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Voto Usa: i mercati si preparano al dopo-voto. Dai Treasuries alle azioni, dalle tasse alle tariffe, fino ai Btp. Ecco cosa accadrà

Come si muoveranno i mercati in base a chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti? Gli analisti finanziari hanno previsto quali settori, titoli azionari, politiche monetarie avranno maggior impatto in un senso o nell’altro a seconda del vincitore. Compresi gli italiani Btp, Campari e Ferrari

Voto Usa: i mercati si preparano al dopo-voto. Dai Treasuries alle azioni, dalle tasse alle tariffe, fino ai Btp. Ecco cosa accadrà

Poche ore e si saprà, dopo una corsa testa a testa fino all’ultimo, quale dei due candidati i cittadini statunitensi vogliono come loro presidente: se Kamala Harris o Donald Trump. I mercati si stanno già preparando con qualche momento di fibrillazione.

I candidati sono molto diversi tra loro e la scelta di uno o dell’altro avrà un impatto molto differente, a seconda del vincitore, sull’economia statunitense, sul commercio internazionale, sulla geopolitica e sull’immigrazione. Gli economisti concordano sul fatto che entrambi i candidati faranno lievitare ancora il deficit e debito, ma Trump lo farà di più in base alle sue promesse fiscali. Sono da prevedere dunque una gran massa di nuove emissioni, un aumento dei rendimenti a lunga dei titoli di stato e quindi anche una crescita del costo del debito. Questo aspetto si complicherebbe ulteriormente nel caso ne derivasse, come altamente atteso, un aumento dell’inflazione, che potrebbe essere causato dai dazi imposti da Trump, a cui la Fed risponderà tenendo stretti i cordoni della politica monetaria, cioè tenendo i tassi alti. Gli economisti sono abbastanza certi riguardo i movimenti di alcuni settori, a seconda del vincitore. Ma su altri restano comunque zone d’ombra.

L’ex presidente Donald Trump affronta la vicepresidente in carica Kamala Harris nelle elezioni del 5 novembre. Gli elettori eleggeranno anche i membri della Camera dei Rappresentanti e del Senato degli Stati Uniti, che dovrebbero rimanere divisi tra i partiti repubblicano e democratico.

Promesse da candidati

Sintetizzando i messaggi lanciati. Da una parte Trump promette tagli alle tasse per le aziende e i privati, ma anche tariffe per le aziende straniere, oltre a spostamenti in massa degli immigrati e una revisione dei dipartimenti governativi. Dall’altra Harris si concentra sulla classe media, sulla spesa per la casa e sull’espansione dell’assistenza sanitaria, mentre vuole aumentare le tasse alle aziende e agli ultra-ricchi. In comune c’è che entrambi i candidati sembrano destinati ad aumentare ulteriormente il deficit di bilancio. Tuttavia, la responsabilità fiscale è in fondo alla lista degli argomenti chiave per gli elettori. “Le elezioni presidenziali si basano tanto sulle personalità, quanto sulle politiche e avranno implicazioni significative per i mercati globali, dice Mike Mullaney, strategist e Direttore della Ricerca sui Mercati Globali di Boston Partners.

L’eredità di Joe Biden: Yep and Nope?

Per capire meglio quel che accadrà, occorre partire dai dati di fatto e cioè dall’eredità lasciata dal presidente uscente per vedere che cosa potrà essere mantenuto, ampliato o rigettato dal nuovo presidente. “La presidenza Biden è riuscita a ottenere risultati concreti e il numero di grandi riforme e misure legislative approvate ha, secondo molti osservatori, “pochi precedenti” negli ultimi decenni. osserva Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte. Il fiore all’occhiello dell’amministrazione Biden è stata l’approvazione di “un piano di stimoli fiscali molto ampi, sia come settori, sia per gli importi messi in gioco”. L’approvazione al Senato dell’“Inflation Reduction Act” conclude un periodo molto positivo per Biden e la sua amministrazione. Alcuni giornali americani tra cui il New York Times parlano di un “punto di svolta” e quasi tutti indicano la prossima entrata in vigore del piano come il suo successo più evidente.

