Situazione ancora tesissima in Venezuela, dopo le ultime elezioni presidenziali che hanno visto la conferma di Nicolas Maduro tra tensioni, violenze e dubbi della comunità internazionale sulla regolarità del voto. Il presidente, in carica ininterrottamente dal 2013 e appena rieletto per un terzo mandato fino al 2031, tira dritto: dopo aver arrestato migliaia di dissidenti in seguito alle proteste esplose in tutto il Paese e aver annunciato che saranno mandati ai lavori forzati, Maduro ha iniziato a sparare a zero contro gli Stati Uniti, contro Elon Musk accusandolo di aver hackerato il sistema elettorale venezuelano e più in generale contro i social network, che secondo il leader chavista “diffondono fake news e sono nemici del popolo venezuelano”. In particolare WhatsApp per Maduro “è uno strumento usato dai fascisti” e viene usato dagli oppositori per “organizzare un colpo di Stato”. Perciò andrebbe messo al bando: detto fatto, l’Assemblea nazionale ha ordinato il blocco di X per 10 giorni e sta mettendo a punto una riforma per restringere il libero utilizzo di WhatsApp e TikTok.
Si cerca di evitare un Guaidò-bis
La comunità internazionale non resta a guardare. Pur distratto dall’evento olimpico fino a pochi giorni fa, si è fatto vivo il presidente francese Emmanuel Macron, che in una telefonata con l’omologo brasiliano Lula ha convenuto di evitare un “Guaidò-bis”, dopo che invece Paesi come Argentina, Perù e come gli stessi Stati Uniti avevano ufficialmente riconosciuto Edmundo Gonzalez Urrutia, il candidato dell’opposizione, come presidente eletto del Venezuela. Questa formula, già provata senza successo con Juan Guaidò nel 2019, sembrerebbe dunque una forzatura e lo stesso Lula, che insieme a Colombia e Messico è tra i più attivi nel mediare tra “l’alleato” Maduro e chi ne vorrebbe l’immediato allontanamento, ha più recentemente lanciato un’altra proposta: convocare nuove elezioni. Mentre infatti Maduro sostiene di aver vinto regolarmente la tornata dello scorso 28 luglio ma non è in grado di fornire le prove, diversi organismi internazionali indipendenti, tra cui Carter Center, hanno invece stimato che la partita sia stata stravinta da Gonzalez, con due terzi delle preferenze e solo il 30% o poco più per il presidente uscente.
Lula propone nuove elezioni, Usa pensa ad amnistia
A Maduro viene anche rimproverato di aver negato l’accesso nel Paese alla missione di osservazione elettorale dell’Unione europea, con il pretesto che Bruxelles non ha tolto le sanzioni nei confronti degli esponenti politici vicini al regime. Per questo Lula vorrebbe ipotizzare una sorta di seconda chance per il leader venezuelano, ma è la stessa opposizione venezuelana a non essere convinta di una soluzione di questo tipo: “Abbiamo vinto noi, il risultato delle elezioni del 28 luglio non è negoziabile”, ha detto al quotidiano spagnolo El Pais la leader dell’opposizione Maria Corina Machado. In tutto questo, l’Onu si dice preoccupata per le “detenzioni arbitrarie” e si stanno muovendo anche gli Stati Uniti, seppur maggiormente concentrati su quello che accade in Ucraina e soprattutto in Medio Oriente. Peraltro le vicende sono collegate, perché Maduro è stato ufficialmente riconosciuto presidente da pochi Paesi, ma tra questi ci sono Russia, Iran, Cina. L’ultima mossa pensata da Washington è di concedere al rivale venezuelano l’amnistia in cambio della rinuncia al potere, a scadenza naturale dell’attuale mandato (dicembre).
L’accusa di collusione col narcotraffico
Negli Stati Uniti infatti su Maduro pende l’accusa di collusione col narcotraffico in Venezuela, tanto che nel 2020 è stata offerta una ricompensa da 15 milioni di dollari per informazioni sulla presunta attività criminale del leader. Ricompensa peraltro ancora valida, come ha recentemente ricordato lo stesso Elon Musk, ma sulla quale gli States ora vorrebbero chiudere un occhio, rinunciando anche all’estradizione e all’eventuale processo, a patto però che Maduro molli la poltrona. Lui però non sembra assolutamente intenzionato a cedere e la sensazione è che si andrà avanti col braccio di ferro. Alcuni esperti ipotizzano per l’esponente chavista una fine alla Gheddafi, mentre in Sudamerica la preoccupazione è per una nuova ondata migratoria: negli ultimi anni già un quarto della popolazione del Venezuela, oltre 7 milioni di persone, ha lasciato il Paese, generando crisi sociali e allarmi per la sicurezza nei Paesi dell’area, in particolare Colombia, Brasile e Cile.