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Vicenza, John Fitzgerald Kennedy alla Basilica Palladiana

Quasi secolo nel secolo, il 1963 è un anno unico non solo nella politica, nella società e nel costume, ma nella musica, nel cinema, nella televisione, nelle arti visive, nella comunicazione, nella letteratura. Al di là e al di qua dell’Atlantico il 1963, come la grande mostra vicentina darà spettacolarmente conto.

Vicenza, John Fitzgerald Kennedy alla Basilica Palladiana

Dallas, 22 novembre 1963, ore 12.30. Muore assassinato John Fitzgerald Kennedy, il Presidente che stava cambiando la storia del suo Paese e quella dell’Occidente. E’ una svolta nella storia del mondo. L’evento influenzerà la percezione e il senso della vita nell’intero pianeta, insieme alla sua rappresentazione sulla scena mediatica, cosa che non accadde un secolo prima con la morte, altrettanto simbolica, di Abramo Lincoln.

L’uccisione di Kennedy non segna solo il confine tra un prima e un dopo per la potenza della comunicazione, ma perché trasforma in evento planetario l’icona e il simbolo che lui e la sua Presidenza rappresentavano.

Quell’uomo, il sogno che egli ha simboleggiato e il mito che di lui perdura sono al centro di una grande mostra allestita dal 23 ottobre al 12 gennaio presso la Basilica Palladiana di Vicenza. L’esposizione “Around JFK – 1963: il sogno, il mito” è promossa da BCome Venice con il patrocino del Comune di Vicenza e dell’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia.

E con Kennedy – il grande Presidente, il più carismatico, il più universalmente noto – si celebra un’epoca che, in quel mitico 1963, riconosce alcuni passaggi decisivi.

Perché ciò che rende ‘favolosi’ certi periodi storici sono gli ideali che la società esprime, il modo nuovo di vedere e concepire lo sviluppo sociale, i valori comuni nei quali riconoscersi: indiscutibilmente un uomo come Kennedy ha saputo identificare tutto questo nel messaggio sintetico ed entusiasmante della ‘nuova frontiera’, ancora oggi riferimento ideale per tanta comunicazione politica.

Il giovane Presidente americano si pose il compito storico di instaurare una nuova libertà e dignità dell’individuo, fondata sul rispetto della persona e dell’Altro, premessa e presupposto per ogni possibile speranza e promozione di valori morali, sociali e politici diversi dal passato.

Il suo entusiasmo e il suo esempio coinvolsero soprattutto i giovani che, consci del rinnovamento, si servirono di linguaggi emozionali e simbolici nuovi attraverso la musica, la fantasia dell’abbigliamento, la sfrenata volontà di vivere, la pace che affratellava e abbatteva le barriere sociali, rendendo tutti spiritualmente più ricchi: un messaggio ripreso in quegli stessi momenti – Ut unum sint, che tutti siano una cosa sola – da Papa Giovanni prima di morire.

Kennedy è dunque immagine e simbolo di una frontiera, di un mondo pronto a scambiarsi in maniera totalmente nuova idee, proposte, pulsioni, passioni, attraverso immagini, musiche, discorsi, prodotti.

Dunque un anno speciale, anno critico, il 1963 che si chiude con questi spari.

Spari sopra, direbbe Vasco, e non a torto; perché il 1963 era cominciato all’ombra della crisi dei missili di Cuba, ed era stato un anno ricchissimo di spunti e accadimenti che aiutano a distanza di cinquant’anni a capire il presente.

Anno di commozioni collettive sotto tutte le latitudini: prima dell’omicidio di John Kennedy, il pianeta aveva pianto Giovanni XXIII, un gigante già prima di indire il Concilio Vaticano II, divenuto profeta di necessità dopo l’Enciclica Pacem in Terris.

Coincidenza non casuale quella che lega Kennedy con Papa Giovanni e Martin Luther King, che pronuncia davanti al Lincoln Memorial di Washington l’immortale I Have a Dream: il potere spirituale e quello temporale uniti in un apparato simbolico di seduzione delle masse; uomini amati e riconosciuti dalle folle, uomini della speranza e della pace.

Ma al di là della Storia e di alcuni protagonisti assoluti – come poi il mondo faticò a ritrovare, se è vero che ancora oggi resistono le mitologie popolari di tutti e tre – il 1963 è l’anno che apre lo sguardo dei suoi contemporanei a un futuro che non si è ancora concluso.

Inevitabilmente ricco e multidisplinare il concept del progetto e il gruppo di curatela cui corrispondono i diversi ambiti di approfondimento della innovativa rassegna “Around JFK – 1963: il sogno, il mito”. Kennedy e il suo tempo è la sezione a cura di Alan Schechter, Professore Emerito di Scienze Politiche presso il Wellesley College; Il Cinema a cura di Gianni Canova, Preside della Facoltà di Comunicazione, Relazioni Pubbliche e Pubblicità dell’Università IULM di Milano; La Musica a cura di Alberto Campo, critico musicale e direttore del “Traffic Free Festival”; L’Arte a cura di Walter Guadagnini, titolare di cattedra di Storia della Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna e tra i massimi studiosi di Pop Art; Oggetti, Forme, Immaginari a cura di Marino Niola, Professore di Antropologia dei Simboli, Antropologia delle Arti e della Performance all’ Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, con Cristiana Colli giornalista, ricercatore sociale e curatore di progetti culturali. 

Accanto e dentro la mostra, che sarà spazio di rappresentazione visiva e insieme luogo di esperienza espositiva, sono previsti appuntamenti dal vivo – conferenze, talks, workshop, reading, installazioni – per una messa in scena del passato recente che ancora pervade e per molti versi incide sul contemporaneo delle arti, della cultura, della dottrina politica e sociale. Un contenitore/evento che nella rappresentazione della storia di ieri riconosce molta iconografia e numerose matrici culturali e sociali che appartengono allo sguardo dell’oggi. Un autentico format culturale e di spettacolo; un ipertesto che si sviluppa su più supporti in contemporanea. Un flusso imperdibile di frames, parole, immagini, sguardi, suoni, voci per chiunque abbia vissuto quegli anni o ne abbia avvertito gli echi. Chi è nato nel 1963 ha l’ingresso omaggio alla Mostra.

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