Volkswagen si prepara a chiudere tre fabbriche in Germania. L’allarme, lanciato dal consiglio di fabbrica e riportato da testate come Bild e Die Welt, fa parte di un ampio piano di ristrutturazione del gruppo, che prevede tagli dei costi per 4 miliardi di euro, una riduzione degli stipendi, decine di migliaia di licenziamenti e il blocco degli aumenti salariali per il prossimo biennio. Questi interventi, già anticipati nelle settimane scorse, hanno innescato forti proteste tra i lavoratori: oggi si sono fermati per un’ora, bloccando la produzione e partecipando alle assemblee organizzate in 11 stabilimenti per aggiornamenti sulle trattative. “È una profonda pugnalata al cuore” dei lavoratori, ha dichiarato il sindacato Ig Metall, che ha definito i piani di chiusura “inaccettabili” e ha minacciato conseguenze.
L’inizio di queste proteste dà il via a una settimana delicata per Volkswagen che si prepara a pubblicare i risultati del terzo trimestre, con attese di un calo sia nelle vendite che nei profitti. In parallelo, il colosso dell’auto tedesca e il sindacato IG Metall riprenderanno le trattative per un secondo round negoziale. Il titolo cede l’1,3% a Francoforte.
Volkswagen: i tagli in vista e il futuro incerto degli stabilimenti in Germania
Secondo quanto riportato dal quotidiano economico Handelsblatt, il consiglio di amministrazione del gruppo di Wolfsburg ha predisposto un piano di risparmio da circa 4 miliardi di euro. Tra le misure previste ci sono una riduzione del 10% degli stipendi e il blocco degli aumenti per il 2025 e il 2026. A queste misure si aggiungono piani per licenziare decine di migliaia di dipendenti e ridurre i bonus per le fasce salariali più alte e per l’anzianità. Il ceo Oliver Blume giustifica queste scelte con i costi elevati legati al marchio Volkswagen, che si trova a dover affrontare una domanda in calo in Europa e una forte concorrenza da parte della cinese Byd, ormai primo produttore globale di auto elettriche e ibride plug-in.
Le difficoltà non riguardano solo la casa madre, ma anche i marchi premium del gruppo, come Audi e Porsche, i quali hanno da sempre rappresentato le maggiori fonti di profitto. Entrambe stanno sperimentando un calo della domanda in Cina: Porsche, in particolare, ha annunciato di valutare una revisione della gamma di modelli e tagli ai costi per rimanere competitiva.
Le accuse dei sindacati
Il consiglio di fabbrica, guidato da Daniela Cavallo, punta il dito contro una gestione definita “poco chiara e inefficace”, criticando le scelte del management sulla transizione verso l’elettrico e le politiche di prezzo. “La dirigenza non ha ancora presentato un piano chiaro per il futuro di Volkswagen”, ha dichiarato Cavallo in una recente newsletter, evidenziando come i lavoratori si sentano esclusi da una strategia di lungo termine.
Cavallo ha anche avvertito che tutti gli stabilimenti in Germania sono a rischio, “nessuno è al sicuro”, compreso quello di Osnabrück, recentemente colpito dalla perdita di una commessa da Porsche. Ha poi sottolineato che i licenziamenti potrebbero partire già dalla metà del 2025.
Il secondo round di negoziati e le prospettive future
Oltre alla pubblicazione dei risultati trimestrali, questa settimana Volkswagen e il sindacato Ig Metall torneranno al tavolo delle trattative per un secondo round negoziale. Nel primo incontro, tenutosi a settembre, Volkswagen ha respinto la richiesta di un aumento salariale del 7%, ribadendo l’urgenza di contenere i costi. Una portavoce dell’azienda ha confermato che il consiglio di amministrazione ha già presentato alcune “proposte di soluzione” ai sindacati, pur evitando di entrare nei dettagli. La portavoce ha inoltre ricordato che il colosso tedesco si trova a un “punto di svolta storico” e che la situazione richiede scelte difficili e responsabilità da parte di tutte le parti coinvolte.