Venezia immersa nella nebbia di una mattina di novembre, calli quasi deserte di turisti e campi invasi dal garrire dei gabbiani, padroni di una città ancora dormiente. In Santa Croce il silenzio corre in lungo e largo per far riemergere il fascino antico e struggente, immortale e misterioso di questa città. Passato un piccolo ponte si arriva in un campiello dove si legge una targa “Tessitura Luigi Bevilacqua“. Un palazzo che si affaccia sul Canal Grande ma con un ingresso in Campiello della Comare che può risultare piuttosto nascosto ad un occhio poco curioso, ma è proprio qui che si trova la sede di una importantissima tessitura veneziana fondata dalla famiglia Bevilacqua nel lontano 1499. Ad introdurci in questo mondo fantastico è Alberto Bevilacqua (CEO) che ci accoglie con garbo e che potremmo definire un vero gentiluomo veneziano. Nel corridoio d’ingresso in piccole cornici è impressa una parte dei lavori realizzati per arredare importanti stanze o interi palazzi famosi, come le tappezzerie del Municipio di Stoccolma, i tessuti per il Salone Colonna del transatlantico Conte di Savoia, le tende delle sale apollinee del Teatro La Fenice o per il Teatro Goteborg o il Museo Fabergé di San Pietroburgo. Questa però non è la sede dove ebbe origine la tessitura. La tessitura originariamente era in Fondamenta San Lorenzo nel Sestiere di Castello e poi trasferita nel 1892 a Palazzo Labia. Nel 1895 la ditta cambiò anche la denominazione da Bevilacqua Luigi & G.B. Gianoglio in Luigi Bevilacqua e ancora nel 1902 in F.lli Bevilacqua. Oggi la fabbrica vede al timone alcuni eredi Bevilacqua: Rodolfo, Alberto, Gianpaolo e Mario.
I primi anni del ‘900 furono sicuramente di grande interesse per lo sviluppo della Tessitura, ci introduce un po’ in questi anni e quali furono le commissioni importanti?
Alberto Bevilacqua – La prima metà del Novecento è stata importante per le manifestazioni internazionali o meglio le EXPO e potervi partecipare significava farsi conoscere oltre il mercato italiano. In particolare modo Bruxelles nel 1910, dove ci fu data la medaglia d’oro. Nel 1928 fu Torino a premiare la tessitura con un Gran Premio e infine Barcellona nel 1929 ci riconobbe il Diploma d’Onore. E pensare che molti dei tessuti che noi abbiamo utilizzato per tante commissioni importanti possono essere tutt’ora riprodotti. Nel 1934 alcuni velluti e broccati vengono anche esposti alla XIX Biennale d’Arte di Venezia. Mentre nella seconda metà dello stesso secolo anche la Casa Bianca di Washington commissionò un velluto giallo con fondo avorio denominato proprio “Casa Bianca”. Ma furono anni di commissioni ecclesiastiche, fu Cesare Bevilacqua ad essere nominato: Fornitore Pontificio, titolo che manterrà per tutto il papato di Pio XXI, Giovanni XXIII fino a Paolo VI.
Negli anni ’90 abbiamo avuto una commissione da parte di Ann Getty e abbiamo riprodotto diversi damaschi e broccatelli per il Casinò di Venezia e il Gran Caffè Quadri di Piazza San Marco. Poi nel primo decennio 2000 realizziamo un velluto soprarizzo per il Cremlino a Mosca e altre creazioni per la casa Reale Saudita e la Casa Reale Omanita. E infine per ricordare, abbiamo fornito velluto a mano cremisi per il Palazzo Reale di Dresda.
Ma ci furono anche anni di collaborazioni con importanti Maison di Moda?
Alberto Bevilacqua – Si, sempre negli anni ’50 ci fu una prima collaborazione con la stilista Roberta di Camerino nel produrre dei velluti e in particolare modo quello per la borsa Bagonghi che fu indossata da Grace Kelly nel 1956 e da Catherine Deneuve più recentemente. Abbiamo realizzato tessuti commissionati da diverse case di moda, da Dior a Dolce Gabbana e altri ancora. I nostri tessuti, broccati, damaschi, velluti e sete, si prestano molto per il mondo della moda Couture, un settore, insieme a quello dell’arredamento, dove è sempre importante sperimentare in creazioni particolari nelle quali la preziosità del disegno e del tessuto può fare veramente la differenza.
Ci può parlare ora della più recente linea accessori che avete creato, un progetto conforme alle tendenze moda e nel luxury che il mercato richiede?
