La diagnosi è chiara: “Al centro della crisi ci sono oggi dubbi crescenti da parte degli investitori internazionali sulla coesione dei governi sull’orientare la riforma della governance europea, e sulla capacità di assicurare la tenuta stessa dell’unione monetaria”. La prognosi è altrettanto puntuale: “Nell’immediato servono soprattutto manifestazioni convergenti sulla volontà irremovibile di preservare la moneta unica”.
Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nelle sue prime Considerazioni Finali all’Assemblea dei partecipanti ha scelto uno stile asciutto, concentrando l’attenzione sui temi che sono di sua più stretta competenza (politica, monetaria, vigilanza e sistema bancario) con un focus più ampio sull’Europa nella convinzione che una parte dei problemi, anche italiani, possano trovare soluzione solo in sede europea, anche se, ovviamente, non mancano severi richiami alle cose che per tanti anni non abbiamo fatto e che ora occorre completare dopo il promettente avvio delle decisioni di risanamento adottate dal Governo Monti
La crisi è come un drago dalle mille teste. Quando se ne taglia una, non si fa in tempo a tirare un sospiro di sollievo che subito ne compare un’altra ancora più terribile e temibile della prima. Ciò è dovuto ai ritardi ed alla inadeguatezza delle decisioni prese in sede politica europea, per cui anche quando i singoli Stati attuano politiche rigorose di risanamento dei conti pubblici e riforme strutturali, capaci nel medio periodo di innalzare la competitività del sistema economico, la fiducia degli operatori tarda a manifestarsi, rischiando così di vanificare gli sforzi fatti. Riferendosi indirettamente all’Italia, ad esempio, Visco dice chiaramente che i differenziali attuali di rendimento dei titoli pubblici (gli spread) non sembrano tener conto di quanto è stato fatto, alimentando quindi ulteriori squilibri, mettendo a rischio la stabilità finanziaria e creando in definitiva gravi ostacoli sulla strada della crescita. Ma il Governatore si spinge più in là affermando che qualora i governi, le autorità europee e la stessa Bce dovessero valutare positivamente i progressi compiuti dai paesi in difficoltà sia sul versante del risanamento finanziario che delle riforme strutturali, dovrebbero assumerre un impegno attivo per orientare correttamente le valutazioni dei mercati. E questa analisi è in piena sintonia con quanto affermato oggi da Mario Monti in un convegno a Bruxelles.
Non si tratta di allentare il rigore di bilancio, come purtroppo molti politici italiani chiedono, provocando grave danno alla nostra fragile credibilità, bensì di far funzionare meglio alcuni strumenti europei esistenti come il fondo salvastati Esm che dovrebbe poter intervenire direttamente nel capitale delle banche, o creandone di nuovi come il meccanismo di garanzia europeo sui depositi bancari in modo da rasserenare i risparmiatori, prevenire il panico e fughe di capitali. Importante sarebbe anche l’immediato avvio di progetti comuni e cofinanziati d’investimento ed infine la creazione di un fondo ove trasferire i debiti sovrani oltre una certa soglia da rimborsare in tempi e modi ben definiti, creando così un primo nucleo di unione fiscale che deve essere basata però su regole ben definite, poteri di controllo e di intervento. Visco non trascura l’obiezione che potrebbe venire dai tedeschi e dagli altri paesi “virtuosi”, secondo i quali simili meccanismi di salvataggio comunitari potrebbero stimolare”l’azzardo morale di chi, fidando sull’aiuto altrui, sarebbe portato a perseverare nelle cattive politiche del passato”. Ma questo può essere evitato proprio da norme che impongano il rispetto degli impegni concordati sulla base di programmi “ambiziosi ma al tempo stesso realistici”.
