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Waterproofmania, non è soltanto una moda

Da circa due anni, l’offerta di dispositivi in grado di funzionare sott’acqua è notevolmente aumentata: orologi, macchine fotografiche, cellulari, videocamere e altro – Oltre ad essere una moda, la caratteristica “waterproof” è conveniente in funzione della maggiore robustezza generale dell’oggetto – Per qualcuno è addirittura indispensabile.

Waterproofmania, non è soltanto una moda

Se fino a poco tempo fa acquistare oggetti tecnologici resistenti all’acqua era un vezzo riservato agli appassionati di sport acquatici, oggi è diventata una vera e propria mania. Perfino Samsung ha colto il segnale e ha puntato su questa nuova tendenza per il suo smartphone di punta, nonostante si tratti di un prodotto destinato al mercato di massa. Il Galaxy S5 della Samsung può, ad esempio, essere immerso completamente fino ad un metro di profondità e per un massimo di 30 minuti.

Apple, per non essere da meno, ha pensato di dotare i suoi iPhone e iPad di particolari custodie che rendono impermeabili i dispositivi e li fanno funzionare anche a due metri di profondità. Si tratta delle custodie LifeProof Nuud, disponibili direttamente sullo store Apple.

In generale, il numero di modelli di cellulare waterproof, in soli due anni è passato da poche unità ad un elenco che annovera quasi tutti i produttori del settore. Si va dagli antesignani Samsung B2100 e Nokia 3720, nati nel 2009 e rispettivamente seguiti dai modelli B2710 e N950, passando per il Panasonic Eluga, primo touch impermeabile, senza dimenticare il Motorola Defy XT o il Fujitsu F-01A, fino ai moderni Sony Xperia, con ben 4 modelli impermeabili realizzati. Nell’ultimo periodo si è addirittura sviluppato un mercato di modelli economici prodotti in China, primo fra tutti il Doogee Titans DG150, che promette di essere all’altezza dei più blasonati marchi occidentali.

Ma chi è stato a dare il primo impulso al mercato del “waterproof”? Forse i produttori di fotocamere digitali compatte. La prima vera esigenza, in effetti, è stata proprio quella di poter fare fotografie al mare, in barca o sulla spiaggia. Finita l’era delle custodie, i grandi marchi si sono orientati verso prodotti già dotati di caratteristiche a prova di immersione. A quel punto ci ha pensato un giovane surfista californiano, con la sua “GoPro“, a dare la spinta decisiva alle vendite dei prodotti pensati per un impiego “outdoor”. La piccola telecamera subacquea, facilmente applicabile su tavole, vele o caschi, ha infatti rappresentato il volano per la definitiva consacrazione della waterproof mania.

C’è da dire che forse anche la diffusione crescente di sport acquatici come il kitesurf o le immersioni subacquee ha favorito la domanda di strumenti adatti alla cattura di immagini in condizioni estreme. Inoltre, una sorprendente ricerca di Sony svela che ben il 75% degli utenti porta il proprio telefono in bagno esponendolo al rischio di cadere nella vasca o nel gabinetto, situazione che causa la rottura definitiva di un quinto dei dispositivi caduti in acqua.

Attenzione però a fare distinzione tra “waterproof” e “impermeabile“. Un dispositivo della prima categoria è un oggetto che resiste al contatto accidentale con l’acqua, mentre nel secondo caso si tratta della possibilità di immergere il proprio cellulare o altro apparrecchio tecnologico completamente in acqua, per un periodo che va da pochi minuti ad una immersione continua.

L’International Protection o classe di protezione IP, nell’ingegneria elettrica, è un codice che riassume, tra l’altro, proprio queste capacità dei dispositivi. Il codice va da IP00 per “nessuna protezione” a IP68 per un apparecchio “totalmente protetto contro la polvere” oltre che “protetto da immersione continua”.

Al di là della moda, però, dobbiamo ricordare che in tante occasioni, un dispositivo in grado di funzionare sott’acqua rappresenta un importante presidio di sicurezza. Pensate a quanto possa essere utile ad un assistente bagnanti un cellulare in grado di chiamare i soccorsi anche in alto mare, mentre si nuota. Una chiamata può salvare da una lunga nuotata uno sportivo che si trova a largo col suo kitesurf o con il windsurf, quando il vento è calato o quando l’attrezzatura si è rotta.

C’è poi la categoria dei professionisti che lavorano sott’acqua che ha bisogno di comunicare con la superficie senza dover attendere la risalita. Beh, in questo caso la tecnologia sorprende davvero: esiste un sistema di comunicazione che rende possibile la conversazione tra due sub o un sub e una persona in superficie. Si tratta di una maschera granfacciale (che copre naso e bocca) molto particolare e di un cavo di circa 50 metri che collega il sub con una boa di superficie e un trasmettitore. Un collegamento di gomma isolante e di facile rimozione permette a chi è in profondità di separarsi dal cavo in qualsiasi momento. La scatola di superficie resistente all’acqua contiene un’interfaccia elettronica che può essere connessa con Bluetooth ad un normale telefono cellulare. La sua principale applicazione è chiaramente quella dei documentari per la tv.

Infine esiste il mercato dei “gadgets waterpoof“, per lo più orologi che si confondono con i ben più professionali “computer da sub”, utili a chi pratica immersioni per la determinazione dei tempi di non decompressione, della profondità e delle soste di sicurezza. I primi sono oggetti divertenti che vanno dalla semplice notifica di email e telefonate attraverso l’interfaccia Bluetooth con uno smartphone (Casio G-shock Gbx6900b) alla gestione dell’allenamento attraverso cardiofrequenzimentri da polso o “conta-bracciate” (TomTom Multisport Cardio o Polar V800 Gps). I secondi invece meritano un discorso a parte a causa dello sconfinamento nel settore dell’attrezzatura appositamente studiata per la subacquea (SUUNTO D9 TX Titanium).

La buona notizia è che i produttori italiani, in questo campo, rappresentano l’eccellenza sia nel design sia nella tecnologia. Ad esempio, uno degli strumenti per le immersioni più ambiti da tutti i subacquei ricreativi è un computer da polso (iDive) prodotto da una azienda, la DiveSystem, fondata nel 1993 a Massa Marittima (Grosseto). DiveSystem inoltre fornisce i suoi apparecchi a prova di alte profondità ai più importanti Corpi Militari Italiani (Carabinieri subacquei, Marina Militare, 9° Reggimento Assaltatori Col Moschin, Reggimento Lagunari “Serenissima”, Sommozzatori della Polizia di Stato, Guardia Costiera e Vigili del Fuoco), attrezzature che hanno ottenuto la certificazione NATO (NCAGE AF 435) che abilita l’azienda a fornire i propri prodotti alle Forze Armate di tutte le nazioni che rientrano nel Patto Atlantico.

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