A Madrid, con la quarta vittoria di Matteo Trentin, si è chiusa ieri una Vuelta da archiviare tra le più emozionanti corse a tappe degli ultimi anni. Verrà ricordata non solo per la doppietta realizzata da Chris Froome che la vince dopo aver trionfato a luglio nel suo quarto Tour, un Froome che è apparso molto più forte di quel che si è visto in maglia gialla sulle strade francesi: due successi di tappa, oltre alla maglia rossa, anche quella verde della classifica a punti – difesa facendo la volata finale di Madrid classificandosi 11 esimo – e quella bianca della combinata.
Il britannico si è confermato il più forte e l’aver centrato Vuelta e Tour nello stesso anno come Anquetil e Hinault – ma primo corridore da quando la competizione spagnola si svolge non più in aprile ma in agosto a nemmeno un mese dalla fine della Grande Boucle – gli ha già instillato l’idea fin qui ritenuta impossibile di tentare addirittura la tripletta l’anno venturo: Giro, Tour e Vuelta. Froome al Giro del 2018 è una candidatura che già stuzzica la fantasia. Per il leader del Team Sky, che al Giro ha fatto due anonime apparizioni ormai, ci sarebbe anche un ulteriore motivazione: diventare il settimo corridore a vincere le tre grandi corse a tappe, exploit finora riuscito solo a sei grandi del pedale: Merckx, Anquetil, Hinault, Indurain, Contador e Nibali.
Ma la Vuelta di quest’anno entrerà nella storia non solo per il record di Froome ma anche per l’impresa di Alberto Contador che domando l’Angliru ha chiuso la carriera come meglio avrebbe potuto, da fuoriclasse assoluto, ultimo alfiere di quel ciclismo romantico che profuma di impresa. Poco importa se la sfortunata terza tappa di Andorra l’ha di fatto messo fuori dei giochi per la vittoria finale, anzi proprio quel giorno è cominciata la leggenda di un campione che da allora è andato sempre all’attacco, mai vincendo ma mai desistendo fino alla trionfale cavalcata sulla montagna mitica della Vuelta.
Poco importa se non ha vinto la sua ultima Vuelta finendo anche dal podio, poco importa se nell’ultima tappa per un buco nello sprint finale è scivolato dal quarto al quinto posto scavalcato da Wilco Kelderman, Madrid gli ha tributato un infinito trionfale omaggio al suo campione che, sventolando la bandierta spagnola, ha pedalato a tappa finita compiendo un altro giro del circuito cittadino.. Sette podi in carriera, sempre sul gradino più alto, nei tre grandi giri: tre Vuelta, due Tour e due Giri, un fuoriclasse di cui a lungo si sentirà la mancanza.
Con il secondo posto alle spalle di Froome, anche Nibali allunga a 10 la sua collezione di podi. Lo Squalo, vittorioso nella tappa di Andorra, esce dalla corsa spagnola con onore, essendo stato lui il principale anti-Froome. Sempre nel cuore della corsa, è anche riuscito a staccare il rivale britannico in alcune occasioni. Ma sull’Angliru non è riuscito a sovvertire il corso della Vuelta come già gli capitò nel 2013 uscendo sconfitto da Chris Horner. Si è confermato uno dei grandi protagonisti delle corse a tappe di tre settimane, di certo il più forte corridore italiano visto anche la complicata Vuelta di Aru.
Grazie alla sua vittoria e al poker di Trentin il pedale tricolore ha finalmente fatto un bel bottino di tappe, dopo il digiuno al Tour e all’unico successo al Giro sempre grazie allo Squalo nella tappa del doppio Stelvio. Senza dimenticare Davide Villella che si porta a casa la maglia bianca a pois blu di leader della classifica degli scalatori precedendo grimpeur del calibro di Angel Miguel Lopez, grazie all’accumulo metodico di punti tappa dopo tappa.