60 componenti nei collegi e 40 persone nelle strutture di supporto. La misura presa intende anche distribuire meglio l’offerta sul territorio. La nostra ambizione è di ottenere due risultati. Entro il 2018 vorremmo giungere: 1) a trattare fino a 20.000 ricorsi, anche grazie a nuove applicazioni informatiche; 2) a ridurre il tempo medio di decisione a non più di tre mesi.

Osserviamo che la stessa giurisprudenza in materia bancaria tiene conto in misura crescente delle decisioni dell’ABF. Questo è certamente un fenomeno positivo, poiché rafforza agli occhi degli utenti la credibilità dei giudizi dell’Arbitro. Il rischio che si corre è quello di una mutua attrazione, cioè che l’Arbitro finisca per assomigliare sempre più a un tribunale civile, sia nelle competenze delle persone chiamate a far parte dei collegi sia nel tenore delle decisioni. Ma questo sarebbe un errore. Un arbitro chiamato a dirimere controversie fra banche e clienti non può badare solo all’osservanza delle norme: quella è la base, irrinunciabile, ma vi si deve aggiungere la capacità di far prevalere le migliori pratiche di mercato, che leggi e regolamenti non necessariamente codificano. Sarà importante conservare nei collegi un bilanciamento di competenze ed esperienze pregresse, che non siano limitate a quelle giuridiche e giurisdizionali.


Allegati: Presentazione Arbitro bancario finanziario

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