“A prima vista è stato solo un piccolo passo in avanti. Ma è stato comunque sufficiente a trascinare Wall Street ad un traguardo storico”- il Financial Times ha perduto il tradizionale aplomb di fronte al record più sorprendente di una stagione finanziaria all’insegna degli eccessi.
Martedì l’indice S&P 500, il più rappresentativo della Borsa Usa, è salito ad un nuovo massimo storico, pur con un modesto passo in avanti di un quarto di punto scarso. Rispetto ai minimi del 23 marzo, l’indice ha messo a segno un rialzo del 54%, un boom che ha letteralmente frantumato la recessione più breve della storia americana, quella che secondo gli esperti avrebbe dovuto segnare i mercati fino a dicembre almeno.
La caduta, insomma, è stata breve. Ma a Wall Street, per ora, non sono in molti a festeggiare. Proprio nel giorno dei record i titoli che hanno chiuso in terreno negativo sono più numerosi di quelli con il segno più. E se si vanno a consultare le statistiche, si scopre che il 40% dei titoli quotati tratta oggi sotto il livello del 19 febbraio, prima che il Covid-19 irrimpesse nei recinti della Borsa Usa. Anzi, i prezzi in media sono del 7 per cento più bassi di allora. Insomma, per ora si è trattato di un boom a metà, che ha lasciato molti a bocca asciutta. Come si fa a parlare di rally se gli hedge fund, cioè gli operatori più esperti e navigati della piazza, piangono miseria? Un colosso come M3 Partner, che ha saputo fare utili favolosi anche negli anni più difficili (+32% nel 2009) stavolta accusa una perdita del 13% da inizio anno. Colpa delle banche, le vittime di questa strana ripresa in cui le aziende di credito faticano, a fronte delle difficoltà della congiuntura.
A che si deve allora il rally? “ La ripresa del mercato dal territorio “orso” in tempi record – è stata resa possibile dall’azione di stimolo fiscale e monetario senza precedenti e dalla forza dei titoli tecnologici a grande capitalizzazione”. È questa, secondo il gestore Haris Anwari, la spiegazione della ripresa, “Senza questi due fattori – dice – difficilmente le azioni avrebbero potuto rimbalzare così rapidamente, con la pandemia ancora in corso che sta causando il fallimento di milioni di aziende”. Attenti, insomma, a rimuovere le condizioni eccezionalmente permissive che sostengono i listini. Di qui l’attesa per i verbali della Fed che dovrebbero confermare in serata l’atteggiamento colomba della banca centrali. “La buona notizia per gli investitori azionari è che le banche centrali non hanno fretta di rimuovere le condizioni di allentamento” spiega il estore.
Ma, ancor più importante, i rialzi sono dovuti ad una sparuta pattuglia di campioni, a partire dai Big Five: Amazon, Apple (che oggi ha raggiunto lo stratosferico valore di Borsa di 2 trilioni), Facebook, Microsoft e Alphabet. Una pattuglia che ormai pesa più del 20 per cento del listino, una concentrazione di potere economico che a Wall Street non si vedeva dal 1980. Apple, che ormai vale più di 2 mila miliardi di dollari, ha messo a segno un rialzo del 60% nel secondo trimestre. Amazon, che ieri ha festeggiato il rally con un aumento del 4,1%, erode quota alla concorrenza di Walmart (-0,7%) nonostante i risultati soddisfacenti. Stesso copione per Alphabet e Facebook.
Ma un rialzo così concentrato non rischia di essere fragile? Non è detto visto che, spiega il nostro gestore, “in questo contesto non ci sono altri investimenti che potrebbero offrire rendimenti migliori delle azioni”. Aiuta infatti il confronto tra i rendimenti dell’indice azionari (3,8%) rispetto ai titoli del Tesoro (3,1%). Insomma, non solo Wall Street sta meglio di Main Street. Ma nell’indice di Borsa si deve distinguere tra i (pochi) vincitori digitali ed il resto dell’economia che sta in piedi grazie agli aiuti. Una tendenza che tende ad accentuarsi, se si pensa al boom di Tesla o alle biotech impegnate nella corsa ai vaccini che ormai valgono multipli rispetto al campioni della chimica o della stessa elettronica.