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Vasari, ritrovato il Cristo portacroce ed esposto a Roma

È stato ritrovato due anni fa durante un’asta d’oltreoceano nella località di Hartford negli Stati Uniti, dove il lotto è stato presentato come dipinto da un anonimo, ma da domani 25 gennaio 2019 Il Cristo portatore di Giorgio Vasari realizzato per il banchiere e collezionista Bindo Altoviti nel 1553 sarà esposto per la prima volta al pubblico nella sede della Galleria Corsini a Roma.

Il dipinto è stato riconosciuto da Carlo Falciani, esperto studioso di pittura vasariana, a cui è stata inviata in diretta la foto del lotto all’asta americana e che lo ha riconosciuto nel quadro registrato da Vasari nel proprio libro delle Ricordanze, indicandone la data e il nome del prestigioso destinatario: “Ricordo come a dì XX di maggio 1553 Messer Bindo Altoviti ebbe un quadro di braccia uno e mezzo drentovi una figura dal mezzo in su grande, un Cristo che portava la Croce che valeva scudi quindici d’oro”, si legge nelle memorie del Vasari.

Ma l’elenco di opere d’arte ritrovate quasi per caso è copioso: una signora durante il suo viaggio di nozze ha comprato in Italia due angioletti che si è poi scoperto essere di Beato Angelico. O ancora: l’Angelo di Raffaello, dopo una storia travagliatissima iniziata nel 1789, si conclude circa due secoli dopo quando nel 1981 un tassista porta al Louvre la fotografia di una tavola, ereditata da una parente monaca in un convento del sud della Francia, che raffigura l’opera perduta del pittore italiano.

Il Cristo portacroce rappresenta uno dei vertici della produzione dell’artista aretino e uno degli ultimi dipinti realizzati a Roma – allora al servizio di papa Giulio III e della sua cerchia – prima della sua partenza per Firenze. Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, ha spiegato il rapporto tra Giorgio Vasari e il suo committente che aveva chiesto all’artista numerosi interventi, come la celebre pala dell’Immacolata Concezione della chiesa di Ognissanti a Firenze (1540-1541). Nel 1553 Vasari era a Roma ospite proprio del «cordialissimo messer Bindo», nella cui residenza romana affrescò anche la loggia con il Trionfo di Cerere, unica decorazione sopravvissuta alla distruzione del palazzo nel 1888 e dal 1929 ricollocata nel Museo di Palazzo Venezia. Si tratta delle ultime opere realizzate dal pittore a Roma, prima di tornare a Firenze per entrare al servizio dell’acerrimo nemico di Bindo Altoviti, Cosimo I de’ Medici. Soprattutto, Flaminia Gennari Sartori ha spiegato come questo evento confermi il percorso già intrapreso dalla Galleria Corsini di focalizzare la propria attenzione sul collezionismo nell’arte: “Scegliere la categoria del collezionismo significa approfondire la ricerca, le scoperte, il mercato e metterle al centro della programmazione della Galleria”.

Il dipinto, passato nel Seicento nelle collezioni Savoia, era da tempo considerato perduto. Riportata nel suo contesto, l’opera si rivela un caso esemplare per capire le pratiche di lavoro di Giorgio Vasari e i caratteri peculiari della sua fortunatissima ‘maniera’. Insieme alla mostra, è previsto un ciclo di conferenze sull’opera esposta e la figura dell’artista.

La comprensione è la vera tutela dell’arte, è conoscere e saper riconoscere le grandi opere d’arte che ci circondano, dare loro importanza lasciando che sia la bellezza ad attraversare i nostri occhi.

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