Una nuova generazione sta rinunciando a volare per salvare il pianeta. Se gli aerei continueranno a produrre una così grande quantità di Co2, un numero crescente di persone sceglierà di spostarsi via terra.
In questo periodo i cieli non sembrano proprio tra le opzioni più attraenti: le tariffe aeree sono aumentate (+42%), i servizi aeroportuali sono in dissesto per inefficienze, scioperi e carenza di personale, i sistemi informatici sono sovente in panne e le compagnie aeree cancellano migliaia di voli.
Aereo? No grazie
Questo stato di cose, da solo, potrebbe essere un motivo sufficiente per non prendere un aereo. Ma per un ancor limitato, seppur crescente, numero di viaggiatori la decisione di rinunciare a un viaggio aereo va ben oltre le contingenze. La ragione è l’impatto sul clima.
L’ultimo decennio è stato tra i più caldi mai registrati sulla Terra. L’innalzamento del livello dei mari si sta accelerando, come si vede bene nelle Maldive. Gli eventi meteorologici estremi si verificano sempre con maggiore frequenza. Per non parlare della siccità.
Si stima che l’aviazione civile sia responsabile del 4% del riscaldamento globale indotto dall’uomo e le Nazioni Unite prevedono che le emissioni degli aerei triplicheranno entro il 2050. Gli aerei stanno diventando più efficienti, ma il crescente ricorso a questo modo di viaggiare rischia di annullare i guadagni ambientali che le tecnologie stanno introducendo nel settore dell’aeronautica.
Numeri da paura
Consideriamo questo dato elaborato da BBC Science Focus, una rivista britannica di scienza e tecnologia. Un Boeing 747 (oggi non più in servizio, sostituito dal 787) che trasporta 416 passeggeri dall’aeroporto londinese di Heathrow a Edimburgo (poco più della distanza aerea che corre tra Milano e Roma) produce la stessa quantità di anidride carbonica di 336 automobili che percorrono la stessa distanza. Se queste automobili trasportassero una media di due passeggeri e mezzo avremmo quasi la metà di emissioni di Co2. Un volo di andata e ritorno in classe economica da Londra a New York emette 0,67 tonnellate di CO2 per passeggero, secondo il calcolo dell’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO), l’ente dell’ONU per il settore aeronautico. Questo valore equivale all’11% delle emissioni medie annuali di una persona nel Regno Unito o a quelle complessive di una persona che vive in Ghana nell’arco di un anno. Come si vede da questo dato, i differenti stili di vita e le diverse condizioni economiche fanno una enorme differenza in fatto di Co2 emessa.
Sta di fatto che viaggiare in aereo è un “lusso climatico”. Ad affermarlo chiaramente è Peter Kalmus, scienziato del Jet Propulsion Laboratory della NASA e fondatore di No Fly Climate Sci, un forum online sul legame tra aviazione e cambiamenti climatici. Alla giornalista Debra Kamin del New York Times, Kalmus ha detto: “C’è un’emergenza climatica. Quando salite su un aereo, non solo siete responsabili delle emissioni, ma state anche votando per continuare a propagare questo stato di cose”.
La rinuncia al viaggio aereo
Molte persone in tutti i continenti stanno pensando di fare a meno dell’aereo per i loro spostamenti e ripiegando su altri mezzi.
Flight Free, che ha una presenza in America, Australia e Gran Bretagna, è un’organizzazione che impegna i propri aderenti, fino a questo momento ancora contenuti, a non viaggiare in aereo. Molti di loro non prenderanno più un aereo in vita loro. Esistono organizzazioni simili anche in Europa.
La maggiori parte dei viaggiatori che s’impegnano a ridurre o eliminare del tutto i propri viaggi in aereo, rigettano anche l’idea di ricorrere allo strumento delle compensazioni di carbonio, cioè acquistare crediti, spesso attraverso azioni, che andranno a finanziare progetti verdi come la piantumazione di alberi e iniziative simili.
I crediti di carbonio per queste organizzazioni ambientaliste sono un alibi che fa leva sul senso di colpa dei viaggiatori e offre una sorta di licenza a inquinare senza, peraltro, apportare benefici evidenti. Alle persone che decidono di volare non dovrebbe essere, quindi, offerta la possibilità di compensare l’inquinamento provocato dalla loro scelta, sollevandoli così dalle responsabilità verso l’ambiente e inducendoli a pensare di aver trovato una soluzione al dilemma volo-clima.
La vergogna di volare diventa globale
Forse non c’è paese al mondo con maggior numero di attivisti “no-volo” della Svezia. Già nel 2020, 15.000 persone avevano firmato l’impegno ad astenersi dal volare per almeno un anno. L’organizzazione no profit dietro a questo movimento, We Stay on the Ground, ha lanciato una campagna di finanziamento e spera di raggiungere 100.000 firmatari nei prossimi anni.
