Non accenna a calare la tensione in Venezuela. Dopo tre settimane di proteste contro il governo di Nicolás Maduro, il conto delle vittime è salito a 26. L’ultimo a essere ucciso è stato un ragazzo di 23 anni, freddato con un colpo di pistola in faccia mentre partecipava a una manifestazione nel nord ovest del Paese.
Dal punto di vista economico, intanto, la crisi si fa sempre più grave, con l’inflazione che è arrivata a superare il 500 per cento.
A questo punto, sia il governo sia l’opposizione temono che la situazione si trasformi in un’anarchia generalizzata nella quale sarà sempre più difficile fermare la violenza.
Il governo continua a rifiutarsi di convocare elezioni anticipate, come invece chiede l’opposizione per uscire dalla crisi.
In teoria il mandato presidenziale di Maduro scade alla fine del 2018, ma nessuno crede più che a tempo debito ci saranno nuovo elezioni, dopo che sono state annullate quelle per i governatori regionali e, soprattutto, dopo che è stato proibito il referendum che avrebbe potuto destituire legalmente Maduro.
Fra il 1998 al 2013, anno della sua morte, Chávez vinse tutte le elezioni che convocò, ma oggi i suoi eredi sono talmente impopolari che sembrano non voler più permettere al popolo di tornare alle urne.
È prevista per oggi a Caracas una nuova marcia dell’opposizione, l’undicesima dall’inizio delle proteste. Probabili nuovi scontri con la Guardia Nazionale.