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Venezuela, ultimatum europeo a Maduro ma l’Italia tentenna

FIRSTonline

O il dittatore venezuelano Maduro indice nuove elezioni politiche “libere, trasparenti e credibili” entro 8 giorni oppure Germania, Francia e Spagna riconosceranno ufficialmente la presidenza di Juan Guaidò, giovane leader dell’opposizione. E’ questo l’ultimatum che Angela Merkel, Emmanuel Macron e Pedro Sanchez hanno inviato sabato a Maduro che tiene il Venezuela sotto scacco ma che non ha per ora nessuna intenzione di farsi da parte, potendo contare sull’appoggio dei vertici dell’Esercito.

In un’intervista alla tv turca, Maduro ha definito “insolenti” le richieste dei tre Paesi europei e “incostituzionale” l’autocandidatura, per la verità sostenuta dal Parlamento, di Guaidò, ma le parole non cancellano il disastro civile ed economico provocato dal successore di Chavez.

La corda però si stringe attorno al collo del dittatore sia perchè la civile protesta politica della popolazione stremata dalla fame e dalle violenze del regime e raccolta attorno a Guaidò cresce di giorno in giorno, sia perchè – malgrado l’appoggio di due potenze nucleari del calibro di Russia e Cina – Maduro è sempre più isolato sul piano internazionale. Contro di lui si sono pronunciati gli Usa di Donald Trump, che non ha però nessuna intenzione di mandare militari in Venezuela,  larga dell’America Latina (Brasile e Argentina in testa) e ora i Paesi portanti dell’Europa.

La spaccatura che divide il mondo in due sul Venezuela si è vista anche alla riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ovviamente non ha trovato l’accordo sulla censura a Maduro chiesta dagli Usa ma bloccata da Cina e Russia che, interessata non meno degli Usa al petrolio venezuelano, è arrivata a sostenere che è in corso un “tentativo di colpo di Stato” avallato dagli americani. Secca la replica del Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo: “E’ il momento di scegliere da che parte stare: o con le forze della libertà o in combutta con Maduro e il suo caos”.

Colpisce invece l’assenza dell’Italia, il cui Governo è paralizzato dalle roventi divisioni tra la Lega e i Cinque Stelle e non riesce a trovare una linea comune nemmeno quando sono in gioco la libertà e la democrazia di un Paese come il Venezuela, dove ci sono tantissimi italiani. Per la verità un aperto sostegno alla lotta del popolo venezuelano e un duro attacco a Maduro è venuto dal vicepremier leghista Matteo Salvini e dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ma tra i Cinque Stelle il vicepremier Luigi Di Maio tace con visibile imbarazzo, incalzato com’è dal terzomondista alle vongole Alessandro Di Battista, che sabato non ha nascosto il suo appoggio a Maduro e ha fragorosamente polemizzato con Salvini. Ma con l’esponente pentastellato il leader della Lega è stato tagliente: “Di Battista – ha detto – parla a vanvera”.

In questa situazione il premier Giuseppe Conte non ha fatto altro che rifugiarsi in frasi di circostanza e appellarsi a una generica speranza di riconciliazione nazionale in Venezuela e all’auspicio di nuove elezioni ma senza condannare apertamente Maduro e senza associarsi all’ultimatum europeo al dittatore. Non è una bella figura quella che sta facendo l’Italia e prima o poi il Presidente Mattarella si farà sentire di nuovo.

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