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Virus e vaccini: quando Napoli dava il buon esempio

Ai tempi del colera del 1973 Napoli, città non sempre considerata un esempio di disciplina, reagì bene all’emergenza e il piano di vaccinazioni di massa funzionò egregiamente e rappresentò un momento di unità su cui le forze politiche di oggi farebbero bene a riflettere

Virus e vaccini: quando Napoli dava il buon esempio

Alla vigilia dell’avvio di una ormai imminente vaccinazione di massa per provare a battere il coronavirus bene hanno fatto FIRSTonline e Maddalena Tulanti a ricordare quell’estate del 1973, quando a Napoli (una città non sempre considerata un esempio di disciplina) in meno di una settimana si vaccinarono contro il colera circa un milione di cittadini. Praticamente l’intera città. Insomma, se in occasione del coronavirus, alcune regioni del nord non hanno dato il meglio di sè, Napoli in quell’occasione altrettanto difficile riuscì a dare a sè stessa e al Paese il buon esempio. Il colera si era manifestato a luglio e a settembre i napoletani si erano vaccinati in massa. Certo a quel tempo non c’erano i no vax e, per fortuna, i vaccini furono reperibili e messi a disposizione in tempi stretti.

Vuoi perchè Napoli e altre città meridionali avevano in tempi passati già a affrontato epidemie di colera sia perchè quel vaccino era comunque richiesto anche a quei viaggiatori che si preparavano a recarsi all’estero in quei paesi nei quali questa malattia era pressochè endemica. Eppure non erano mancati dubbi in città e altrove alla notizia dell’arrivo del colera. Le prime imputate furono le cozze. Si diceva che quelli che coltivavano i mitili li collocassero nei pressi degli sbocchi fognari in mare e che magari i banchi di cozze servissero anche da copertura ad attività illegali come il contrabbando di sigarette e non solo. I motoscafi blu si muovevano in lungo e in largo nel golfo di Napoli.  Non tutti erano d’accordo nel porre le cozze sul banco del principale imputato.

I napoletani ne erano (soprattutto d’estate) accaniti consumatori. Si vendevano anche crude ai turisti sul lungomare cittadino, appena corrette da una spruzzata di limone. E rammento anche che un giornale (al quale sarei approdato qualche anno dopo), pubblicò un corsivo dal titolo “E adesso ce la prendiamo con le cozze!” Come dire che se in una città più volte indicata come paradigma di malgoverno si manifestava un’epidemia non ci si poteva limitare ad accusare le cozze. Quel giornale era la “Voce repubblicana” e lo ricordo bene, perché mio padre che in quel periodo era in rappresentanza dei repubblicani sottosegretario per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, si arrabbiò non poco. Nè mancavano gli scettici sul colera. Coloro che dicevano: in fondo i morti per infezioni intestinali in estate sono sempre cresciuti anche quando venivano attribuiti a febbri tifoidee o a gastroenteriti.

Scettici o non scettici, comunque in quella ultima o penultima settimana di settembre i napoletani di qualsiasi estrazione sociale si misero in fila e disciplinatamente si vaccinarono. Io ricordo le file nella villa comunale con i cittadini, che, protetti dall’ultimo sole stagionale, offrivano il braccio alle pistole-siringa degli addetti all’uopo. Napoli reagì bene dunque a quella prova e così anche la sua classe dirigente. La politica non si divise sulla necessità di proteggere prima di tutto la popolazione. Bene ha fatto Maddalena Tulanti a ricordare che il sindaco era un democristiano, Gerardo De Michele, un medico apprezzato al di là della sua collocazione politica. Ma certamente in una città nella quale la lotta politica cittadina era sempre stata aspra e convinta (basta ricordare il film di Franco Rosi “Le mani sulla città”), la vaccinazione contro il colera fu un momento di significativa unità. 

E questo ebbe effetti positivi, almeno nel breve e medio periodo, sulla città. Come ricordato su FIRSTonline, se si ridusse la diffusione e il consumo delle cozze, l’epidemia colera si fermò e con essa si abbassarono anche i casi di gastroenteriti virali e di tifo. E cominciò anche a crescere una sorta di attenzione ecologica ai problemi della città. Se ricordo bene la Cassa per il Mezzogiorno avviò anche un progetto speciale per il disinquinamento del golfo di Napoli. Insomma quella sorta di unità cittadina determinata dalla vaccinazione anticolerica fu un buon esempio dentro la città, che senza traumi si sarebbe affidata alle amministrazioni di sinistra e al sindaco Valenzi. E se ci guardiamo attorno anche le forze politiche della Napoli di oggi farebbero bene a ripensare, senza retorica ma con ragionevole attenzione, a quell’estate del del 1973.

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