Si tratta di un imponente pacchetto economico che stanzierà fondi senza precedenti per la lotta al cambiamento climatico e per la sanità pubblica. Numerosi sono gli ambiti di azione, tra cui spiccano i 370 miliardi di dollari di finanziamenti per sgravi fiscali per l’auto elettrica e la produzione di energia da fonti rinnovabili. Inoltre prolunga fino al 2026 l’allargamento dell’assistenza gratuita medica per le fasce più povere della popolazione, oltre a concedere all’assicurazione sanitaria federale la possibilità di trattare i prezzi dei farmaci direttamente con le aziende produttrici. In precedenza erano stati approvati piani di dimensioni ancora maggiori tra cui i 1900 miliardi di dollari dell’American Rescue Plan per fronteggiare l’impatto della pandemia insieme ai 1200 miliardi di dollari per l’Infrastructure and Jobs Act finalizzato al rinnovo di infrastrutture fisiche (ponti, strade ecc) oltre che digitali (connessioni a banda larga). Ma proprio salute e ambiente saranno i settori che potrebbero venir minacciati da una vittoria di Trump.

“Chiunque diventerà il prossimo presidente Usa erediterà un’economia piuttosto sana. Secondo la Fed, il PIL del terzo trimestre si attesta a un robusto 3,4%, mentre gli utili e le previsioni delle aziende sono stati positivi. Nel frattempo, l’inflazione continua a progredire e, a nostro avviso, la Federal Reserve è pronta a tagliare ancora i tassi di 50 punti base entro la fine dell’anno. Si tratta di un ottimo contesto per gli asset di rischio, che a nostro avviso concluderanno il 2024 con un rendimento positivo a prescindere dall’esito delle elezioni” osserva Evan Brown, Head of Multi-Asset Strategy, UBS Asset Management

Il debito è cresciuto, ma entrambi i candidati lo faranno crescere di più

Certo, stanziamenti di così grandi dimensioni hanno avuto impatto sui conti pubblici Usa, con ampliamento di deficit e debito e forte aumento del costo del debito, attualmente pari a circa 1200 miliardi di dollari, pari a circa il 25% delle entrate fiscali. Non solo, ma spesso Biden è stato accusato di un eccesso di politica fiscale che avrebbe contribuito all’iperinflazione dal 2021 al 2023, osserva ancora Cesarano.

Proprio partendo dal debito, entrambe i candidati al momento indicano programmi che porteranno a un ulteriore aumento del debito su un orizzonte decennale, ma sarà molto più pronunciato nel caso della vittoria di Trump, concordano gli economisti, soprattutto per il forte costo della trasformazione degli sgravi fiscali (al momento in scadenza nel 2027) in tagli permanenti: secondo le stime del Committee for responsible budget, il debito aumenterebbe di 3950 miliardi di dollari e di 7750 miliardi di dollari nel caso rispettivamente di vittoria di Harris o Trump.

Il doppio volto di tasse & tariffe

La questione fiscale, e il suo effetto sul deficit e sul debito nazionale degli Stati Uniti, sarà ancora una volta al centro della scena. “Trump vuole ridurre le tasse per le aziende dal 21% al 15% e ha promesso di estendere anche i tagli fiscali per le persone fisiche della sua precedente presidenza”, dice Mullaney. Harris prevede un finanziamento basato principalmente su una rimodulazione del carico fiscale, spostandolo sulle fasce più ricche, mentre il programma di Trump è più incentrato sull’imposizione diffusa di dazi, soprattutto sui beni provenienti dalla Cina.

Ma imporre dazi, storicamente porta altri svantaggi. Recentemente sono stati annunciati piani per imporre dazi del 60% sui beni cinesi e del 10% su tutte le altre importazioni. All’Economic club di Chicago Trump ha intensificato questa retorica concentrandosi soprattutto sul settore automobilistico. Oltretutto su questi temi, basandosi sul concetto di sicurezza nazionale statunitense, il presidente può imporre dazi senza l’approvazione del Congresso, come fece Trump nel 2018 con l’alluminio ed acciaio. Gli economisti di Goldman Sachs stimano che i dazi imposti da Trump tra il 2018 e nel 2019 abbiano aumentato i prezzi di oltre il 3% su diversi beni. Ora prevedono che un dazio del 20% sui prodotti cinesi ritarderà il raggiungimento dell’inflazione al 2% di circa 18 mesi, mentre un dazio generalizzato del 10% su beni importati potrebbe accelerare l’inflazione verso il 3%, con un picco previsto per l’estate del 2026.

Inoltre, l’approccio “America First” di Trump potrebbe portare a maggiori attriti con la Cina e meno supporto per l’Ucraina, il che potrebbe causare grande incertezza geopolitica in Europa” dice Peter Garnry, Head of Equity Strategy di BG SAXO. “Potrebbe inoltre determinare delle carenze di manodopera, quindi salari più alti, più inflazione e un’interruzione delle catene di approvvigionamento globali con l’industria dei semiconduttori a maggior rischio. Verrebbero favorite le PMI statunitensi e potenzialmente la crescita economica, il mercato dell’oro, le banche.

