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Whirlpool: diserta l’incontro al Mise, rinvia tutto a dopo il 21 Ottobre e cerca l’uscita da Europa Emea. Allarme sindacati

Imagoeconomica

Calma e gesso, come si dice a Milano: questo invito a usare molta cautela circola da tempo ormai tra le RSU, i dipendenti, i manager, i vertici europei e americani della Whirlpool, impegnata a cercare una soluzione definitiva per la sua filiale Emea. Le opzioni sono due: vendita o proseguimento delle attività, pur con graduali dismissioni in stile “spezzatino”. Oggi l’intero settore degli elettrodomestici è in movimento e anche la vicenda della filiale Emea di Whirlpool tocca interessi di portata mondiale. Che richiedono da parte di tutti – confessano in confidenza rappresentanti dei lavoratori, dei manager e dei politici – molta trasparenza e molta attenzione. A smuovere questa apparente calma, nei mesi scorsi è arrivata la vendita delle fabbriche russe e turche e ora i sindacati pensano che Whirlpool intenda disfarsi anche delle attività nell’area Emea. Ma non è tutto.

Nessun incontro prima di ottobre

L’ultima novità è che la multinazionale non si è presentata all’incontro convocato per ieri, mercoledì 28 settembre, da Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo Economico, e a cui era presente anche Andrea Orlando, ministro del Lavoro. L’obiettivo era discutere del futuro delle fabbriche e delle sedi italiane. La convocazione però sarebbe arrivata – osservava una fonte della società – con un preavviso troppo breve, appena due giorni prima dell’appuntamento.

Una mail inviata da Maurizio Sberna, capo ufficio stampa corporate, sottolineava che per Whirlpool, nell’ambito “della revisione strategica delle proprie attività in Europa, Medio Oriente e Africa avviata nell’aprile scorso, tutte le opzioni sono attualmente ancora in corso di valutazione e tutti gli scenari continuano ad essere valutati”. Ma soltanto dopo il 21 ottobre, quando saranno resi noti i risultati della terza trimestrale, Whirlpool comunicherà una decisione (forse) finale. Immediatamente è arrivata la reazione della Rsu di Cassinetta (VA) che ha indetto alcune ore di sciopero nelle due giornate del 28 e del 29 (reazione peraltro misurata ma che non resterà isolata).

La convocazione al tavolo ministeriale è arrivata in grande fretta dopo le elezioni, quando il Mise avrebbe avuto tutto il tempo di affrontare la questione nelle scorse settimane, evitando che Whirlpool rimandasse al 21 ottobre ogni revisione strategica. La situazione, in effetti, avrebbe imposto una certa fretta: secondo esperti come Antonio Guerrini, per decenni a capo di Anie-Confindustria, quella che era la seconda manifattura italiana dopo l’auto è oggi ad alto rischio di declino, di ulteriori delocalizzazioni, di acquisizioni mal gestite e distorte dal dumping dei competitor extra-europei.

Fiom: “La manifattura italiana è a rischio”

Molto chiara anche la nota congiunta di Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom-Cgil e responsabile elettrodomestici, e Silvia Spera, dell’area Politiche Industriali per la Cgil nazionale: “La manifattura italiana rischia di saltare pezzo su pezzo. Sulla chiusura di Napoli non c’è stata nessuna discussione possibile e ora stiamo assistendo alla stessa operazione da parte della multinazionale americana. Occorre agire prima che la decisione venga comunicata agli azionisti”. Pochi sanno che la produzione di lavatrici di fascia alta di Napoli è poi stata trasferita in Polonia e pochi ricordano che la vicenda di Napoli è stata gestita in maniera perlomeno caotica con roboanti promesse fatte dai 5 Stelle e mai mantenute.

Le offerte sono arrivate

Anche stavolta saranno i numeri a decidere: o meglio, sarà Marc Bitzer, Ceo e presidente di Whirlpool Corporation, a scegliere le aziende che acquisiranno i 10 stabilimenti europei del gruppo messi in vendita insieme ai centri di R&D (per un totale di oltre 16mila dipendenti). Gli acquirenti dovranno anche farsi carico di quei siti – come quelli in Polonia e nell’est Europa – senza ordini da molti mesi e a rischio per il -30% delle vendite sul mercato russo e dei paesi filorussi, a causa delle sanzioni, che si aggiunge al -7% della domanda europea.

Quanto ai probabili acquirenti di Whirlpool Emea, la notizia è che sono arrivate, in forme ovviamente non ufficiali, non poche manifestazioni di interesse. Sono consistenti e vedono in testa i grandi big dell’elettronica di consumo e dell’elettrodomestico extraeuropei. I contendenti principali sono tre:

Samsung, che ha registrato un enorme aumento dell’utile operativo per i primi tre mesi del 2022, il 51% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e un fatturato consolidato record di 61,2 miliardi di dollari.

I turchi della Arçelik della conglomerata Koç (consolidato 2021 a quota 346,7 miliardi di dollari) si sono dichiarati disposti a proseguire nell’acquisizione di altre fabbriche (specie nelle Marche, dove hanno da poco creato un polo logistico importante).

Infine, i cinesi di Midea Group, che, pur dovendo fronteggiare una caduta delle vendite in Cina, è diventato un leader mondiale nel settore più redditizio e promettente, quello delle energie alternative. Inoltre, Midea ha visto aumentare del 200% in tutto il mondo le vendite di apparecchi a pompa di calore nella prima metà di quest’anno e le vendite di questi prodotti rappresentano già il 6% della capacità del mercato europeo. Le esportazioni – ha dichiarato alla stampa asiatica di recente il Ceo Paul FangHougboIl – sono aumentate nel primo trimestre del 26% e le intenzioni del gruppo sono particolarmente aggressive: sono state stanziate risorse ingenti per joint-venture, nuovi stabilimenti anche in nord America e acquisizioni.

Ma dal quartier generale e dai vertici europei di Whirlpool arriva un invito a non considerare il 21 ottobre come la data finale della vicenda, perché, com’è accaduto in altre colossali operazioni di M&A mondiali, i tempi potrebbero prolungarsi di parecchio.

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