Il wealth management in Italia attraversa una fase di grande sviluppo, e il modello più innovativo sembra essere quello di Banca Generali. A sancirlo è il Cetif, il Centro di ricerca sul Fintech dell’università Cattolica di Milano, che ha presentato lo studio intitolato “L’evoluzione del Wealth Management: tra Digital e Open Innovation”. L’obiettivo era analizzare lo stato evolutivo del wealth management italiano nel confronto con le best practices internazionali, ed è venuto fuori che tra i modelli presi in esame, quello di Banca Generali è risultato il più avanzato nel panorama nazionale del digital wealth management.
La banca del Leone, guidata da Gian Maria Mossa, ha infatti attuato già dal 2013 una strategia di trasformazione digitale a supporto della relazione cliente-consulente che ha portato alla realizzazione di un ecosistema d’architettura aperta seguendo una logica di open innovation che oggi, secondo quanto rilevato dal Cetif, la pone ai primi posti nella scelta sia della clientela private che dei consulenti finanziari. “Il costante sviluppo della tecnologia negli ultimi decenni – ha commentato il Direttore del Cetif, Federico Rajola – ha gettato le basi per la creazione di nuovi business che hanno irrimediabilmente cambiato le nostre abitudini. Oggi anche il settore del Wealth Management sta iniziando ad essere investito da questa ondata di cambiamento con i principali operatori che si trovano a fare i conti con l’avanzata della digitalizzazione. Per vincere questa sfida, è fondamentale sviluppare modelli che tengano sempre al centro le esigenze del cliente”.
“L’analisi presentata dal Cetif – ha detto invece Gian Maria Mossa, Ad di Banca Generali – dimostra come la digitalizzazione sia sempre più pervasiva nel settore del risparmio tanto da influenzare in maniera sempre più profonda anche un ambito tipicamente più tradizionale come il wealth management. Gli esempi che ci arrivano da alcune esperienze internazionali, in particolare nei Paesi anglosassoni, dimostrano, però, come ogni tentativo di disintermediare la figura del professionista di fronte a bisogni più complessi abbia avuto esiti poco confortanti, non riuscendo a compensare con il solo contributo della tecnologia le complessità che arrivano dalle dinamiche patrimoniali delle famiglie. Come Banca private, abbiamo puntato da tempo su un modello di open banking in grado di confrontarsi con le migliori best practices tecnologiche cercando di integrare nel nostro ecosistema digitale le piattaforme più funzionali al lavoro dei nostri banker”
“Nel futuro del private banking – ha chiuso Mossa – vediamo dunque sempre la relazione di fiducia tra il professionista e la clientela con la tecnologia che gioca un ruolo sempre più rilevante nell’offrire opportunità e qualità al servizio”. La presentazione di “L’evoluzione del Wealth Management: tra Digital e Open Innovation” è stata anche l’occasione per illustrare i risultati dell’edizione 2020 del Wealtech Index, l’indicatore per analizzare e misurare nel tempo i driver di innovazione che stanno plasmando i modelli di business degli operatori finanziari italiani. Dall’analisi condotta dall’Università Cattolica, emerge in particolare come i cambiamenti radicali nel patrimonio gestito stiano spingendo le banche tradizionali a nuove proposizioni di business con un focus particolare sull’innovazione.
Per il futuro, il modello preferito sembra essere quello dell’omnicanalità, ovvero dell’implementazione di piattaforme multicanale che permettono la fornitura di servizi globali favorendo una customer journey completa per il cliente.