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Verso i ballottaggi, pensando alle politiche

Domenica si vota per i sindaci, ma tra un anno ci saranno le politiche – Per ora disattesi gli appelli di Napolitano per la riforma elettorale – Partiti in ordine sparso tra la crisi di Pdl e Lega, ormai a guida Maroni, la battuta d’arresto del terzo polo e il Pd che deve fare i conti con i grillini.

Verso i ballottaggi, pensando alle politiche

Ancora quattro giorni di campagna elettorale e poi, domenica prossima, sarà tempo di ballottaggi. I partiti si avviano con una certa stanchezza ad un appuntamento caratterizzato più che dai tradizionali duelli tra candidati sindaci di opposti schieramenti (centro-sinistra contro centro-destra) da significative assenze, che riguardano la Lega e il Pdl, e il sostanziale indebolimento del terzo polo centrista. Il tutto mentre l’attenzione dell’opinione pubblica (ma vale anche per i partiti) guarda più alle conseguenze del voto francese (vittoria del socialista Hollande) nelle presidenziali, e di quello dei tedeschi in Renania (sconfitta della Cdu). Eppure il voto di domenica prossima si colloca a meno di un anno dalla scadenza della Legislatura e dalle prossime elezioni politiche. Un appuntamento implicitamente ricordato dal presidente della Repubblica con i suoi pressanti, quanto disattesi, appelli a fare presto la nuova legge elettorale.

Per ora i partiti su questo fronte sono chiaramente in ritardo e si ha l’impressione che il terremoto elettorale di dieci giorni fa (non è cosa di tutti i giorni vedere improvvisamente ridotti ai minimi termini il Pdl e la Lega) sia servito a creare nuove difficoltà fare una legge decente che riconsegni ai cittadini il diritto di scegliersi i propri rappresentanti. Sembra che tutto sia tornato in discussione, compresa la cosiddetta bozza Violante: da un lato ci sono i dubbi del Pdl e le resistenze al suo interno, dall’altro c’è il Pd che dinanzi a queste, è tentato, probabilmente a ragione, di rimettere in campo il sistema con il doppio turno di collegio. E così c’è il consistente rischio che tra un anno si torni a votare per la terza volta con il Porcellum. Il che sancirebbe l’ennesima brutta figura dei partiti.

Tempi agitati anche per il governo Monti. Fino a che punto infatti il Pdl può sotto la spinta delle forti divisioni interni mantenere il proprio sostegno a quella politica di sacrifici e risanamento e di conseguente rilancio dell’economia, per costruire la quale è stato messo in campo il governo cosiddetto dei tecnici? Senza contare che il Pdl ha già preso più volte le distanze tra le ipotesi avanzate dal Governo sia sul tema giustizia che su quello che riguarda la Rai e dintorni? E fino a che punto il Pd, in chiaro vantaggio in vista della prossima scadenza elettorale, può non reagire ai giochi di interdizione della ex maggioranza che sosteneva il governo Berlusconi? Quanto alla Lega, il movimento è ormai in chiara crisi, anche se finalmente, sembra tramontata l’improbabile ricandidatura di Umberto Bossi alla sua guida: per la quale ormai Maroni è candidato unico.

E’ un quadro politico quanto mai incerto quello che si presenta ad un anno dalle prossime elezioni politiche. E non aiutano certo il Paese a trovare stabilità e compattezza i movimenti di anti-politica, come quello dei cosiddetti grillini. Movimenti però che hanno avuto un chiaro e significativo successo nel primo turno delle amministrative e che i partiti farebbero male a strumentalizzare o a sottovalutare. Tentati dalla strumentalizzazione sono ancora una volta settori del Pdl e persino del centro. Significativo che a Parma dove a contendere il seggio di sindaco al candidato del Pd sarà un grillino sia forte la tentazione nel centro-destra di sostenerlo. In fondo è la riproposizione da destra della vecchia politica togliattiana del “tanto peggio tanto meglio”.

A sua volta anche il Pd che si trova ad affrontare i ballottaggi senza i tradizionali avversari, ma in diretta competizione con candidati che potrebbero avere un profilo di sinistra: oltre al grillino di Parma c’è Orlando (Idv), nettamente favorito a Palermo. Sono criticità che segnalano la difficoltà di un partito che, pur aspirando alla guida del Paese, ad avere la necessaria interlocuzione con quelli che potrebbero e dovrebbero essere al suo fianco in credibili alleanze politiche.

Conclusione: i ballottaggi di domenica prossima avranno un esito probabilmente scontato (difficile prevedere rivincite per chi non sarà neanche in competizione), ma il modo con il quale si arriva ad essi conferma tutte le attuali criticità del nostro sistema politico. Ci vorrebbe almeno la riforma elettorale. Ma per farla servirebbe più politica e partiti più forti.

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