Era vero. Come avevamo anticipato anni fa, la Whirlpool sta andandosene dall’Europa e anzi anche dall’Asia, dall’Africa e dal Medio Oriente. Intanto sin dal 2014, anno di arrivo in Europa con l’acquisizione della Indesit, cominciava lo sfoltimento per concentrare in Polonia (dove il costo del lavoro era molto basso) la produzione e guadagnare il più possibile, spremendo i mercati europei per poi, più tardi, andar via.
Il classico percorso di molte multinazionali americane e inglesi. Le voci di un addio all’EMEA da allora hanno continuato a girare e la conferma è venuta da Milano in occasione del Salone del Mobile di Milano e di Eurocucina, alla quale la multinazionale americana ha rinunciato per la prima volta, preferendo un evento al Fuorisalone decisamente sottotono, con la presentazione di una ricerca americana.
Whirlpool lascia Europa Emea: “revisione strategica” ma non solo
Una assenza da Eurocucina (la fiera numero uno mondiale del settore) che rientra, insieme ad altre operazioni, nella “revisione strategica” della propria presenza in Europa, Medio Oriente e Africa – come un comunicato del 25 aprile del gruppo ha spiegato – destinata a far fronte alle difficoltà derivanti dalla guerra in Ucraina e a vendite decisamente al di sotto delle previsioni. Ma determinata negli ultimi anni anche da una serie di flop e di errori sui mercati non solo EMEA e pur potendo contare sulla acquisizione della Indesit che ha portato in dote brand leader, quote consistenti del mercato europeo, fabbriche e molta innovazione. Contenuti che nel percorso sempre più accentuato della finanziarizzazione della società, per gli azionisti venivano a perdere progressivamente interesse. Infine, ci sono, e molto pesanti, le difficoltà di un declino della globalizzazione che sta cambiando il quadro economico mondiale.
Chi compra Whirlpool: Midea, Galanz, Hisense o Arḉelik?
Per comprare, i pretendenti – perché nel frattempo se ne erano aggiunti altri a Midea da noi indicata come primo pretendente – chiedevano un alleggerimento di dipendenti e siti produttivi, cosa che Whirlpool cominciò presto a praticare in Italia con la chiusura del sito di Napoli, a lungo oggetto di trattative, finanziamenti robusti, ridimensionamenti e definitiva scomparsa, e di altri siti italiani.
Non solo: due brand simbolo della fascia alta – quella più redditizia – il francese Scholtès e l’italiano Ariston sono stati uno venduto e ormai scomparso e l’altro abbandonato. Una politica sbagliata per due ragioni: innanzitutto a questi marchi nazionali corrispondevano quote importanti di vendite che sono andate perse. E poi perché in questi anni a vincere sul mercato europeo è stata la multinazionale tedesca BSH che ha scelto la strada opposta, valorizzando tutti i suoi marchi. E anche gli altri grandi gruppi, eliminando brand nazionali radicati, faticano sempre di più a mantenere le quote di vendita.
L’alleggerimento richiesto non riguarda solo l’Europa, anche perché a farsi avanti si sono aggiunti la turca Arçelik (proprietaria di Grundig e Beko, fa parte del gruppo Koç, un gigante mondiale), le cinesi Hisense – che tra l’altro condivide fabbriche e affari in Cina con Whirlpool – ed è uno dei suoi fornitori OEM, e Galanz, oltre naturalmente a Midea che pare rimanga in pole position.
Whirlpool lascia: chiusure in tutta Europa
Intanto già nel 2018 la Whirlpool si libera della grande fabbrica di Amiens in Francia (800 dipendenti) per trasferire la produzione in Polonia e la società che subentra, alla quale la Whirlpool assegna ben 7,5 milioni per la continuazione delle attività, chiude dopo un anno soltanto. Nel 2021 come avevamo anticipato su FIRSTonline, viene venduto per 83 milioni di euro alla turca Arçelik lo stabilimento di Manisa, città della Turchia dove vengono prodotti frigo e lavatrici della multinazionale americana e che la multinazionale Usa aveva ricevuto in dote all’atto dell’acquisto nel 2014 della Indesit. In Cina la mega fabbrica di frigoriferi di Shanghai è stata di recente acquisita (per un valore al termine della transazione di quasi 20 milioni di dollari) dalla Galanz, che intende uscire dalla monospecializzazione industriale (microonde) per crescere nel settore del Bianco.
