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Vendemmia 2023: duello tra Italia e Francia, ma conta vendere più che produrre. E Masi sbarca nell’Oltrepò

La vendemmia 2023 affronta i problemi delle ondate di calore e della temibile peronospora. Le aziende cercano nuovi canali di vendita e cresce l’M&A. Sul vino puntano (e litigano) i gruppi del lusso

Vendemmia 2023: duello tra Italia e Francia, ma conta vendere più che produrre. E Masi sbarca nell’Oltrepò

In alto i calici: la vendemia sta per cominciare. E sarà l’ennesimo duello tra Italia e Francia, stavolta divisi dal primato nella produzione vinicola. Il Bel Paese parte in testa, forte dei 49,8 milioni di ettolitri prodotti nel 2022 sui 678 mila ettari coltivati. Ma, avverte Coldiretti, la leadership quest’anno è a rischio: tra maltempo, ondate di calore e danni da parassiti, si rischia di perdere il 14 per cento della produzione, con punte fino al 50 per cento in alcune aree dl Mezzogiorno, dalle Puglie alla Sicilia fino al record negativo di Abruzzi e Molise, che rischiano addirittura un calo del 60 per cento. E così, salvo un recupero al fotofinish, non si andrà oltre i 43/44 milioni di ettolitri, un filo sotto la Francia che pure sta per archiviare un’annata davvero difficile, segnata dal caldo torrido e dall’attacco del mildiou, ovvero la peronospora, l’incubo dei viticultori che ha colpito duro i vigneti di Bordeaux anche perché – si lamenta su Le Monde un produttore – “le leggi sull’ambiente ci proibiscono di usare i pesticidi più efficaci: è come andare alla guerra con una pistola ad acqua”.

Vendemmia 2023: la sfida tra Italia e Francia sui volumi

Insomma, si parte all’insegna dell’incertezza perché occorreranno almeno 2/3 settimane (speriamo all’insegna del bel tempo) per capire come andrà a finire. Almeno sul piano dei volumi, tutto sommato quello meno importante. Perché il vero problema non sta nel produrre il prezioso succo di Bacco, ma nel venderlo a fronte di un mercato sempre più complesso. Per più motivi: frena l’aumento dei consumi in Cina, che pure vanta più vigneti dell’Italia (728 mila ettari contro 678 mila), un cliente che sembrava inesauribile; il rallentamento delle economie nella maggior parte dei Paesi consumatori accompagnato dalla maggior concorrenza du altre bevande anche per i limiti posti dal “consumo responsabile” che non distingue tra superalcoolici e un calice di prosecco. A questo si aggiunge l’aumento dei costi di produzione (+9,5%) in parte per l’inflazione, in parte per l’aumento del costo del lavoro a fronte di una manodopera sempre più introvabile. Si spiega così l’allarme dell’osservatorio Uiv Vinitaly che a fine luglio ha rilevato l’accumulo record di vino nelle cantine assieme al calo delle esportazioni verso i Paesi extra-Ue a partire dagli Stati Uniti.

Vendemmia 2023. dai problemi alle soluzioni. Il caso Masi

I problemi, insomma, non mancano. Ma la soluzione, come sempre, passa dal saper guardare al bicchiere mezzo pieno piuttosto che piangere sul barolo versato. L’importante, è la diagnosi, sta nel puntare sulla qualità del prodotto ma anche nella capacità di allargare le dimensioni dell’offerta alla conquista dei mercati disposti a pagare.

E’ quanto hanno fatto alla Masi Agricola, etichetta storica della famiglia Boscaini, che in settimana ha annunciato l’acquisto del 100% dell’Agricola Casa Re, titolare dell’azienda vinicola di Montecalvo Versiggia nell’Oltrepò Pavese, alle porte di Santa Maria della Versa. Un’operazione leggera sul piano finanziario (2 milioni di euro per i 13 ettari piantati in uve di pinot nero che circondano una villa liberty)  ma significativa sul piano strategico. Masi, quotata all’Egm di Piazza Affari, allarga la sua presenza nelle bollicine già forte per l’acquisto del Prosecco Canevel e delle partnership con Bossi Fedrigotti in Trentino e con la toscana Serego Alighieri. L’obiettivo è di allargare l’offerta a fronte di un mercato che, esaurita l’euforia post-Covid,  si è fatto più complesso.

“Registriamo un netto cambiamento  nell’attitudine della clientela, soprattutto estera, rispetto agli approvvigionamenti nel segno di una crescente prudenza e di un ritorno al ‘just in time’”, ha detto Sandro Boscaini, presidente della dinastia dell’Amarone. “Come era prevedibile, ora il trend è l’alleggerimento delle scorte per fronteggiare sia l’aumento dei tassi di interesse, sia un consumo visibilmente rallentato. Fenomeni di contesto e pertanto non controllabili, come la pressione inflattiva che pesa sulle famiglie e una certa preoccupazione generalizzata, anche per la persistenza di problematiche geopolitiche, uniti alle condizioni meteo abbastanza avverse al turismo e non solo, ci portano a essere cauti nelle aspettative per il secondo semestre”. Nonostante ciò, “non cambia la strategia: posizionamento premium, contatto sempre più diretto con il consumatore finale e omnicanalità distributiva”

E così si punta ad invertire la rotta dopo un semestre non facile. Rispetto ai conti del 2022 (fatturato di circa 75 milioni di euro e un ebitda margin del 18% circa) , Masi ha registrato nel primo semestre del 2023 ricavi netti per 33,1 milioni di euro, in diminuzione del 10,4% (-8,4% a cambi costanti), un ebitda di 5,5 milioni (8,4 milioni nello stesso periodo dello scorso anno). 

Aumentano gli M&A: sul vino puntano i gruppi del lusso e l’alta finanza

La tendenza a crescere non è un’esclusiva del gruppo veneto. Non a caso in questi anni sono aumentati gli M&A: dalle 7 operazioni del 2020 alle 22 dell’anno scorso in attesa di un nuovo record. La strada è obbligata: per gli esperti la dimensioni minima per poter competere su scala globale è di una settantina di milioni per essere preparati, strutturati e con un posizionamento visibile sul mercato internazionale. 

Di qui l’attenzione del mondo della finanza e di quello della moda in scia a Lvmh e ad Henry Pinault che da sempre fanno collezione di chateaux. Una corsa che coinvolge private equity e fondi specializzati con due protagonisti d’eccezione: Sandro Veronesi di Calzedonna che, attraverso la controllata Signorvino, ha acquisito la Giova, azienda della Valpolicella. E Renzo Rosso di Diesel assai attivo con la sua Brave Wine, dalle Langhe al 40% della siciliana Benanti. Anche troppo attivo per la vinicola Masi di cui controlla il 10%. Il cda ha deciso di rimuovere i due consiglieri in rappresentanza di Rosso per conflitto di interesse. Una lite che approderà in tribunale a dicembre. Per un bicchiere di vino, si sa, si può anche litigare (e poi far la pace).

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