Vino fa bene, fa male? Proviamo a fare un po’ di chiarezza sulla questione sollevata dall’immunologa Antonella Viola, che riporta nuovamente l’attenzione sui possibili effetti della componente alcolica ai danni del nostro organismo suscitando, come era da aspettarsi, un vespaio di polemiche. Autorevoli riviste di settore hanno risposto subitaneamente alla Viola, formatasi presso il Basel Institute of Immunology di Basilea successivamente EMBO fellow presso l’European Molecular Biology Laboratory (EMBL) di Monterotondo, Roma (1999-2000), group leader presso l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e dal 2015 Ordinaria di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova, replicando, a sostegno della bontà di un consumo moderato di vino, lavori pubblicati sia su riviste di spessore, tra cui Nutrients e studi di produzione indipendente, che possono comunque avere validità all’interno di una comunità scientifica, poiché proprio perché indipendenti non hanno necessità di raggiungere un certo risultato.
In particolare, l’analisi pubblicata dagli esperti su Nutrients indica che il vino differisce da altre bevande alcoliche e il suo consumo moderato non solo non aumenta il rischio di malattie croniche degenerative, ma risulta associato a benefici per la salute. Ciò vale, sempre secondo lo studio, se il consumo moderato del vino viene incluso in un modello alimentare di dieta mediterranea. Secondo gli esperti di Nutrients il vino è un’alchimia di proprietà uniche, un mix di polifenoli e antiossidanti utile nel controllo delle malattie cardiovascolari, del diabete di tipo 2 e dei disturbi neurologici. Fatta salva l’importanza, ovviamente, di promuovere l’educazione comportamentale per prevenire gli abusi di alcol (vino incluso), soprattutto, tra i giovani.
Per lo IARC è cancerogeno, ma bisogna anche sapere interpretare i dati che ci vengono messi a disposizione
La Dott.ssa Viola, però, d’altro canto si basa su dati provenienti sia dal Lancet, che dall’OMS (non proprio la prima organizzazione che possiamo trovare sotto casa!). Cerchiamo di partire da quello che sappiamo per certo e che è inutile voler per forza contraddire. La IARC (International Agency for Research on Cancer) classifica l’alcol, quindi anche il vino o la birra, come SICURAMENTE CANCEROGENO per l’uomo. Nello stesso gruppo rientra anche la carne processata. Anche il nostro ministero della sanità (quindi un ente del quale mi posso fidare) condivide questa posizione. Il tutto sta nel sapere interpretare i dati che ci vengono messi a disposizione. In questo caso, come in molti altri, dobbiamo considerare che la molecola in questione (l’alcol) agisce sui fattori di rischio. Nel caso specifico dell’alcol, è dimostrato che ha interazioni sia con patologia tumorali alcol derivate (tumore dell’esofago, del fegato, oro-faringe, colon-retto…) che non (della mammella o dell’apparato endocrino). Questo si traduce in: per qualunque patologia, l’assunzione di alcolici porta ad un peggioramento della stessa o all’insorgenza di nuove patologie. Tradotto in linguaggio più schietto: la componente alcolica fa male sempre e comunque, ma non per questo non devo assumerla.
Gli studi hanno il compito di informare, il consumatore ha la facoltà di scelta e di consumo
Generalmente quando si parla di qualcosa che sappiamo recarci danno, si sottintende che dobbiamo liberarcene. Niente di più sbagliato, e gli studi non dicono questo. Gli studi hanno il compito di informare, niente di più. Il consumatore ha la facoltà di scelta e di consumo. Noi Italiani, dobbiamo ammettere che siamo poco disposti ad accettare critiche su quello che riteniamo valido e che magari riguarda la nostra quotidianità o un nostro retaggio culturale. E che si parli di mangiare o di vino, recepiamo tutto come un attacco diretto.
Sbagliato da parte dei detrattori del consumo di alcoolici sostenere le proprie affermazioni, forse con troppa supponenza
Quello che è sbagliato da parte dei detrattori del consumo di alcoolici è il modo di sostenere le proprie affermazioni, forse con troppa supponenza, quasi ridicolizzando alcune usanze. La nostra penisola è conosciuta per il mangiare mediterraneo (rinvio su questo argomento a un mio articolo sulla dieta mediterranea pubblicato su FirstOnLine, il 15 febbraio scorso, come contributo a scoprire cosa in realtà è la dieta mediterranea!) e il consumo di vino, nettare degli dei. Considerare il nostro passato come sbagliato o qualcosa da cambiare potrebbe risultare difficile da digerire. Attenzione però a considerare il “Global Burden of Diseases”, l’articolo citato in difesa del vino, come obsoleto. Lo studio è costantemente aggiornato (l’ultimo del 2022) e veramente completo tanto da fornirci un quadro della mortalità e della disabilità in paesi, tempo ed età. In sostanza quantifica la perdita di salute dovuta a centinaia di malattie, ed è redatto per migliorare i sistemi sanitari, il che lo colloca come importanza e affidabilità su gradini superiori rispetto a studi indipendenti.
Il problema c’è ed è reale, ma va considerato anche il contesto sociale e storico del consumo e la sua simbologia
È importante capire che questo studio non attacca e non demonizza nulla, tanto meno il vino o l’alcol, informa solamente della perdita di salute in relazione a un fattore di rischio o una determinata malattia. Nessuno studio in merito dirà mai di non consumare un determinato alimento. Anche perché definire una quantità di sicurezza oltre la quale non eccedere è pressoché impossibile, essendo ogni soggetto diverso da un altro. In questi casi si taglia la testa al toro individuando tale soglia come “zero”. Ecco perché chi lavora in questo settore si trova spesso in situazioni complicate quando deve spiegare il perché delle cose. Mi sento di dire, però, che consumare alcolici rientra nelle espressioni di libertà personale. Soprattutto in contesti sociali all’interno dei quali viene considerata una forma di socializzazione ulteriore: la condivisione di una bevanda simbolo. Il vino ha anche un significato simbolico, di festa, con il vino si brinda a un successo, ad un augurio, alla salute. Concludendo ritengo utile che il consumatore venga informato, anche con l’introduzione in etichetta dell’advertising di cui si è parlato tanto, fomentato dall’introduzione sulle bottiglie Irlandesi. Ma questo non toglie che debba essere minata la scelta del consumatore che deve comunque sentirsi legittimato di acquistarlo e di consumarlo, nelle quantità che ritiene opportuno. Informato sì ma obbligato no.
Ma chi demonizza le libertà individuali? Chi dimentica la storia? Cosa c’entra? Ma chi fa i titoli è la stessa persona che poi scrive gli articoli? Sembra proprio di no. La comunità medica internazionale non nega dei minimi benefici dati da alcuni ingredienti del vino rosso, ma valuta che quei benefici messi sul piatto della bilancia non abbiano peso rispetto ai pericoli che tutto l’alcol presenta. Nessuno sta pensando di vietare il vino, neppure la “talebana” dottoressa Viola, si sta solo spingendo per un consumo informato. Chi non vuole quel consumo informato ha interesse che la gente resti ignorante sul tema.