Il Centro Matteucci per l’Arte Moderna, proseguendo l’indagine critico-ricognitiva sulle personalità di rilievo del Novecento italiano, sancita con la recente mostra della Secessione Romana, propone una raffinata monografica dedicata a Ruggero Alfredo Michahelles (RAM), incentrata su un prezioso nucleo di opere riferite alla sua esperienza metafisica, gran parte delle quali non più viste dopo la presentazione, nel 1936, alla Galleria “Le Niveau” di Parigi.
Ruggero Alfredo Michahelles (1898-1976), in arte RAM, è principalmente noto come protagonista del futurismo toscano, nonché interprete, assieme al fratello maggiore Thayaht, delle grandi avanguardie dell’epoca. La sua personalità singolare e polimorfa nasconde, però, un’altra faccia non meno vivida e suggestiva di quella che lo annovera fra i sostenitori del movimento fondato da Marinetti, del quale fu amico: quella di pittore metafisico, interprete del silenzio, con la mente aperta sull’immaginario e su un mondo dagli spazi vuoti ed irreali. Sebbene la sua visione di un quotidiano fermo e immutabile esprima le sensazioni di un tempo perduto e inaspettato, in realtà essa rivela una grande sensibilità e serenità interiore, condizione ideale per un’ispirazione improntata alla ricerca di una bellezza che, pur nell’evidente riferimento alle forme classiche, non nasconde le tensioni dei tempi moderni.
Proveniente da un’agiata famiglia cosmopolita, impiantata a Firenze dalla metà dell’Ottocento, Ram cresce in un ambiente aggiornato e internazionale, esordendo giovanissimo come illustratore e perfezionandosi, poi, nella scenografia, come attesta il premio conferitogli nel 1924 per l’allestimento di Aida, realizzato insieme a Thayaht. Il suo raffinato senso estetico, oltre che dalla vita, attinge anche dalla moda e dall’industria, attraverso una progressiva decantazione visiva nella struttura dell’immagine e della luce. Si aggiunga a questa, l’ammirazione per la linea morbida e sensuale degli autori del Seicento fiorentino, ammirati alla grande mostra del 1922, della quale si coglie ampio riscontro in Composizione di nudi, di qualche anno successivo.
L’esperienza “neometafisica” compiutasi a partire dal 1930, rappresenta una vera e propria svolta nella ricerca pittorica di RAM, maturata nel corso dei ripetuti soggiorni parigini. L’artista appare molto vicino agli “Italiens de Paris” – soprattutto a Magnelli, Tozzi, Paresce e de Chirico – con i quali condivide molti aspetti della ricerca visiva. A Parigi, nella galleria “Le Niveau”, terrà nel 1936 una memorabile personale in occasione della quale de Chirico scriverà: “Se l’intenzione dell’artista è creare cose belle, Micaelles ci riesce attraverso tele che sanno ingrandire le mura, abbellire le stanze e, senza dimenticare la più grande delle prove: sa darci delle opere con le quali ci piacerebbe vivere”.
I dipinti presentati al Centro Matteucci per l’Arte Moderna, in gran parte selezionati tra quelli proposti o eseguiti nel medesimo giro d’anni, esprimono compiutamente il ventaglio delle predilezioni poetico-espressive dell’artista: vi si trova il tema dell’isola senza ombre (L’île sans ombres) che sembra rovesciare, attualizzandolo con riferimenti all’amato razionalismo architettonico, il significato boeckliniano de L’isola dei morti, e costruendo al suo posto un’edenica isola dei vivi. Identica tensione appare nel rapporto figure/architetture/luce de Gli sposi, ambientato nell’arenile abbagliante di Viareggio. In altre opere, come ne Les mannequins senza volto sulla riva del mare, il tono si fa sottilmente intrigante ed enigmatico, fino a sfiorare l’inquietudine in Cataclysme o in Bouquet préhistorique. In questo genere di raffigurazioni, l’evocazione di rovine, carica di sentori romantici, si tinge di visionario riferimento al paesaggio dell’epoca terziaria – come in Savinio – ma anche dell’immaginazione di un ipotetico futuro in assenza dell’uomo, ormai destituito dal ruolo di protagonista assoluto.
La mostra di Viareggio dà, altresì, la misura della fertile vena di RAM anche in veste di scultore. Oltre a lavori quali Madre natura e Il costruttore, spicca la celebre Quadriga, definita da Marinetti “potente forza cavalli motore”. Realizzata da RAM nel 1929 per il concorso indetto dalla Metro Goldwyn Mayer in occasione del lancio cinematografico della prima versione di “Ben Hur”, impose il nome dell’artista alla Biennale veneziana del 1932.