La scelta delle opere è ricaduta su xilografie e quindi più ampiamente su grafica, che sviluppano il tema delle iconografie delle maschere (in latino, personae) africane che sono state di ispirazione per gli artisti europei del filone del Primitivismo.
Dagli ultimi decenni dell’Ottocento, con l’incremento degli studi di antropologia, il primitivismo coincise con un desiderio di ritorno allo stato di innocenza delle civiltà preistoriche e dei popoli ‘selvaggi’, e quindi come rifiuto della società moderna.
Dopo gli omaggi a Jim Dine (2009), a Adolfo De Carolis (2011), a Mimmo Paladino (2013) a Emilio Isgrò (2015) e a Georg Baselitz (2017), saranno questi quattro artisti a rendere ancora il legame che lega la xilografia a Carpi, che ha dato i natali a Ugo da Carpi, inventore della tecnica xilografica a chiaroscuro di cui è stato uno dei più importanti esponenti.
Il percorso espositivo vede 47 xilografie di piccolo formato di Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938), contenute nel libro di poesie Umbra vitae scritte da Georg Haym, autore visionario, morto a soli 25 anni, profeta della catastrofe di un mondo travolto dalla tecnica e anticipatore dell’espressionismo più esasperato.
Il volume contiene le incisioni del Kirchner più maturo e sconsolato; lo si comprende dalle piccole scene nere che precedono le poesie, dall’antiporta in nero e rosso, dai risguardi di un fucsia acceso, dalla potente copertina in lino verde oliva, giallo e nero con due grandi teste che si stagliano sul profilo delle montagne. Le teste allungate, tracciate con segni spessi e decisi, gli occhi marcati, le bocche devastate rimandano formalmente e psicologicamente alle maschere rituali e alla magia che sprigionano.
La mostra prosegue con Le chef-d’oeuvre inconnu di Honoré de Balzac, considerato il più bel libro d’artista di Pablo Picasso (1881-1973), uscito a Parigi nel 1931 in 340 copie per le edizioni di Ambroise Vollard.
Il volume conserva 67 disegni incisi su legno, piccole teste e figure tracciate con essenzialità, un’attenzione formale che porta al nocciolo della rappresentazione dell’umano come forma e come sostanza. È qui che Picasso rimanda alla sua profondissima conoscenza dell’arte africana che già dai primissimi anni del Novecento impregna l’intera sua produzione artistica.
Le 105 xilografie Georges Rouault (1871-1958) tratte della Réincarnations du Père Ubu (1932), risultano nitide, delicate e potenti al tempo stesso, seguendo il segno a volte sottile a volte più spesso dell’artista. Ciò che colpisce di queste incisioni è la caratterizzazione dei personaggi, con la quale Rouault enfatizza le espressioni per farli assomigliare a caricature grottesche e tragiche, che suscitarono l’ammirazione degli espressionisti. Se infatti nella sua prima produzione il pittore si dedica alla rappresentazione di un’umanità varia – clown, criminali, pierrot e prostitute – visti come testimoni di un’umanità sconfitta e umiliata, in questa opera si avverte lo spiritualismo che caratterizza l’esistenzialismo del filosofo Jacques Maritain (consigliere spirituale di Rouault), che spinse di lì a poco il pittore a diventare uno dei maggiori autori di arte sacra del Novecento. E così mentre incide per il Père Ubu, lavora incessantemente per anni alle 58 acquetinte del Miserere (1948), di cui vengono esposti 6 fogli, che supera per quantità e formato tutti i cicli grafici che la storia dell’incisione annovera.
L’esposizione si chiude con le acqueforti che Marc Chagall (1887-1985) realizzò per illustrare Le anime morte di Nicolas Gogol. Nel far emergere la Russia della sua infanzia, sono i personaggi della “commedia umana”, grotteschi, comici e dolenti a un tempo, i veri protagonisti della storia, i cui volti dai tratti e dalle espressioni forti, che rimandano alla più profonda essenza dell’essere umano.
Accompagna la mostra un catalogo (Moggio editore, Roma).