La ripresa dovrebbe arrivare a novembre, ma prima di trovare un approdo più sereno la barca italiana e quella europea devono superare la crisi delle banche spagnole che sta scuotendo i mercati. L’Italia in particolare ha ancora molto da fare, per liberare risorse, contenere la pressione fiscale e riequilibrare il rapporto deficit/pil, in primo luogo le liberalizzazioni, mettendo mano davvero alla cosa pubblica, riducendo i comuni e abolendo le province. E’ l’analisi di Giacomo Vaciago, economista tra i più famposi, docente all’Università Cattolica di Milano, grande esperto di politica monetaria.
FIRSTonline – Professore credevano di essere in salvo invece siamo di nuovo nella tempesta, perché?
Vaciago – Perché non bastano sei mesi per uscire dai guai. Già un anno fa scrivevo che il marinaio saggio, quando tira una cattiva aria, rinforza gli ormeggi. Noi invece per anni abbiamo continuato a dire di non aver problemi, che gli altri erano nei guai e noi no. Ora paghiamo il conto, perché se tira una brutta aria in Grecia e in Spagna, tira una brutta aria anche da noi, che guarda caso siamo proprio nel mezzo. In Italia non abbiamo banche sull’orlo del fallimento e non abbiamo deficit nascosto come polvere sotto al tappeto, ma abbiamo un rapporto deficit/pil al 120% e per quanto stringiamo la cinghia, se il pil non riparte, gli investitori non mettono soldi nel nostro debito. Come dar loro torto? Se uno resta senza lavoro come paga il mutuo? Non c’è qualcuno che specula, semplicemente non investono. I mercati poi sono vendicativi, hanno dato fiducia all’Europa periferica credendo che si sarebbe adeguata agli standard tedeschi e ora non ci credono più.
FIRSTonline – Il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso sostiene che la Grecia, se non rispetta gli accordi, deve uscire dall’euro. Un evento come questo potrebbe ulteriormente travolgerci?
Vaciago – No, la Grecia non rappresenta più un vero problema. Stiamo già pagando tutti per l’eventuale fallimento greco e la sua uscita dall’euro. Certo è importante che se ne vada senza sbattere la porta. Io mi chiedo addirittura perché sia entrata nell’euro, bastavano due conti a matita per capire che non ne valeva la pena. Ma quando è nato l’euro era una specie di festa e tutti volevano l’invito per partecipare. Per stare in un Club come questo però bisogna essere disposti a dare qualcosa e la Grecia che cosa ha dato? Pensava di poter accedere a tassi tedeschi, senza mai dare nulla in cambio? Poteva diventare la Florida d’Europa. ma non ha mai preso neppure questa direzione. Il nostro caso è diverso: lo scambio con la Germania è ricco come importazioni, ma anche come esportazioni. I tedeschi amano il cibo, la moda italiana e anche le nostre macchine: non a caso Audi ha comprato Lamborghini e Ducati. I tedeschi stanno facendo investimenti nel nord Italia, purtroppo non vanno invece in Puglia o in Sicilia e questo è un nostro problema.
FIRSTonline – Insomma si salva solo chi piace ai tedeschi?
Vaciago – Si salva chi insieme ai tedeschi serve i paesi emergenti. La Germania è ripartita davvero quando è diventata il primo fornitore del Bric e noi dobbiamo seguirla a ruota. Le piccole imprese italiane devono entrare in questa filiera.
FIRSTonline – La crisi bancaria spagnola è il vero problema di questi giorni?
Vaciago – Certamente. La bolla immobiliare prima e ora la crisi bancaria portano decisamente malaria anche nella nostra direzione. Zapatero si preoccupava di sposare gli omosessuali, ma, con tutto il rispetto che ho per ogni tipo di unione, le priorità erano altre. La via d’uscita per la Spagna è la nazionalizzazione, la Bad Bank. Del resto cosa hanno fatto gli americani? Non si possono far fallire le banche.
FIRSTonline – Hollande porta una ventata nuova in Europa? Magari facilita la strada di Eurobond, Golde Rule o Project Bond…
Vaciago – Se Dio vuole ci siamo liberati dell’altro, Nicolas Sarkozy, che era inginocchiato davanti ad Angela. Hollande deve ancora infilare la chiave nell’Eliseo, quando avrà preso confidenza con la casa potrà mettere il naso fuori e vedremo cosa farà. Certamente è più vicino a Monti di quanto non lo fosse Sarkozy. I tedeschi non vogliono che l’eccesso di debito degli stati diventi un debito federale, perché sarebbe come una piramide che si regge sulla punta, farebbe fatica a stare in piedi. Invece i Project Bond sono attuabili e possono servire a finanziare navi e aerei militari, favorendo la nascita di un esercito comune. Inoltre possono essere destinati a infrastrutture utili all’Europa, dalle telecomunicazioni, alla banda larga, ai porti, come quello di Trieste, fermo per dispute fra il sindaco e il presidente della provincia, come se fosse un problema del Friuli e non un’infrastruttura rilevante per tutti, Austria e Germania comprese. Un rilancio dell’economia può venire solo da una ripresa degli investimenti e, visto che noi non abbiamo soldi, i project bond mi sembrano una buona soluzione.
FIRSTonline – Già l’Italia sembra aver esaurito la spinta dell’effetto Monti. Come può trovare almeno le risorse x ridurre la tassazione su imprese e lavoro?
Vaciago – Di cose da fare ce ne sono ancora molte, sono solo vent’anni che aspettiamo la riforma del mercato del lavoro. E le liberalizzazioni? Crediamo di aver risolto qualcosa prendendocela coi tassisti e coi notai? Dobbiamo toccare le vere roccaforti, i monopoli pubblici e le strutture degli enti locali, dove i sindaci mettono questo e quello, invece di pensare ad amministrare meglio le loro città. Abbiamo ancora 8000 comuni e devono diventare mille; abbiamo 110 province e devono diventare zero. E’ chiaro il concetto? Mi aspetto da Bondi che metta davvero mano alla pubblica amministrazione. Vorrei risparmiare qualche euro l’anno prossimo e con me molti italiani che non stanno spendendo perché hanno paura. Ancora non sappiamo cosa pagheremo di Imu, è possibile vivere in questa incertezza?
FIRSTonline – Il futuro è grigio?
Vaciago – E’ incerto. La ripresa attesa a giugno è slittata di qualche mese. Io penso però che, salvo nuove catastrofi, a novembre vedremo qualche segnale positivo, ma l’agenda di cose da fare è molto fitta.