Si tinge sempre più di rosa la produzione dello zafferano toscano. Ormai l’80% delle aziende agricole che coltivano questa preziosissima spezia è composta principalmente da donne, per la pazienza e la delicata manualità che richiede la raccolta degli stigmi dal fiore. Tra le protagoniste troviamo la giovane Carolina Calonaci, che ha deciso di abbandonare il mondo della moda per dedicarsi alla coltivazione dello zafferano Made in Italy.
Poco più che trentenne, Carolina ha una laurea in Agraria e un piccolo terreno di circa otto ettari, di cui quattro di bosco, alle pendici dell’Appennino, nel cuore del Mugello. L’amore per la terra e la passione di Carolina le hanno permesso di creare un’azienda quasi da zero dove i campi si incontrano con paesaggi selvaggi.
Nel suo Podere Rio II, l’azienda agricola promossa da Coldiretti “Fondazione Campagna Amica”, ha scelto una coltivazione di nicchia, in grado di ottimizzare il poco terreno a disposizione, con un etto e mezzo di pistilli biologici ricavati dalla fioritura di 10 mila fiori di Crocus sativus. L’azienda offre, però, un’ampia gamma di prodotti naturali, quali ortaggi e frutta, erbe officinali, miele e vino, che si possono acquistare nei locali del fienile, recentemente ristrutturato in laboratorio, cucina e punto vendita.
Attualmente l’azienda dispone di circa 5000 metri per la produzione di questa spezia sempre più richiesta, grazie alla sua qualità di prima classe, il Podere fa parte delle principali associazioni di produttori in Italia: “Associazione Zafferano Italiano” e “Associazione dello zafferano delle colline fiorentine”.
La strada è stata tutta in salita, con un inizio fatto di sacrifici e duro lavoro. Ma oggi, la giovane imprenditrice toscana è riuscita ad ampliare la sua attività, tra la fattoria e l’agriristorante. Ci sono cani, cavalli, gatti, pavoni, conigli, polli, anatre e il maiale vietnamita “Peppa Pig” a dare il benvenuto ai visitatori.
L’agriristorante è aperto tutto l’anno ma solo su prenotazione e a menù fisso concordato: dai piatti tradizionali della Mugellana a quelli innovativi a base di zafferano e tartufo. Sono previste anche degustazioni per assaggiare i sapori veri e genuini della campagna.
Insomma, un’atmosfera e un posto splendido da poter visitare con una bicicletta e ammirare gli sforzi di una giovane toscana diventare realtà. Ma ciò che la differenzia, dagli altri imprenditori agricoli, è proprio la produzione di un prodotto prezioso, quale lo zafferano, anche noto come “oro rosso“.
La coltivazione dello zafferano è così antica che l’origine è frutto di diverse leggende: sia Omero che Virgilio e Plinio lo citano nelle loro opere, sia come ingrediente per cucinare che come tintura per le stoffe. Nella “metamorfosi” di Ovidio si narra che il giovane Croco fosse innamorato di una ninfa, ma non corrisposto. Gli dei decisero quindi di trasformarlo in una pianta, il Crocus Sativus per l’appunto.
Nella mitologia romana, invece, si narra che il Dio Mercurio, protettore dei commerci e dei guadagni, sbagliò il lancio del disco, colpendo a morte il suo amico Crocus. Il sangue arrivò a tingere il fiore della pianta, così da rimanere impresso nella memoria degli uomini.
Questa spezia veniva molto usa soprattutto come colorante per le stoffe più preziose: dagli Assiri al re d’Irlanda, fino agli Egizi che tinteggiavano le bende con cui avvolgevano le mummie. Una spezia, già all’epoca molto costosa, che sono le famiglie più ricche potevano permettersela. Ma veniva utilizzata anche come cosmetico naturale, ad esempio si narra che Cleopatra la usasse per dare un bel colore dorato alla sua pelle.
Anche se le leggende attorno a questa spezia sono diverse, si ritiene che fosse originaria dell’Asia minore. Il suo commercio, poi, si diffuse in tutto il mondo. Tuttavia, durante gli anni della fine dell’Impero Romano e delle invasioni barbariche, la coltivazione dello zafferano in Europa subì un brusco arresto e andò perduta. Solo durante l’invasione araba nel X secolo in Spagna venne reintrodotta, dove suscitò fin da subito un gran interesse.
Il popolo ispanico, intuì fin da subito il valore di questo prodotto, tanto da impedire l’esportazione dei bulbi istituendo leggi molto severe: dalla prigionia alla condanna a morte. Fu grazie a padre Cantucci, inquisitore ai tempi di Filippo II, che lo zafferano venne introdotto in Italia, dove ancora oggi viene coltivato con gran successo.
Con la scoperta dell’America, lo zafferano subì un forte declino per l’attenzione alle nuove spezie vegetali tipiche del nuovo continente, tra cui la vaniglia, il cioccolato e il caffè. Solo in determinate zone della Francia, dell’Italia ma soprattutto della Spagna, riuscì a resistere.
Ad oggi, la produzione mondiale dello zafferano conta circa 178 tonnellata annue, con l’Iran come maggiore produttore (90%), seguito dall’India, dalla Grecia, dal Marocco, dalla Spagna e dall’Italia (per il restante 10%). In Italia il suo interesse è sempre maggiore, connessa fortemente all’andamento climatico, si può stimare una produzione tra i 450 e i 600 kg, occupando all’incirca 50/55 ettari e 320 imprese agricole.
