Sarà per quella cascata di capelli riccioluti che sembrano indossati come un casco protettivo, sarà per il suo carattere introverso, sarà per quella sua timidezza costituzionale che lo muove a educati sorrisi, sarà per la pacatezza del suo discorrere, ma è certo che quando ci parli, il pensiero corre immediatamente a Riccardo Cocciante e a una sua canzone “Al centro del silenzio”: “Là/al centro del silenzio/c’è una riva e un mare/ed una luce che/spande luminosa pace/ed io seduto e attento/ son fermo là/io senza età /sospeso là…”
Il Là di Cocciante, per Valentino Cassanelli, partito da Modena e approdato sulla spiaggia di Forte dei Marmi, in Versilia, otto anni fa è “Lux Lucis” (vedi Cocciante), il ristorante dell’esclusivo albergo Hotel Principe Forte dei Marmi, dove Cassanelli arrivò come responsabile del food & beverage portatovi da Carlo Cracco chiamato a curare l’apertura del nuovo ristorante dell’albergo.
Le sue qualità sono già ampiamente sperimentate da Cracco che lo ha avuto a fianco in cucina per tre anni. Tre anni fruttuosi e formativi che gli hanno aperto la mente “ad una cucina che non ha confini” e durante i quali Cracco gli ha trasmesso i concetti fondamentali della gestione di una cucina.
Una lezione così ben appresa che alla fine Cracco se ne ritorna a Milano e alle sue superesibizioni televisive e il giovane Valentino Cassanelli, a 28 anni diventa Executive Chef del ristorante dell’Albergo che la proprietà vuole lanciare come punto di riferimento della gastronomia di eccellenza della regione.
Una bella responsabilità non c’è che dire. Siamo in una Versilia dal naso all’insù, qui sono passati e passano grandi industriali, intellettuali, artisti, nomi che fanno copertina, i grandi quarti di nobiltà, dai Della Gherardesca ai Rucellai, dai Rospigliosi agli Sforza Qui è nata Paola Ruffo di Calabria, che andrà in sposa ad Alberto di Liegi e che all’abdicazione di re Baldovino diventerà Regina del .Belgio.
La strada è stata aperta da Giovanni Gentile, da Guglielmo Marconi da Thomas Mann, da Renato Fucini, da Italo Balbo, da Curzio Malaparte, e poi a seguire dagli Agnelli, che avevano a Forte dei Marmi, la bellissima Villa Costanza l’odierno Hotel Augustus; ampiamente citata da Susanna Agnelli nel suo libro autobiografico: Vestivamo alla marinara e poi ancora i Siemens, Aldous Huxley, , lo scultore Henry Moore, Luchino Visconti.
Qui c’è la Capannina, che vanta la nobiltà di essere la prima discoteca al mondo, avendo aperto nel 1929 un grammofono a manovella che invitava gli avventori alla buona musica e che ha visto alternarsi di fronte a un pubblico internazionale Gino Paoli con il suo sapore di sale e Bruno Lauzi con la sua Ritornerai, Edith Piaf e Patty Pravo, Ray Charles e Grace Jones, Gloria Gaynor e Billy Preston, Ornella Vanoni e Patty Pravo.
Insomma la scommessa del Lux Lucis è audace. Ma Cassanelli, introverso sì, ma “determinato e felice”, come si definisce lui stesso, ci si butta con impegno e con la volontà di vincere. Il suo “Là” cocciantiano trae ispirazione fra “una riva e un mare”, come una risacca sulla battigia che ora corre alla scoperta dei sapori della terra ora corre verso le infinite possibilità dei profumi marini, così come il suo percorso gastronomico che lo ha portato da Spilamberto una cittadina nella campagna fuori Modena, in piena pianura padana, terra agricola di eccellenze, alle spiagge e al mare della Versilia dove ha trovato la sua più appagante realizzazione fino alla gratificazione della stella Michelin, conquistata nel 2017, a 33 anni, e a cinque anni dal suo insediamento nel ristorante, tutta luce e vetrate, sul tetto dell’Hotel Principe .
Un percorso che per Valentino Cassanelli è stato in un certo qual senso predestinato. Provate un po’ voi, a 9 anni, a preparare – come gli è capitato – una pasta al forno di recupero con olive, mozzarella e maggiorana, da far trovare bella e pronta alla madre che ha fatto tardi sul lavoro. Lui l’ha fatto ed è piaciuta. Non c’è che dire, la cucina l’aveva nel sangue, e lo dice: “l’ho vissuta come una evoluzione naturale – ricorda oggi – ho amato la cucina fin da subito e ho affrontato il suo stile di vita facendolo mio”.
