Niente da fare, almeno per ora, sulla Web Tax. Nella battaglia europea sul trattamento fiscale riservato ai colossi della rete ha vinto ancora una volta il fronte del Nord. Ossia i Paesi come Irlanda, Olanda e Lussemburgo, che – essendo veri e propri paradisi fiscali interni all’Ue – attirano i capitali delle aziende come Google e Facebook.
In sostanza, i giganti del web non pagano le tasse dove producono utili perché le norme attuali permettono loro di spostare i profitti dove le aliquote sono (molto) più vantaggiose. Per cambiare le regole comunitarie in materia di Fisco occorre il consenso unanime di tutti i membri Ue ed è ovvio che i Paesi avvantaggiati da questo sistema non daranno mai il via libera alla riforma.
Di una Web Tax europea si discute in modo piuttosto fitto da almeno due anni. La Commissione aveva stilato una proposta, che però è stata definitivamente affondata martedì all’Ecofin, l’organismo che riunisce i ministri finanziari dell’Unione. A votare no sono stati i rappresentanti dei governi di Irlanda, Svezia, Danimarca ed Estonia. Per stavolta, Olanda e Lussemburgo hanno lasciato il lavoro sporco agli altri. A questo punto, l’Ue può sperare solo che si trovi un accordo internazionale (ancora meno probabile) a livello Ocse e G20 entro il prossimo anno.
Il commissario europeo agli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici, ha deciso però di non ritirare ufficialmente la proposta dell’Esecutivo europeo. Secondo il presidente di turno dell’Ecfoin, il ministro romeno Teodorovici, “se nel 2020 si constaterà che l’accordo a livello Ocse richiederà più tempo”, com’è probabile, si potrebbe “tornare a discutere la Web Tax in Europa”.
Per il numero uno del Tesoro italiano, Giovanni Tria, “è un paradosso” che da una parte lo Stato debba affrontare “il costo” della trasformazione dell’economia causato dall’avvento del digitale, mentre dall’altra le aziende che più hanno causato questa trasformazione evitano di dare il loro contributo fiscale.
Esiste un’alternativa per uscire dallo stallo? Forse sì, ma non è detto che sia risolutiva. La proposta della Commissione europea potrebbe essere introdotta unilateralmente da singoli Stati (dunque non a livello comunitario). È quello che sta già facendo la Francia.
Gli Usa, però, sono pronti a dare battaglia per proteggere gli utili delle proprie multinazionali e hanno già minacciato di fare ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) contro Parigi e gli altri Paesi che dovessero seguirne l’esempio.
“Una deplorevole attitudine aggressiva – commenta Moscovici – La Francia e gli altri paesi sono pienamente legittimati a percorrere questa strada, visto che si tratta di scelte nazionali che peraltro non rappresentano un atto ostile contro gli Usa e non sono protezionismo. Si tratta semplicemente di equità”.