I listini europei archiviano un’altra seduta in calo, dopo le perdite di ieri. Piazza Affari, -1,03%, scende a 20.484 punti, con le banche ancora in rosso. A poca distanza Francoforte -0,51%, Parigi -0,7%, Madrid -1,29%, Londra -0,75%, mentre Wall Street si muove negativa nelle prime ore di contrattazioni. All’origine delle vendite c’è un amaro cocktail di notizie macroeconomiche. Dopo le stime al ribasso diffuse ieri dalla Bce, oggi la Cina mostra una perdita del 20,7% sull’export di febbraio (con conseguente tonfo dei listini asiatici). Gli ordini industriali tedeschi segnano -2,6%, mentre a gennaio rimbalza la produzione industriale italiana (+1,7%) dopo ben 4 mesi. Ciò non toglie che gli ultimi tre mesi siano i peggiori da sei anni.
Negli Usa deludono i nuovi occupati di febbraio nel job report: 20mila contro i 180mila attesi. I salari orari medi crescono dello 0,4% su base mensile (+0,3% atteso), cala il tasso di disoccupazione al 3,8% (3,9% il consensus). Salgono così al 20% dal 14% le probabilità di un prossimo taglio dei tassi da parte della Fed.
Donald Trump promette meraviglie per le Borse appena verrà siglato l’accordo commerciale con la Cina: “Il mercato azionario prenderà il volo”, dice. L’intesa però cammina ancora sul filo: “Se non ci sarà un accordo grandioso, non siglerò un accordo”.
Il dollaro s’indebolisce e l’euro, dopo il tonfo di ieri, ne approfitta per rialzare la testa e riportare il cambio in area 1,124. I timori di un rallentamento globale pesano sul petrolio. Il Brent cede il 2,79% e scende a 64,45 dollari al barile. Si rianima invece l’oro, nuovamente lanciato verso i 1300 dollari, attualmente a 1298,8 (+1,01%).
In Piazza Affari restano deboli le banche, in particolare Banco Bpm -2,81%, Unicredit -2,53%; Ubi -2,46%. Perdite consistenti per Fiat, -2,63%, dopo i recenti guadagni. Il settore auto è in rosso in tutta Europa a seguito dei dati sulle vendite Cina, -18,5% in febbraio.
Arretrano i titoli petroliferi, Eni -2,04%, Saipem -1,99%, Tenaris -1,51%, Saras -0,56%, costretti a fare i conti con la debolezza dell’oro nero ma anche con la decisione della Norvegia di non reinvestire più nell’industria energetica i propri profitti del greggio. Questo può tradursi nella liquidazione di un portafoglio in partecipazioni azionarie di società quotate di oltre 37 miliardi di dollari. Come scrive il Sole 24 Ore il fondo sovrano norvegese è il terzo investitore estero in Piazza Affari dopo Blackrock e Vanguard e ha una partecipazione dell’1,59% in Eni, che vale 810 milioni di euro; dell‘1,38% in Saipem (46 milioni di euro); del 3,6% in Saras (58 milioni di euro).
La big cap migliore è Azimut, +3,21%, all’indomani dei conti e dopo le raccomandazioni d’acquisto di diversi analisti finanziari; in scia Banca Generali +1,1%. Salgono Campari +1,07% e Amplifon +0,68%. Stabile l’obbligazionario: il rendimento del decennale italiano segna 2,51%, lo spread si ferma a 242.80 punti base (-0,21%).