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Vladimir Potanin: chi è l’oligarca russo del nichel che beffa le sanzioni Ue

Pixabay

Vladimir Potanin avrebbe tutte le carte in regola per essere colpito dalle sanzioni occidentali, ma non figura nella black list: anzi si sta arricchendo sempre di più. Il motivo? Secondo Goldman Sachs l’oligarca russo produce il 15% del nichel di alta qualità utilizzato nelle batterie e il 40% del palladio, materie prime fondamentali per la fabbricazione dei microchip delle automobili. Dunque, colpire la sua azienda in Siberia – la Norilsk Nickel – potrebbe mandare in tilt l’economia globale, bloccando le forniture necessarie per automobili e microchip. E con le quotazioni del nichel alle stelle un ulteriore sprint metterebbe in seria crisi il settore automotive e l’industria dei semiconduttori.

Dall’invasione della Russia in Ucraina il prezzo della materia prima chiave nella produzione dell’acciaio inossidabile è schizzato alle stelle, raggiungendo il livello più alto da oltre 11 anni a questa parte a causa della crescente domanda sommata alla scarsità delle scorte. Ma non solo. La quotazione del nichel sul trimestre alla London Metal Exchange ha superato in poco tempo la soglia psicologica dei 100mila dollari la tonnellata, stabilendo un nuovo record. Questo perché al normale andamento del mercato si somma la guerra tra Russia e Ucraina che genera incertezze sulle forniture future. Da qui la decisione del London Metal Exchange di sospendere le negoziazioni del Nichel, per la prima volta in 145 anni. Una scelta considerata “illegale” da parte del fondo americano Elliott che ha fatto causa al London Metal Exchange e a Lme Clear chiedendo 456 milioni di dollari.

Quotazioni nichel: niente sanzioni e grandi affari per Potanin

Se da una parte le sanzioni Ue hanno colpito duramente molte personalità russe di spicco, con sequestri di ville e yacht, carte di credito bloccate e conti bancari irraggiungibili, dall’altra non tutti i plurimiliardari amici di Putin sono finiti nel mirino dell’Occidente. Vladimir Potanin non solo è sfuggito quasi del tutto, almeno per ora, alle sanzioni, ma sta anche riempiendo le sue tasche con l’invasione del suo Paese ai danni dell’Ucraina. Il suo nome, in realtà, figura nella lista dei sanzionati approvata da Australia e Canada, che non ha però colpito la sua società, ma non in quella degli Usa, del Regno Unito e dell’Ue.

Secondo i ricercatori della società Wood Mackenzie, l’Ue ha acquistato dall’azienda siberiana, Norilsk Nickel – di cui Potanin è azionista di maggioranza – il 27% del nichel importato nel 2021. Perciò, l’Europa farebbe molta fatica a rimpiazzare il metallo che verrebbe meno in caso si decidesse di inserire nella black list anche la società siberiana e le quotazioni del nichel balzerebbero alle stelle. Mentre gli Usa sarebbero in realtà meno esposti dato che importano molto dal Canada.

Come ricorda Forbes, circa cinque anni fa gli Usa provarono a imporre sanzioni su Rusal, primo produttore mondiale di alluminio di Oleg Deripaska. Nel giro di pochissimo tempo, l’incremento delle quotazioni dell’alluminio li costrinse a fare marcia indietro e lo stesso succederebbe per il nichel.

Ma l’esenzione del re del nichel è una benedizione anche per Mosca, che grazie a lui sta riprendendo il controllo di una serie di banche, svendute frettolosamente dai gruppi occidentali che hanno lasciato la Russia dopo l’invasione. Così, il suo gruppo Interros ha riacquistato Rosbank da Société Générale, cui l’aveva venduta nel 2008. A questa si aggiungono la United Card Services, filiale russa del gruppo statunitense Global Payments, e il 35% di Tinkoff Bank del magnate russo Oleg Tinkov, che lo ha accusato di aver pagato solo il 3% del suo valore reale.

Chi è Vladimir Potanin?

Vladimir Potanin nasce in una famiglia ben in vista all’epoca del Pcus e dell’Unione sovietica. Con il crollo dell’ursa è lui ad aver ideato il piano loans for shares, meccanismo che servì a salvare lo Stato russo ormai alla bancarotta ma comportò anche la svendita degli asset più appetibili del patrimonio, dal petrolio al gas alle materie prime, che hanno invece arricchito gli oligarchi.

Dal 14 agosto 1996 al 17 marzo 1997 Potanin è stato Vice Primo Ministro della Federazione Russa e ha facilitato l’ingresso di Soros sul mercato russo, favorito i legami d’affari con gli Usa che passavano attraverso il miliardario russo-americano Boris Jordan diventato poi presidente di Sidanko.

Ma il vero colpo, Potanin e il suo socio in affari Mikhail Prokhorov, lo fecero con l’acquisizione del 54% di Norilsk Nickel nei primi anni ’90, proprio con il consolidato schema dei “loans for shares”. Pagò la società 170 milioni di dollari, lo stesso anno in cui l’azienda registrò introiti per 3,3 miliardi di dollari. Oggi ne detiene una quota del 34%.

L’abilità di Vladimir Potanin a navigare nel difficile mare della nomenclatura russa è comprovato dal fatto che è tra i pochi uomini del periodo Eltsin ad essere rimasto solidamente a galla. Non solo perché quando Putin arrivò al Cremlino nei primi anni 2000, giurò fedeltà al nuovo zar. Ha saputo ingraziarsene i favori sostenendolo nei business sportivi: sia investendo in una stazione di sci a Sochi, sia come principale supporter della campagna che portò proprio a Sochi i Giochi olimpici invernali del 2014.

Per completare l’affresco, vale ricordare quanto Potanin abbia curato la sua immagine in Occidente, finanziando l’Università di Oxford e facendosi eleggere nel board della Fondazione Guggenheim, cariche che ha lasciato lo scorso 4 maggio. Potanin ha cercato anche di ripulire la reputazione di Norilsk Nickel, una delle aziende più inquinanti del mondo, che nel 2020 con i suoi scarichi ha fatto diventare color amaranto due fiumi in Siberia.

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