Un premier e due vice premier non sono bastati, lunedì, per trovare l’intesa sulle nomine alla Cassa Depositi e Prestiti. Il Cda ha esaurito il suo mandato, è dimissionario, ma il nuovo Cda – dopo vari rinvii dovuti al cambio di governo – ancora non vede la luce. Lunedì scadevano i termini per la presentazione delle liste, di maggioranza e minoranza, in vista dell’assemblea – già più volte rinviata – del 13 luglio.
Il solo risultato al momento lo hanno prodotto le Fondazioni bancarie, cui spetta l’indicazione del nuovo presidente. Lo hanno fatto e hanno presentato la propria lista indicando Massimo Tononi (già in Mps e Borsa italiana) presidente, Matteo Melley e Alessandra Ruzzu come consiglieri. Un passo inconsueto rispetto al passato quando era abitudine presentare per Cdp una lista unitaria. Ciò potrà comunque accadere ma a questo punto bisognerà aspettare direttamente il 13 luglio quando verosimilmente il Mef presenterà una lista unitaria in assemblea.
A complicare le nomine in Cdp è la partita più complessiva sui rinnovi. Nel pacchetto rientrano infatti la nomina del direttore generale del Mef ma anche e soprattutto quelle della Rai . Sono distanti a quanto pare le posizioni della Lega e del Movimento 5 Stelle. E così il tira e molla sui nomi prosegue: dal favorito – fino a lunedì – Marcello Sala (ex vice presidente del consiglio di Intesa Sanpaolo) agli altri nomi in pista come quello del Cfo Fabrizio Palermo o del presidente della Bei, Dario Scannapieco.
Il groviglio delle nomine riguarda anche le vicende, più politiche, del Copasir e della Vigilanza Rai. Sulla scelta dei presidenti delle due commissioni – per tradizione affidati alle opposizioni – si starebbe consumando uno strappo istituzionale. Tanto che il Pd lunedì non ha consegnato ai presidenti di Camera e Senato l’elenco dei loro membri designati per le due commissioni di garanzia (rispettivamente servizi segreti e tv pubblica). Si va dunque verso un nuovo rinvio cui seguirà lo slittamento del voto sui membri del Cda Rai (fissato per il 18 luglio) e quello sul presidente Rai per il quale sono richiesti i due terzi dei votanti e servono perciò anche i voti del Pd.