Le reazioni dei mercati: la metà degli investitori non cambierà rotta

Gli investitori al dettaglio stanno valutando il potenziale impatto del prossimo presidente sul mercato azionario, su settori specifici e su società negli Stati Uniti e a livello globale, osserva Pawel Cylkowski, market analyst di eToro. Tuttavia, aggiunge, l’ultimo sondaggio eToro Retail Investors Beat rivela che il 52% degli investitori retail non ha modificato i propri portafogli e non intende farlo in risposta alle elezioni. I dati storici mostrano che l’indice S&P 500 è salito durante la permanenza alla Casa Bianca in 13 presidenti su 15 dall’elezione di Franklin D. Roosevelt nel 1933, con rendimenti medi annui che vanno dal 10% sotto Kennedy e Johnson al 17% durante il mandato di Clinton. Fanno eccezione Nixon (-1%) e George W. Bush (-4%), entrambi alla guida di crisi economiche.

Reazione nel breve: grandi emissioni e tassi a lunga in rialzo

La reazione del mercato nei primi mesi dopo l’ufficializzazione del vincitore potrebbe essere più epidermica, rispetto invece a quella su un orizzonte più lungo, osserva Cesarano. Nei primi mesi, l’enorme spesa prevista da entrambi i candidati, tenderà a tradursi in forti emissioni di Treasury e quindi in tassi a lungo termine al rialzo, situazione che per altro il mercato sta già anticipando in questi giorni pre elettorali. Un ulteriore rialzo dei tassi a lungo termine potrebbe esservi nel caso in cui la vittoria di Trump fosse associata ad un Congresso monocolore repubblicano. Sul fronte dollaro, le manovre più espansive e potenzialmente inflattive di Trump si stanno già ripercuotendo in termini di un dollaro più forte. Anche in questo caso l’effetto potrebbe essere amplificato nel caso di un Congresso monocolore repubblicano. Allo stesso tempo per le borse si tratterebbe in entrambi i casi di uno scenario favorevole, visti i programmi in ogni caso di forte spesa.

“È probabile che il mercato azionario scenda inizialmente se entra Harris e salga inizialmente se Trump entra in carica per via delle proposte del tycoon di riduzione delle aliquote fiscali per le imprese e alle promesse di deregolamentazione per diversi settori. Mi aspetto anche che la sua elezione favorisca inizialmente le imprese nazionali, viste le aspettative sui dazi” dice Mullaney. “Harris aumenterà le tasse ed è facile capire come funziona la matematica dei suoi piani. Goldman Sachs stima che l’impatto delle sue politiche fiscali sugli utili per azione dell’S&P 500 sia pari a -8%. Quindi, l’S&P 500 dovrà riposizionarsi”

Reazione più a lungo termine

Su un orizzonte più a lungo termine l’implementazione dei programmi potrebbe rivelarsi molto più graduale di quanto enfatizzato in campagna elettorale. Di conseguenza l’incremento dei tassi dei primi mesi potrebbe in parte rientrare, osserva Cesarano. Nel caso di Trump inoltre l’impatto potrebbe essere meno inflattivo di quanto temuto, se si pensa ad esempio all’impatto calmieratore sul prezzo del gas e petrolio che potrebbe esercitare la maggiore spinta all’estrazione. Il dollaro a sua volta potrebbe poi deprezzarsi, per tenere conto del tendenziale peggioramento dei conti pubblici. Anche nel 2016 ad esempio il dollaro da novembre a dicembre passò da 1,10 a 1,04 per poi ritornare a 1,20 a fine 2017.

I settori più coinvolti a seconda del vincitore

Sul fronte dei settori, le aziende medio piccole potrebbero nel breve essere supportate dalla vittoria di Trump, in linea con la maggiore propensione per il rimpatrio della produzione. Nel caso di vittoria di Harris nel breve termine potrebbero essere maggiormente avvantaggiati i settori collegati alla transizione energetica. Su un orizzonte più lungo il settore trainante potrebbe ancora rivelarsi quello tecnologico, a prescindere da chi sarà vittorioso, continua Cesarano