Che la Svezia sia all’avanguardia non stupisce. Nel 2019 la giovane attivista svedese per il clima, Greta Thunberg, ha scelto di attraversare l’Atlantico su uno yacht privo di emissioni per raggiungere New York e parlare alle Nazioni Unite.
Sono proprio gli svedesi ad avere coniato la parola, flygskam, per definire la vergogna associata al volo.
Maja Rosén, la quarantenne presidente di We Stay on the Ground che ha rinunciato a volare nel 2008 e viaggia principalmente in treno, è molto franca sul significato globale della sua scelta. Ha detto alla citata giornalista del New York Times: “Molte persone pensano che le scelte individuali non abbiano grande importanza. Invece il fatto è che ciò che facciamo come individui influisce su tutti quelli che ci circondano e cambia i comportamenti sociali.”
Soluzioni alternative
We Stay on the Ground, che ha una rete globale di oltre 150 organizzazioni che promuovono alternative al viaggio aereo, è stata fondata nel 2016 e ha sede in Austria. C’è pure Byway, una società britannica di organizzazione di viaggi fondata nel 2020, che consente ai clienti di pianificare itinerari senza voli in tutta Europa.
La trentenne Anne Kretzschmar, che vive a Colonia in Germania e gestisce il Reframing Project di Stay Grounded, viaggia in treno, in bicicletta e a piedi. In un recente viaggio dall’Italia al Marocco, ha preso un traghetto. Le piacerebbe visitare molti altri posti, ma dice di non voler contribuire al disastro ambientale: “Vediamo molte cose assurde, come persone che volano per vedere le barriere coralline quando sappiamo che il cambiamento climatico è uno dei principali responsabili della morte di questi ecosistemi. È vero, ci sono così tanti posti bellissimi in tutto il mondo, vogliamo visitarli e allo stesso tempo distruggerli?”, conclude la Kretzschmar.
Ai molti clienti americani che volano in Europa per turismo, Byway offre l’opportunità di viaggiare per due settimane nei vari Paesi del continente utilizzando treni con vagoni letto. Uno spostamento che permette di “viaggiare lentamente e di fare più esperienze”.
Ancora non esiste un’alternativa solida all’aereo per attraversare l’Atlantico. L’attraversamento in nave da crociera, secondo alcune ricerche, porta a una emissione di carbonio per passeggero superiore all’aereo.
Lasciando da parte i viaggi transoceanici, un’alternativa praticabile e possibile all’aereo potrebbe essere il treno o un mezzo di terra. Rosén di We Stay on the Ground la vede così: “Dobbiamo pensare a cosa vogliamo veramente dalle nostre vacanze e chiederci perché dobbiamo andare così lontano per ottenerlo. Molte persone che hanno preso l’impegno a non volare dicono che non cambierebbero anche se potessero, perché quando si viaggia in treno, il viaggio stesso diventa parte dell’avventura”.
Il treno è veramente il futuro.
Possiamo ancora volare?
Un parametro di sostenibilità per i voli aerei potrebbe essere questo: un volo a lungo raggio una volta ogni 8 anni e un volo nazionale o a medio raggio una volta ogni 3 anni.
Questa indicazione proviene dalla community “Take the Jump” che si propone di attuare almeno uno dei sei cambiamenti nei comportamenti individuali che ha individuato essere basilari per l’ambiente. Questi:
Da sinistra in senso orario: 1) Basta ammassare. Conserva i prodotti per almeno sette anni. 2) Viaggia fresco. Se puoi, nessun veicolo personale. 3) Mangia verde. Dieta vegetariana, nessun spreco, buona qualità. 4) Vestirsi vintage. Tre nuovi capi d’abbigliamento all’anno. 5) Vacanze locali. Un volo ogni tre anni. 6) Cambia il sistema. Almeno uno di questi cambiamenti ogni 1, 3, 6 mesi per dare una spintarella al sistema.
Fonti:
Debra Kamin, The No-Jet Set: They’ve Given Up Flying to Save the Planet, The New York Times, 6 febbraio 2023
Alison Fox, Airline Flight Prices Are Up 42% From Last Year, Data Shows, Travel+leisure, 14 ottobre 2022
Hiroko Tabuchi, ‘Worse Than Anyone Expected’: Air Travel Emissions Vastly Outpace Predictions, The New York Times, 20 settembre 2019
Umair Irfan, Air travel is a huge contributor to climate change. A new global movement wants you to be ashamed to fly, Vox, 30 novembre 2019
Paige McClanahan, Could Air Someday Power Your Flight? Airlines Are Betting on It, The New York Times, 19 gennaio 2023