La Camera ha approvato con 348 voti a favore, 17 contrari (Ap e Forza Italia) e 28 astenuti la proposta Richetti (Pd) che decreterà la fine dei vecchi vitalizi, quelli che riguardano 2600 ex parlamentari già andati in pensione per una cifra complessiva che nel 2016 ha raggiunto i 193 milioni. Dopo una mattinata densa di tensione, con un diluvio di interventi e il consueto rimpallo tra Pd e M5s sulla paternità della legge, si è arrivati alla sospensione e alla convocazione della conferenza dei capigruppo che ha cercato di riportare ordine nei lavori. Il dibattito è così ripreso nel pomeriggio e si è arrivati n serata al voto finale sul testo.
Tra le novità, la norma che impedisce di estendere il ricalcolo delle pensioni su base contributiva alle pensioni in essere per altre categorie di pensionati diverse dai deputati e senatori. “Il ricalcolo interamente su base contributiva dei vitalizi dei parlamentari – prevede un emendamento presentato -non potrà in nessun caso essere applicato alle pensioni in essere e future dei lavoratori dipendenti ed autonomi”.
Approvata l’estensione dell’età pensionabile dai 65 anni inizialmente previsti nel testo Richetti ai criteri, più severi, stabiliti dalla Legge Fornero a far data dalla prossima legislatura. Ciò comporterà, anche per i parlamentari, un aumento dei requisiti anagrafici per andare in pensione.
Un altro emendamento prevede che sia sospesa la prestazione del vitalizio per il parlamentare che sia chiamato a ricoprire un incarico “istituzionale per il quale la Costituzione o altra legge costituzionale prevedano l’incompatibilità”.
Dopo settimane di bagarre, dietrofront e scontro tra Pd e M5S, alla Camera la proposta di legge è dunque vicina al traguardo potendo contare sull’Ok di Pd, M5S, Lega e Fdi ma anche di Sinistra Italiana e di Mdp. I problemi e le spaccature, con l’opposizione di Forza Italia e Ap, si riproporranno però al Senato dove la maggioranza di governo è meno granitica. Le incognite sulla definitiva approvazione della legge dunque restano. Ma resta soprattutto l’ombra del rischio di incostituzionalità soprattutto per la parte in cui alleggerisce l’assegno previdenziale (che arriverà più tardi) anche per i consiglieri regionali. Le norme, si legge nel ddl, rientrano nel “coordinamento di finanza pubblica” che è competenza dello Stato. Eppure, secondo il capogruppo FI Brunetta, il punto “è volutamente incostituzionale” per far si che, alla fine, la Consulta bocci la legge.