Il voucher baby sitter sta per scomparire e ora sappiamo anche quando. L’Inps ha comunicato in un messaggio (il 1353/2019) che i soldi erogati a chi aveva presentato domanda nel 2018 dovranno essere spesi entro due scadenze:
- il 31 dicembre di quest’anno per pagare effettivamente la baby sitter (la cui attività si potrà dichiarare nel libretto di famiglia – usato per la retribuzione del lavoro occasionale – entro il 29 febbraio 2020);
- il 31 luglio per saldare il conto dell’asilo (in questi casi la scadenza non riguarda direttamente i genitori: l’Inps versa i soldi alle strutture, che quindi potranno chiedere i pagamenti all’Istituto soltanto fino a questa data).
Baby sitter e asili nido erano i due utilizzi previsti per questa misura. Si trattava di un contributo massimo di 600 euro al mese per le madri lavoratrici (dal 2016 anche autonome), richiedibile entro gli 11 mesi successivi alla fine del congedo di maternità. L’unica condizione era rinunciare, in tutto o in parte, al congedo parentale.
Introdotto inizialmente come misura sperimentale per il triennio 2013-2015, il voucher baby sitter era stato rinnovato poi di anno in anno. Poi però il governo gialloverde – nell’affanno di trovare le coperture per l’ultima legge di bilancio – ha deciso di dire addio a questa forma di sostegno, che quindi dal primo gennaio 2019 non si può più richiedere.
Ma che succede a chi non riesce a spendere tutti i soldi ottenuti entro le scadenze comunicate dall’Inps? Semplice: le somme vengono restituite ai vecchi percettori del voucher sotto forma di mesi di congedo parentale. Gli stessi usciti dalla porta per ottenere il voucher, ora rientrano dalla finestra.
Attenzione: il riaccredito vale solo per mensilità intere. Significa che si incamera un mese di congedo parentale ogni 600 euro non spesi, ma se la somma è di 900 euro, si ottiene sempre un mese, non un mese e mezzo. Gli altri 15 giorni si perdono.