Le regioni maggiormente interessate sono la Sardegna, l’Abruzzo, la Toscana, l’Umbria e le Marche, anche se piccole realtà stanno emergendo anche in Sicilia, Valtellina, Puglia, Cinque Terre e nella Tuscia. Per la qualità dello zafferanno, sia quello di Navelli che della Sardegna hanno ottenuto l’ambito riconoscimento DOP, la cui coltivazione era già in uso dai tempi antichi.
Per quanto riguarda l’importazione di questa spezia, secondo i dati Istat, tra prodotto non tritato o polverizzato e tritato risulta essere pari ad oltre 22 mila kg per 2.937.838 euro. Invece, l’esportazione ha un valore economico stimato in oltre 551 mila euro.
Dal colore inconfondibile, lo zafferano è ricco di principi nutritivi che lo rendono unico. Ricco di sali minerali (fosforo, potassio e magnesio), vitamine e folati. Tra le vitamine le più abbondanti sono A, C, e la B che aiutano il metabolismo e lo scambio di ossigeno tra le cellule. Il safranale, invece, è un olio essenziale che gli dona il un odore acre e intenso.
Per quanto riguarda il colore giallo dello zafferano è dovuto all’elevata quantità di carotenoidi in esso contenuto, che servono per proteggere le cellule fungendo da antitumorali. Il sapore amarognolo è dato dalla pirocrocina.
Lo zafferano è uno tra gli antiossidanti naturali per eccellenza, in grado di proteggere il corpo dall’invecchiamento e aumentare le difese immunitarie. Famoso anche per le sue proprietà digestive e dietetiche, questa spezia è in grado di accelerare il nostro metabolismo per la presenza della vitamina B, in grado di stimolare il consumo dei grassi.
Inoltre, possiede anche proprietà antinfiammatorie, antidepressive, disintossicanti e afrodisiache. Bastano pochi grammi per insaporire i piatti, un suo utilizzo massiccio potrebbe avere effetti controversi come vertigini e torpore.
Si tratta di un prodotto totalmente naturale, coltivato senza l’uso di fertilizzanti, pesticidi o sostanze chimiche. La sua lavorazione è completamente artigianale, tanto da rendere il suo valore economico piuttosto elevato.
Lo zafferano si ricava dall’essiccazione e tostatura degli stigmi del fiore Crocus Sativus. Il fiore è sterile, non fa semi, per cui la sua propagazione è garantita dal bulbo. All’interno del fiore ci sono 3 stigmi dal colore rosso e sono essi che forniscono la preziosissima spezia.
La raccolta inizia con la fioritura e si esegue manualmente, prima della totale apertura dei fiori (quindi all’alba), così da mantenere inalterate le proprietà della spezia. Una volta raccolti i fiori, questi vengono conservati in ceste per farli arieggiare e, in seguito, sottoposti quanto prima alla modanatura, ovvero all’esportazione degli stigmi.
L’operazione è molto delicata, motivo per cui deve essere fatta necessariamente a mano. Per ottenere un solo grammo occorre mondare dai 100 ai 150 fiori, in un lasso di tempo limitato (dato che il periodo di fioritura dura all’incirca 6 settimane).
Ma non finisce qui. Dopo la raccolta, bisogna procedere con l’essiccazione degli stigmi. Si possono utilizzare diverse modalità, come metterli in setacci sopra fonti di calore (braci, forni, caminetti a legna), oppure utilizzare degli essiccatoi, o semplicemente il sole (in alcuni paesi del mediterraneo orientale il sole è molto forte). In tutti i casi la fonte di calore deve essere moderata e non superare i 45°C. Bastano pochi minuti e passaggi sbagliati per perdere tutto il lavoro di un’annata.
A questo punto gli stigmi possono essere messi in barattoli di vetro a chiusura ermetica oppure ridurli in polvere nelle pratiche bustine che tutti noi conosciamo. È possibile però, coltivare questa incredibile spezia anche in un vaso, ma non si deve sottovalutare tutto il processo di lavorazione.
Inoltre, bisogna diffidare dello zafferano in polvere a basso prezzo: vengono mescolate insieme alla curcuma o al cumino o altre sostanze senza alcun valore nutritivo. Assicurarsi che la polvere sia di un color rosso intenso, uniforme e che non presenti puntini bianchi.
Una volta acquistata la spezia, sia in pistilli che in polvere, questa può insaporire ogni portata, dall’antipasto al dolce, in grado di colorare, esaltare e arricchire ogni piatto. Ma attenzione, varia la modalità di utilizzo dei due formati: la polvere può essere aggiunta a fine cottura senza ulteriori procedimenti, mentre i pistilli devono essere prima lasciati in infusione, per circa 40 minuti, in acqua molto calda.
In entrambi i casi, ove possibile, si consiglia di aggiungere lo zafferano solamente a fine cottura, altrimenti il calore potrebbe disperdere tutte le sue proprietà organolettiche.
Tra le combinazioni migliori ci sono il riso, come il famoso risotto allo zafferano, con i crostacei, frutti di mare, le carni in umido e le salse delicate. Si può utilizzare anche per arricchire l’impasto della pizza o del pane, oltre che per esaltare le verdure in padella. Ottimo anche con la pasta i formaggi, ma soprattutto con i dolci (ad esempio per aromatizzare i biscotti, i muffin e le torte). Ed è proprio grazie alla sua versatilità, che lo zafferano è una delle spezie più amate nella cucina italiana.