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Webuild pronta a ricostruire il Ponte di Baltimora crollato a marzo: il progetto pro bono

FIRSTonline

Webuild, il colosso italiano delle grandi opere e dell’ingegneria, ha presentato pro bono un progetto per ricostruire il Ponte di Baltimora nel Maryland (Stati Uniti) crollato a marzo, in seguito alla collisione di una nave cargo con uno dei pilastri di sostegno. Il crollo ha causato la perdita di numerose vite e interrotto un collegamento vitale tra il porto della città e l’Oceano Atlantico.

Il Gruppo guidato da Pietro Salini, tramite la sua controllata americana Lane, ha offerto alle Autorità competenti una proposta per la progettazione e la pianificazione della ricostruzione del ponte, in segno di solidarietà e vicinanza agli Usa, paese in cui Webuild ha una presenza storica. La proposta preliminare è stata elaborata in collaborazione con l’architetto Carlo Ratti, professore del Massachusetts Institute of Technology (MIT), e l’ingegnere strutturista francese Michel Virlogeux. “Come Webuild, con la nostra controllata americana Lane, siamo pronti a metterci a disposizione, per un rapido ripristino di questo ponte strategico per la mobilità dell’area” ha commentato l’amministratore delegato Webuild Pietro Salini in una lettera inviata al Segretario di Stato per i Trasporti degli Stati Uniti, al Governatore del Maryland e al Direttore del Maryland Port Administration. “Parteciperemo al Virtual Industry Forum organizzato il 7 maggio dalla Maryland Transportation Authority (MDTA) per la ricostruzione del ponte” ha aggiunto Salini, “e siamo pronti a fornire, in questa prima fase, ogni possibile aiuto in uno spirito pro bono. Il concept design del ponte a cui abbiamo lavorato incessantemente in questo ultimo mese potrà rappresentare un contributo importante in vista della progettazione e della ricostruzione o della nuova costruzione dell’opera”.

In 120 anni Webuild ha costruito 1000 km di ponti

Il Gruppo Webuild, in 120 anni di storia, ha realizzato 1.020 chilometri di ponti e viadotti. Ponti ad arco, strallati, a travata o sospesi, presenti in oltre 300 grandi opere stradali, autostradali e ferroviarie, esempi di come le tecniche di costruzione si siano evolute nel corso dell’ultimo secolo. “Siamo consapevoli dell’importanza di questa infrastruttura dal punto di vista logistico e commerciale, con oltre 1,4 milioni di persone che vivono nell’area, più decine di migliaia di pendolari direttamente penalizzati dal crollo del ponte” dice Salini. “Abbiamo già messo a disposizione le nostre competenze in occasione del tragico crollo del Ponte di Genova in Italia nel 2018 (realizzato al costo senza utile per il gruppo), che ha causato la morte di 43 persone e la paralisi degli spostamenti della città e del Porto, tra i più importanti in Italia”. Il Ponte Genova San Giorgio è stato portato a termine nel 2020 dopo poco più di un anno di lavori dal crollo del Ponte di Morandi.

Lo scorso anno è stato inaugurato il Ponte sul Danubio a Braila realizzato in Romania, il secondo ponte sospeso più lungo dell’Europa continentale, con campata centrale di 1.120 metri. Il Gruppo è inoltre leader del consorzio che costruirà il Ponte sullo Stretto di Messina, una volta approvato. Il progetto prevede la costruzione del ponte sospeso più lungo al mondo, con una lunghezza complessiva di 3.660 metri ed una campata sospesa di 3.300 metri.

Con il nuovo ponte Baltimora resterà uno scalo internazionale strategico

La proposta Webuild per Baltimora prevede un ponte strallato, che sarà progettato per garantire la massima sicurezza alla navigazione, anche per le navi più grandi. Si ipotizza ad esempio un franco navigabile, lo spazio che una nave può occupare per sottopassare il ponte, di 213 piedi (65 metri), ben superiore quindi a quello del ponte crollato, ma anche l’ampliamento della campata del ponte, che avrà una luce libera di circa 2.300 piedi (700 metri), con i piloni principali posizionati in acque molto meno profonde e lontani dal canale di navigazione. Tutto ciò consentirà al porto di Baltimora di rimanere un importante scalo internazionale negli anni a venire. È inoltre prevista una carreggiata più ampia, con l’aumento di una corsia per senso di marcia e l’allargamento delle corsie di emergenza, in risposta agli incrementati livelli di traffico del ponte. “La scelta di una soluzione strallata permette di posizionare i piloni a distanza di sicurezza, ben lontani dal canale di navigazione utilizzato dalle grandi navi e scongiurando così il rischio che si ripeta una tragedia come quella del 26 marzo. Questo approccio fornisce una soluzione ottimale per ricollegare la città sia in termini sociali che economici: quello che le infrastrutture americane dovrebbero sforzarsi di fare nel 21° secolo” dice anora Ratti.

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