Prometteva bene fin dalla più tenera età. Già a sei anni aveva fatto luccicare gli occhi al padre, fresco di separazione e un po’ impacciato di affari domestici, che voleva – senza nessuna esperienza , di mestiere faceva il falegname – organizzare una festicciola per il suo compleanno invitando un po’ dei suoi amici. Il giovane Valentino si esercitò in una abborracciata pasta e patate, e i suoi amichetti se la mangiarono tutta.
Ma chi lo aveva segnato in gioventù era stata la nonna materna di origine bolognese che la domenica, avendo capito come il ragazzo si deliziasse fra pentole e fornelli, se lo chiamava con sé a impastare la sfoglia di pasta all’uovo e gli faceva prendere dimestichezza con tortellini, tortelloni e tagliatelle. .
Con questi precedenti finite le medie il passo predestinato e obbligato è la scuola alberghiera di Serramazzoni, in provincia di modena, istituto membro di Eurhodip, organismo internazionale che raccoglie le maggiori e più prestigiose scuole alberghiere d’Europa, con la finalità di qualificarne e certificarne la preparazione degli allievi.
Grazie a questo importante riconoscimento, gli studenti dei corsi di specializzazione e di Formazione Superiore possono conseguire un attestato che in tutti i paesi dell’Unione Europea è garanzia di preparazione professionale altamente qualificata.
E Valentino specializzatosi sia in cucina che in pasticceria può subito beneficiare di uno stage in Francia presso il prestigioso Istituto Vatel. Oramai le fondamenta sono gettate. A 17 anni se ne vola a Londra, fa la sua prima grande esperienza, nella “Locanda Locatelli”, il regno della cucina italiana stellata nella capitale inglese, “ristorante trendy e ricercato- così lo descrivono i giudici della Guida Rossa – dall’atmosfera raffinata, frequentato da personaggi famosi”.
Dopo Locatelli il passo successivo è al Nobu, uno dei luoghi più alla moda di Londra dove “l’innovativo menù mescola influenze sudamericane e cucina giapponese. Un concetto che ha generato molti imitatori in tutto il mondo”.Siamo in piena Fusion, in una dimensione di grande apertura mentale oltre gli schemi tradizionali. E con questa cultura, che Valentino assimila anzi fagocita con voracità, è il caso di dire, cala in Italia e atterra ancora una volta sul sicuro, a Milano, al ristorante di Carlo Cracco, dove resta per due anni mettendosi in vista e facendosi apprezzare. Nella sua voglia di conoscere e di conoscersi meglio passa brevi periodi anche presso altre cucine di peso come Berton, Ghezzi, Lopriore, Roncero, Munoz.
Completa così un quadro di esperienze eccellenti Esperienze che, riconosce, hanno influito molto sulla sua formazione di cuoco e anche dal punto di vista di crescita personale, specialmente quelle con Cracco e con Locatelli, esperienze che saranno la premessa della stella Michelin che gli arriverà nel 2017, così come dei 4 cappelli conferitigli da le Guide de l’Espresso, o il Best Dining Experience da Condé Nast Johanssens.
Dal 2012 prende dunque luce – il gioco di parole sta bene sia con il nome del ristorante che con la canzone di Cocciante – la sua cucina, intesa come, è il suo mantra, “Libera espressione della cucina italiana”, la libertà dell’ispirazione, di un processo creativo personale che amalgama territorio e reminescenze, sapori e profumi, innovazione e tecniche, sconfinamenti di culture gastronomiche, con la forza di un’onda che arriva e si ritrae e tutto avvolge e tutto ricrea.
Così Cassanelli irretisce i suoi clienti, coinvolgendoli in una atmosfera emozionale che è la sua, in prima battuta. Un rapporto che inizia prima di assaggiare la sua cucina con un taccuino di viaggio e una mappa che illustrano all’avventore il suo percorso per parlare prima alla ragione e poi ai sensi sicché tutto sia percepibile fino in fondo.
Cosicché emerga in tutta la sua concettualità, il significato, ad esempio, della sua Triglia al pino marittimo con alghe e mare, il suo representative dish, che racchiude l’essenza dei sentori versiliesi, i profumi della resina della pineta che occupa lo sguardo fino ai monti portando con sé tutto il significato della terra e quelli dello straordinario mare che si dispiega lì in basso davanti ai tuoi occhi, con tutte le sue storie e i suoi patrimoni.
Oppure quello degli Spaghettoni alle alici e umeboshi con acqua di burrata e caviale, uno spaccato della sua idea di tradizione e materia prima territoriale che viaggia e si contamina per poi tornare nel piatto. O ancora quello del Piccione al litchi e polpo, un esempio della intensità di terra e mare quando si fondono in un gusto nuovo, unico.
Ed è così che “fra riva e mare” l’onda culinaria di Cassianelli crea quella “luce che/spande luminosa pace”. E ritorniamo a Cocciante.