Risultati di vendita deludenti, competizione durissima, difficoltà logistiche e una filiera troppo lunga avevano da tempo convinto il vertice della multinazionale Usa a disfarsi anche di questa manifattura, peraltro preceduta da clamorose “dimissioni” del presidente di Whirlpool Asia e vicepresidente di Whirlpool China, Shengpo (Sam) Wu.
Anche la turca Arçelik vuole Whirlpool Emea
Da anni ormai la turca Arçelik con i suoi brand Beko e Grundig, è stabilmente nei primi posti delle vendite in Europa ed ha da tempo investito ingenti risorse finanziarie nell’ecosostenibilità che è diventata – come ha confermato la sua presenza a Eurocucina e al Fuorisalone – l’argomento di punta della comunicazione. A Eurocucina non pochi manager delle aziende europee ritenevano molto vicino il finale della annosa scelta o attesa dell’acquirente di Whirlpool EMEA, attribuendo alla società turca ottime probabilità di farcela. E del resto la lunga marcia vincente del gruppo turco verso l’Europa, avrà presto una ufficializzazione. Prossimamente verrà nominato ai vertici di APPLIA Europe (Home Apppliance Europe), l’associazione dei produttori di elettrodomestici, proprio il Ceo di Arçelic, Hakan Bulgurlu, al posto dell’attuale presidente, il tedesco Peter Goetz del gruppo BSH.
Elettrodomestici: quanto vale l’area EMEA?
Chi se la prende diventa automaticamente uno dei protagonisti mondiali dell’elettrodomestico perché solo qui si trovano aziende con posizioni di primato tecnologico, industriale, commerciale e sociale superiori a quelle di altre aree. E con un primato, davanti a tutti, quello di un livello di ecosostenibilità imbattibile poiché i grandi elettrodomestici prodotti e venduti in Europa hanno i consumi di energia, acqua e detersivi più bassi al mondo. Con il pesantissimo aggravarsi delle emergenze ambientali e sociali, le manifatture europee hanno, di conseguenza, una buon vantaggio competitivo. Inoltre, le impressionanti e ormai croniche crisi della logistica mondiale – destinate anzi a peggiorare- rendono sempre più costoso mantenere le filiere lunghe della delocalizzazione. Non conviene più fabbricare majap in Cina per venderli in Europa (posto che fosse conveniente farlo prima), ma è ancor più folle continuare a produrre in Cina un frullino il cui prezzo nei negozi è un enormemente inferiore al solo costo dei trasporti.
Quanto vale attualmente Whirlpool EMEA?
Questo mercato ha generato nel 2021 vendite per un valore di 5 miliardi di dollari con 17.400 dipendenti, e rappresenta, per il gigante Usa, il secondo mercato più grande dopo il Nord America. Si tratta non soltanto di numeri ma anche di “valore”: sempre meno consumatori al mondo accettano di pagare un prodotto made in China quanto quello di uno fabbricato in Europa. Il cambiamento delle scelte dei consumatori dopo il Covid – documentato da numerose release di GFK – dimostra proprio questa decisa sterzata verso la qualità.
Infine c’è un altro pesantissimo incubo che blocca l’avanzata sui mercati dei device digitali, connessi, parlanti, smart, intelligenti dei quali molti sono made in Asia. Mancano e non si vede nessuna soluzione prossima ventura – come avevamo del resto già anticipato – i “motori” della cosiddetta rivoluzione digitale: i chip, i componenti, dal più umile al più evoluto, la microelettronica. Così, nei negozi, questi meravigliosi elettrodomestici-robot che promettono meraviglie, non arrivano. Chi in Asia riesce a fabbricarli trovando la componentistica elettronica se li tiene. Perché la globalizzazione si è già avviata verso un inevitabile ridimensionamento.