Dopo un 2023 piatto, i big del vino italiano prevedono per il 2024 una crescita delle vendite: +2,6% complessivamente e +3% nell’export. È quanto emerge dall’indagine sul settore vinicolo italiano dell’Area Studi Mediobanca, che offre uno sguardo dettagliato sull’evoluzione e sulle prospettive di un comparto che rappresenta una delle eccellenze del made in Italy.
Ma cosa c’è dietro questo successo? Da un lato, le bollicine continuano a conquistare sempre più mercati esteri, registrando un aumento del +3,7% nei ricavi e un impressionante +6,8% nell’export. Dall’altro lato, si nota un calo nel consumo di vino a livello nazionale (-4,5% in quantità vendute), ma è altrettanto vero che si sta consumando meglio, con un aumento del +12,7% per i vini di fascia molto alta. Questo segnala un cambiamento nelle abitudini dei consumatori italiani, che sembrano preferire la qualità alla quantità.
Tuttavia, non tutto è rose e bollicine. L’indagine rivela che solo il 35% delle aziende del settore ha un Report di Sostenibilità, un dato che evidenzia la necessità di un impegno maggiore verso pratiche produttive rispettose dell’ambiente e della comunità.
Vino 2023: tendenze globali e performance italiana
A livello globale, la produzione mondiale di vino mostra un calo del 9,6% nel 2023, scesa a 237 milioni di ettolitri, mentre i consumi subiscono una flessione del -2,6%, pari a 221 milioni di ettolitri. Un effetto evidente di questo mutamento è il calo dei consumi di vino rosso, che sono passati dal 51,3% di quota media nel periodo 2000-2004 al 48,3% nel biennio 2017-2021. Al contrario, si osserva un aumento dei consumi di vini bianchi (dal 40% al 42,2%, con un incremento di 2,2 punti percentuali) e di rosé (dall’8,7% al 9,5%, con un aumento di 0,8 punti percentuali).
L’Italia, pur rimanendo un punto di riferimento nel panorama vinicolo mondiale, registra un calo sia nella produzione (-23,2% rispetto al 2022) che nei consumi (-1,6%), attestandosi a 37,4 litri pro-capite all’anno. Tuttavia, nonostante questa sfida interna, il Paese ha mantenuto un saldo commerciale positivo, con un tasso medio di crescita annuale del 5,5% negli ultimi 20 anni, passando da 2,5 miliardi di euro nel 2003 a 7,2 miliardi nel 2023. L’Italia si conferma quindi come il principale esportatore di vino in quantità, con 21,4 milioni di ettolitri nel 2023, e il secondo per valore, con un giro d’affari di 7,7 miliardi di euro, posizionandosi dietro solo alla Francia.
Il 2023 e il 2024 per il settore vinicolo italiano
Le performance del 2023 mostrano un quadro più mitigato. Nonostante una chiusura senza variazioni significative (-0,2% rispetto al 2022), si è registrato un leggero declino sul mercato interno (-0,7%), parzialmente compensato da una modesta crescita all’estero (+0,3%). In particolare, i vini frizzanti hanno mostrato una buona performance oltreconfine, con un aumento del +2,5%.
Al di là dei numeri, si delineano alcune sfide importanti. La diminuzione del 4,5% nei volumi venduti su tutti i canali e l’impatto dell’inflazione, che ha eroso il potere di acquisto delle famiglie, rappresentano segnali di una realtà complessa. Tuttavia, emergono anche opportunità: oltre al mercato premium cresce l’interesse verso vini biologici, vegani e naturali, con incrementi rispettivamente del +1,4%, +9,6% e +1,8%.
Guardando al futuro, le prospettive restano incerte: se da un lato i maggiori produttori italiani di vino prevedono una crescita delle vendite, dall’altro le sfide legate alla sostenibilità e alla mutevolezza dei gusti dei consumatori impongono un approccio prudente e attento.
Primato nel vino italiano 2023
Nel panorama delle vendite del 2023, la bandiera della leadership è saldamente piantata nel terreno delle Cantine Riunite-Giv, con un fatturato di 670,6 milioni (-3,4% rispetto al 2022). Seguono con passo sicuro il polo vinicolo Argea (449,5 milioni, -1,2%) e Iwb con 429,1 milioni (-0,3% rispetto al 2022).
Ma non si esaurisce qui la lista dei protagonisti. La cooperativa romagnola Caviro ha superato la soglia dei 400 milioni di fatturato nel 2023, con un progresso dell’1,4% rispetto all’anno precedente. Sette società si distinguono con ricavi tra i 200 e 300 milioni di euro, tra cui la rinomata Cavit (267,1 milioni di euro, +0,9%) e l’iconica Santa Margherita (255,4 milioni di euro, -2%).
Guardando alla redditività, il 2023 vede in testa la toscana Frescobaldi (29%), seguita dalla veneta Santa Margherita (18,5%). Il podio si completa con Antinori, che registra un utile su fatturato del 17%, in aumento di 2,6 punti percentuali rispetto al 2022. Alcune aziende si distinguono per la loro forte presenza sui mercati esteri: il Fantini Group raggiunge il 96,4% di quota di export, seguito da Ruffino con il 91,1% e da Argea con l’89,9%.
I vini Doc e Docg
Nel 2023, il panorama del vino italiano si arricchisce di nuovi dati che riflettono l’identità e la forza delle sue regioni vitivinicole. Il 47,7% del vino italiano è Dop (Doc e Docg), un incremento significativo rispetto al 38,5% del 2013. Tuttavia, i vini Igp scendono dal 35% al 27%, avvicinandosi ai vini da tavola (25,3% nel 2023).
Le regioni del Piemonte, della Toscana e del Veneto si ergono come veri e propri fari del vino italiano, con numerose denominazioni di origine. Il Piemonte vanta ben 19 Docg e 41 Doc, seguito dalla Toscana con 11 Docg, 41 Doc e 6 Igt, e dal Veneto con 14 Docg, 29 Doc e 10 Igt. Toscana e Piemonte si distinguono anche per la maggiore solidità finanziaria e il più alto Ebit margin, mentre il Veneto è rinomato per la sua produzione di vini di alta qualità.
Le eccellenze regionali sono un motore trainante per l’export italiano, con un valore delle Dop e Igt imbottigliate di 4,3 miliardi di euro nel Veneto, 1,4 miliardi di euro nel Piemonte e 1,2 miliardi di euro in Toscana. I produttori piemontesi e toscani si confermano grandi esportatori, contribuendo in modo significativo alla crescita delle vendite all’estero.
Impresa familiare in difficoltà sulla sostenibilità
Il controllo del patrimonio netto è principalmente nelle mani delle famiglie, rappresentando il 64,8%, salendo all’81,4% considerando anche le cooperative. Gli investitori finanziari detengono solo il 10,9% delle risorse proprie, con i fondi di private equity che contribuiscono con il 4,1% del patrimonio netto, indipendentemente dalla dimensione dell’impresa. L’incidenza della proprietà straniera cala all’aumentare della dimensione aziendale, rappresentando solo il 7,6% delle risorse proprie. Solo due società sono state quotate all’Aim dal 2015: Masi Agricola e Iwb.
Tuttavia, nonostante i successi del settore, sorge la questione della sostenibilità. Solo il 34,9% delle principali imprese vinicole italiane redige un Bilancio di Sostenibilità, e le sfide in questo ambito sono molteplici. Dalla complessità del processo di validazione alla mancanza di benchmark, le aziende devono affrontare ostacoli significativi per migliorare la propria sostenibilità e contribuire a un futuro più verde e responsabile.