Alberto Bevilacqua – Un segmento che ci interessa, vista anche la precedente esperienza con Roberta di Camerino. I nostri tessuti essendo molto strutturati si prestano molto bene alla realizzazione di oggetti di questo tipo. Al momento abbiano il nostro showroom qui in Canal Grande che ospita anche un primo spazio “shop” dove si possono trovare le diverse interpretazioni, da semplici portachiavi a cinture e borse (come la Tote Bag) disegnate da stilisti o designer in chiave più contemporanea, accessori adatti alla donna di oggi che cerca sempre più distinguersi.
Show-room e ingresso dal Canal Grande
Ma quali sono i tessuti più richiesti o amati?
Alberto Bevilacqua – Non c’è un tessuto più di un altro che sia più amato, dipende dalla commissione e dal periodo. Oggi ad esempio c’è molta richiesta per i velluti con fantasie animalier, specie dagli Stati Uniti, un evergreen del mondo della moda e dell’arredamento che oggi riproponiamo in chiave contemporanea. Nel passato le fantasie animalier, simbolo di potere, onore e ricchezza, erano note come Zoote, che è traducibile come maculato, stampa di matrice animale. Tanto che a partire dal ‘700 sono stati richiesti anche i primi tessuti per la casa ed hanno fatto il loro ingresso anche nel settore dell’arredamento.
Ora entriamo nella vera fucina, che definirei opificio delle tele preziose, un mondo fuori del tempo ma allo stesso tempo magico, dove si producono opere a mano, Può introdurci?
Alberto Bevilacqua – In questa sede si produce dall’inizio del secolo e tutto è rimasto come allora, telai del Settecento e metodi antichi di tessitura. Si consideri che per produrre un velluto si parte dal disegno e nel nostro archivio storico abbiamo circa 3.500 disegni dal Medio Evo all’ Art Deco e non solo. Inoltre abbiamo un archivio dei campioni di tessuto e le messe in carta, ossia quei disegni che contengono le informazioni utili a forare le schede di cartone che servivano per la macchina Jacquard.
Oggi come è organizzata la vostra produzione?
Alberto Bevilacqua – La nostra produzione si divide in tessitura manuale che viene svolta in questa sede e una meccanica per quantitativi superiori al fine di soddisfare commesse che richiedono diverse metrature, specie per l’arredamento. Consideri che la lavorazione manuale dei nostri velluti, in particolare modo il soprarizzo, la lavorazione è molto lenta poichè ogni telaio poche decine di centimetri al giorno. Mentre quella meccanica può soddisfare maggiori richieste e questo ci consente di realizzare anche produzioni per arredamenti più strutturati e complessi, come sempre più spesso possono essere richiesti da interior designers.
Potrebbe essere un lavoro da trasmettere alle nuove generazioni ed eventualmente come?
Alberto Bevilacqua – Al momento sono 7 persone impegnate nella produzione e un tecnico. Persone motivate ad imparare un antico mestiere non è poi così facile trovarne. Oggi i giovani hanno altre priorità non certo quelle di trovare un mestiere artigianale. Abbiamo avuto una collaborazione con una Università veneziana su un preciso progetto, ma ora non abbiamo seguito. Sarebbe interessante sensibilizzare i giovani verso questo mestiere, del resto si presterebbe anche ad una valorizzazione tecnologica che potrebbe essere più interessante per le nuove generazioni.
Metropole Suite Venezia e Museo Fabergé di San Pietroburgo
Ma con tutta questa storia di venezianità, sicuramente apprezzata all’estero, ma come venite visti dai veneziani, o almeno quelli che non hanno ancora lasciato la città?
Alberto Bevilacqua – Se a Venezia produciamo, riusciamo comunque essere presenti in gran parte del mondo attraverso dei distributori sia in Italia come in diversi Paesi europei, ma anche in Asia, North America, South Pacific e Africa. Parlando di Venezia è una città senza confini da sempre, luogo dove si sono intrecciate diverse culture e per questo amata da tutti nel mondo. Perciò anche la nostra tessitura vive di riconoscimenti da parte di molti stranieri che ci vengono a trovare appositamente per conoscerci e che accogliamo con molto piacere. La città però non è più la stessa e soffre di un turismo di massa che ha portato un po’ tutti, anche i veneziani, a non ricercare più né a rivalutare le antiche tradizioni artigianali, compresa l’opera preziosamente creativa di opifici come il nostro.