Più nel dettaglio, settori che potrebbero avere più scossoni, in positivo o in negativo a seconda del vincitore, potrebbero essere quelli del lusso, delle telecomunicazioni e dei servizi finanziari. Anche i settori della difesa, della sanità e dell’energia potrebbero subire effetti pronunciati. In caso di vittoria di Trump, il bilancio della difesa potrebbe aumentare, a vantaggio di aziende come GE Aerospace, Lockheed Martin e Palantir. Al contrario, se vincesse Harris, la sanità potrebbe avere la precedenza, favorendo aziende come UnitedHealth, la più grande assicurazione sanitaria statunitense, dice Cylkowski. Anche Filippo Diodovich di IG Italia vede una possibile spinta sul settore della difesa, viste le considerazioni di Trump per aumentare la spesa militare, ma aggiunge anche i titoli molto legati a Donald Trump come Trump Media & Technology, il settore finanziario, le grandi banche per la deregolamentazione e per regole meno strette sul settore bancario e probabilmente Tesla visto il sostegno di Elon Musk a Trump.

Tutti i comparti italiani che potrebbero risentirne: da Ferrari a Campari fino ai Btp

Guardando ai titoli con una forte esposizione alle vendite fuori dall’Europa, le possibili politiche protezionistiche o nuovi incentivi per l’industria americana potrebbero pesare sulle esportazioni italiane, soprattutto per quelle aziende che non producono sul suolo statunitense, osserva Gabriel Debach, Italian market analyst eToro. Tra i settori più vulnerabili troviamo il lusso, i beni di consumo, l’automotive, la tecnologia e l’industria pesante, con nomi come Ferrari e Campari in prima linea. Un contesto protezionistico potrebbe rappresentare una sfida in più, proprio mentre molte aziende europee stanno già soffrendo la frenata della domanda cinese, che ha messo sotto pressione i loro risultati. Se a questa debolezza della Cina si aggiungesse una contrazione del mercato americano, le ripercussioni per i nostri esportatori non tarderebbero a farsi sentire, precisa Debach.

Infine, le scelte del prossimo presidente USA avranno un impatto anche sui tassi di interesse globali e, quindi, sui BTP. Un eventuale aumento del deficit americano potrebbe infatti spingere al rialzo i tassi, incrementando i costi di finanziamento per l’Italia e abbassando l’attrattiva dei nostri titoli di stato a meno di un aumento dei rendimenti.

Sull’ambiente i poli sembrano attrarsi

Un capitolo a parte va dedicato al settore delle politiche ambientali, dove le posizioni appaiono più vicine di quanto possa sembrare. Tendenzialmente Trump è contrario a manovre di stimolo per la transizione energetica, ma la sua posizione è stata recentemente mitigata sul fronte dell’auto elettrica dal sostegno di Elon Musk alla campagna elettorale, dice Cesarano. Allo stesso tempo Harris ha ridimensionato in parte il sostegno a politiche ambientaliste, facendo ad esempio un’inversione a 360 gradi sul tema dell’estrazione di gas e petrolio tramite la tecnica del fracking, dicendosi ora a favore. Si tratta di un cambiamento probabilmente ora orientato anche dalla necessità di riuscire a ottenere alcuni importanti Stati ancora in bilico come la Pennsylvania, dove è molto alto l’impatto economico dell’estrazione soprattutto di gas tramite la tecnica prima citata.

L’impatto sui prezzi delle azioni quindi non è certo in questo settore. Durante il primo mandato di Trump, gli investitori hanno favorito società come Exxon Mobil e Chevron, ma il settore petrolifero ha dimezzato il suo valore a causa del calo dei prezzi del petrolio, osserva Cylkowski. Dopo l’insediamento di Biden, i titoli delle energie rinnovabili hanno inizialmente registrato un’impennata, anche se molti obiettivi si sono poi rivelati costosi. Alcune aziende di questo settore, come First Solar, potrebbero beneficiare dell’atteggiamento protezionistico di Trump, che intende aumentare le tariffe sulle importazioni concorrenti dalla Cina per stimolare la produzione statunitense.

Le questioni bipartisan

Ci sono poi anche questioni bipartisan, come le infrastrutture e la tecnologia. Sia i repubblicani che i democratici concordano sul fatto che le infrastrutture statunitensi hanno urgente bisogno di investimenti, dice ancora Cylkowski. Nel campo della tecnologia, gli Stati Uniti vogliono mantenere il loro vantaggio sulla Cina. Entrambi i partiti devono inoltre affrontare le sfide di bilancio e il crescente debito nazionale, che consuma il 9% del bilancio degli Stati Uniti, nonché la carenza di manodopera.

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