L’Opa lanciata da Edison sul 100% di Alerion è un sasso lanciato nello stagno. Un chiaro segnale che le acque rimaste per oltre un anno immobili nel settore dell’energia eolica si sono rimesse in moto. E una sfida, lanciata verso Erg, per conquistare la supremazia in un settore in cui le nuove aste varate dal governo, che si concluderanno il 27 novembre, hanno riaperto i giochi e creato nuove prospettive. Oltre a quelle, di più lungo periodo, aperte dall’accordo globale sul clima di Parigi. Insomma, ci sono tutte le premesse per poter parlare di una “guerra del vento” i cui esiti si potranno verificare non solo quest’anno ma soprattutto nei prossimi che ci separano dal 2020, fissato dalla Ue come l’anno-cardine per il raggiungimento di importanti target verdi.
La sfida per il primo posto
Edison punta dunque, con F2i, a crescere nell’eolico. L’operazione annunciata mercoledì dovrebbe farle fare un balzo a circa 850 Megawatt installati rispetto agli attuali 589 Mw. Non troppo lontano, quindi, dai circa 1000 Mw eolici che Erg ha installato in Italia. “Erg è il primo player italiano nell’eolico e continuerà ad esserlo, con ulteriori 400 milioni investiti per la crescita organica nel settore, previsti dal piano industriale al 2018”, ha detto l’Ad Luca Bettonte a FIRSTonline in maggio. Il manager ricordava anche che Erg prima del 2015 investiva il 19% all’estero, che ora la quota estera è al 37% e finirà per arrivare quasi alla metà. Perché? “Vorremmo investire anche in Italia – è stata la spiegazione – ma non è possibile perché da più di un anno aspettiamo il decreto che regolamenti il settore”. Una situazione che Bettonte definiva “imbarazzante” e tale da mettere a rischio il repowering dei siti più redditizi.
Aste e manovra 2017
Qualcosa però sembra essere cambiato. “In effetti dopo aver atteso per un anno e mezzo il decreto che ha riaperto una finestra sulle aste per gli incentivi – afferma Simone Togni, presidente di Anev – dobbiamo dare atto al ministro Calenda di averlo varato subito dopo il suo insediamento al Mise. E senz’altro ha rimesso in moto il settore dopo un lungo periodo di blocco. Non è ancora arrivato però il decreto sul repowering dei parchi eolici giunti a fine vita, dopo i primi 15 anni di attività. Al governo chiediamo da tempo di agevolare questo rinnovamento produttivo con facilitazioni dal punto di vista amministrativo-burocratico innanzitutto, per non ripercorrere la lunga trafila autorizzativa come se si trattasse di impianti ex-novo. Dal punto di vista finanziario, la stagione degli incentivi va a concludersi ma altre facilitazioni, per esempio sotto forma di benefici fiscali, sarebbero auspicabili. Abbiamo anche chiesto di ammettere il repowering eolico ai benefici del superammortamento previsto dalla legge di Bilancio che il governo si appresta ad approvare. Ma non sappiamo – conclude – in quale direzione si orienteranno i ministri”.
A pochi mesi dalla fine del 2016, è ancora in gestazione il nuovo decreto di settore visto che l’ultimo, in base al quale si terrà per l’appunto l’asta al ribasso di novembre per 850 nuovi MW eolici, riguardava gli anni 2015-16; decadrà a fine anno e lascia scoperto il prossimo biennio. In compenso Calenda ha promesso le nuove linee della strategia energetica nazionale per il G7 di aprile in Sicilia e sembra intenzionato a mantenere la parola.
Una montagna di investimenti
Intanto gli operatori si posizionano, spinti anche dagli obiettivi ambientali ambiziosi concordati a Parigi dal Cop 21. Il gruppo Edison ha previsto nel piano industriale di raggiungere il 40% del parco di produzione energetica da fonti rinnovabili (eolico e idroelettrico), per crescita organica e acquisizioni, nel medio termine contro il 25%-30% attuale. Finora si sono viste solo le acquisizioni – osserva qualcuno – ma è anche vero che il consolidamento su presupposti più industriali e meno finanziari era atteso. Un produttore globale come la danese Vestas, che ha tenuto un recente seminario a Roma, giudica “promettente” il futuro dell’energia eolica nel mondo e vede “ottime opportunità” per l’eolico in Italia spinto dalle aste pubbliche ma non solo.
Più in generale sulle rinnovabili si andranno a concentrare i massicci investimenti del settore elettrico: secondo Bloomberg New Energy Finance (Bnef) “nel 2040 le fonti energetiche a emissioni zero costituiranno fino al 60% della capacità installata per la produzione elettrica”. Gli investimenti totali previsti per raggiungere il target arrivano a 11.400 miliardi di dollari in gran parte (64%) per impianti eolici e solari. La spinta verrà dalla riduzione dei costi: quelli dell’eolico sono previsti abbattersi del 41% e quelli del solare addirittura del 60%. Ma sempre secondo Bloomberg, tutto ciò non basterà per raggiungere l’obiettivo climatico di Parigi (mantenere il riscaldamento del pianeta sotto i 2 gradi): ci vorrebbero 212 miliardi l’anno in più, ossia altri 5.300 miliardi da aggiungere ai citati 11.400 già stimati. Come reperire questa montagna di denaro? “Non è un problema di denaro” osservano gli analisti di Bloomberg che suggeriscono invece “interventi per stimolare la domanda” (per esempio spostando i sussidi concessi ai fossili sulle rinnovabili) e un’accelerazione della competizione sul mercato elettrico. Le prime mosse della “guerra del vento” ne sono già un’anticipo.