Si tratta di un ragionamento tecnicamente complesso ma il cui senso profondo è abbastanza semplice. Non essendoci uno stato federale europeo che può compensare al suo interno gli squilibri regionali, occorre da un lato una dimostrazione di una forte volontà politica basata sull’adozione delle misure sopra descritte, e dall’altro il conseguente attivarsi immediato di un intervento della Banca Centrale Europea per colmare vuoti temporanei e per il mantenimento della stabilità finanziaria. Ma il tempo sta per scadere: segnali chiari devono venire dal Vertice dei capi di governo previsto per fine giugno, quindi dopo le elezioni greche e francesi. Ulteriori rinvii potrebbero essere interpretati dai mercati come un nuovo segnale della insostenibilità dell’Euro con le conseguenze che si possono immaginare.
Collegati a questo asse portante della poltitica comunitaria, Visco dedica particolare attenzione al sistema bancario ed alla situazione italiana. Sulle banche l’analisi del Governatore è molto approfondita sottolineando da un lato la solidità del sistema italiano anche grazie alle rigide regole applicate dalla Vigilanza sul calcolo delle attività ponderate per il rischio che impongono alle banche italiane requisiti di capitale più elevati, e dall’altro richiamando le banche stesse alla necessità di tagliare i costi e di tendere ad una maggiore efficienza operativa anche rivedendo la sovrabbondante rete di sportelli. Una censura vera e propria Visco la riserva ai banchieri per il mancato snellimento dell’articolazione societaria, con la consegueza che i primi 10 gruppi bancari italiani hanno 1136 cariche, tra presidenti e consiglieri di amministrazione, quando ne basterebbero 2-300. ” Questi assetti, di per sè costosi, non sono giustificati – dice Visco – dalle competenze professionali necessarie all’efficacia della gestione”. Infine sulle banche il Governatore si esprime contro l’idea che pure circola tra i politici e l’attivissimo popolo del web, che bisognerebbe nazionalizzare le banche. Come abbiamo già sperimentato nel nostro recente passato, interventi pubblici atti a limitare l’autonomia imprenditoriale delle banche comportano più elevati costi di intermediazione e diffuse distorsioni nell’allocazione delle risorse finanziarie.
Per quanto riguarda l’Italia il messaggio del Governatore è soprattutto rivolto a sostenere la necessità di sopportare questo periodo di sacrifici, forti ma pur sempre inferiori a quelli che un default ci avrebbe imposto, nella certezza che solo così potremo riprendere un percorso di crescita ed assicurare un lavoro a tutti, giovani compresi. Con l’introduzione dell’Euro abbiamo avuto un decennio di tassi bassi e prezzi stabili, che sono le basi sulle quali fondare uno sviluppo equilibrato. Non ne abbiamo approfittato. Ora dobbiamo pagare il conto con una pressione fiscale certo troppo alta e che quindi dovrà essere temporanea. Quindi occorre passare ad una decisa politica di tagli di spesa e di vendita di asset pubblici. Su questa seconda ipotesi Visco appare da un lato cauto e dall’altro critico nei confronti dello scarso impegno che anche l’attuale Governo sembra mettere in questo fondamentale capitolo della riorganizzazione complessiva della presenza pubblica nell’economia.
Quanto alle riforme strutturali indispensabili per innalzare il potenziale di sviluppo della nostra economia, esse vanno perseguite con tenacia anche se per loro natura, non possono dare risultati a breve termine. Quelle già fatte sono un buon avvio ma mancano interventi incisivi sull’istruzione, la giustizia e la sanità oltre che sull’assetto istituzionale complessivo (Comuni, Province, Regioni,Parlamento).
Molto dipenderà dall’Europa. Ma noi non potremo aspettarci un salvataggio dagli altri, e per tornare a crescere dovremo ancora per un tempo non breve rimboccarci le maniche ed affrontare i grandi cambiamenti che ci vengono imposti da un mondo in rapida evoluzione che non concede a nessuno di continuare a godere di vecchie rendite di posizione. La meta non è molto vicina ma dobbiamo poterla vedere con chiarezza. E questo compito,superata la fase del Governo tecnico, spetterà alle forze poltiche. Quelle attuali non sembrano all’altezza di ridare una concreta speranza al Paese. Ne sorgeranno di nuove prima delle elezioni del 2013? Ernesto Auci