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Veneto Banca e Pop Vicenza: tutte le ragioni dello scontro Bankitalia-Consob

Nella Commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie è andato in scena un rimpallo di responsabilità fra Via Nazionale e Consob sulla gestione della crisi delle banche venete – Al centro del contendere il prezzo delle azioni prima degli aumenti di capitale, le operazioni baciate e i bond subordinati

Veneto Banca e Pop Vicenza: tutte le ragioni dello scontro Bankitalia-Consob

Prezzi delle azioni prima degli aumenti di capitale, valutazione dei bond subordinati e dei prestiti concessi in modo irregolare, competenze e responsabilità nella vigilanza. Sono questi i punti su cui mercoledì Banca d’Italia e Consob si sono scontrate a distanza in una contesa senza precedenti. L’occasione è stata la seconda audizione di Carmelo Barbagallo, numero uno della Vigilanza di Via Nazionale, e di Angelo Apponi, direttore generale della Consob, di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie. Al centro del contendere, ancora una volta, la gestione del dissesto di Veneto Banca e Pop Vicenza.

I PREZZI DELLE AZIONI

Bankitalia capisce che i prezzi delle azioni di Pop Vicenza sono gonfiati già con le ispezioni del 2001 e del 2008, ma invia i risultati alla magistratura, non a Consob, e la procura locale archivia. Su Veneto Banca l’unica comunicazione inviata da Via Nazionale a Consob risale al 2013. Si parla di un prezzo incoerente delle azioni. Poi nel 2015 Bankitalia passa a Consob uno stralcio di un suo verbale ispettivo in cui sostiene che il prezzo delle azioni di Veneto Banca sia stato determinato sulla base di una metodologia irrazionale o comunque piena di vizi. Consob afferma che avrebbe preso altre iniziative se avesse avuto questa informazione due anni prima. Bankitalia ritiene invece che già nel 2013 la Commissione avesse tutti gli elementi per agire.

LE OPERAZIONI “BACIATE”

Con questo termine si indicano i prestiti concessi ai soci per comprare azioni. Operazioni di questo tipo in Veneto Banca sono state rilevate da Bankitalia nel 2013, mentre per quanto riguarda Pop Vicenza sono emerse solo nel 2014, con il passaggio di consegne alla vigilanza europea. Anche in questo caso tra Via Nazionale e Consob c’è un rimpallo di responsabilità sulla tempestività dell’analisi e la capacità di valutazione.

I BOND SUBORDINATI

Apponi ha rivelato che non fu Consob ad approvare i prospetti dei bond subordinati emessi da Vicenza e da Veneto Banca nell’inverno del 2015, quando il dissesto degli istituti era ormai alle porte, ma “l’autorità estera di un paese europeo, come consentiva la normativa essendo banche non quotate”.

La questione è centrale, perché quelle obbligazioni sono state vendute a piene mani ai risparmiatori retail, che in molti casi hanno perso tutto quello che avevano messo da parte in una vita di lavoro. Quei titoli, spacciati come investimenti sicuri, erano in realtà a rischio altissimo e il prospetto, varato dalle autorità del Lussemburgo, traboccava di conflitti d’interessi.

Per evitare che operazioni simili si ripetano, Barbagallo ha suggerito di “proibire il collocamento al retail delle obbligazioni, non solo subordinate, al di sotto di un certo punteggio. In alcuni casi bisogna arrivare alla proibizione, non basta il prospetto. Per prendere questo provvedimento non servirebbe una legge, sarebbe sufficiente trovare un accordo con la Consob”.  

LE COMUNICAZIONI FRA LE AUTORITÀ

Quanto al rapporto fra le due autorità, il capo della Vigilanza di Via Nazionale ritiene che il protocollo di scambio di informazioni tra Bankitalia e Consob datato 2012 sia “perfettibile”. Al momento, le regole prevedono che se uno dei due istituti fa un’ispezione decide cosa far sapere all’altro. Ed è proprio questo cortocircuito ad aver causato le incomprensioni sulle banche venete.

Oggi sul banco degli imputati ci sono le ispezioni di Bankitalia, ma a ben vedere Consob ha più poteri di Via Nazionale, potendo disporre perquisizioni, intercettazioni telefoniche e audizioni assistite da un avvocato. Inoltre, dal 2018 la direttiva Mifid 2 consentirà a Consob di vietare la vendita di prodotti complessi.

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