Mercoledì l’Agenzia del farmaco britannica (Mhra) ha dato il via libera al vaccino prodotto dalla casa farmaceutica AstraZeneca in collaborazione con l’Università di Oxford, che nel Regno Unito sarà somministrato a partire dal 4 gennaio. Il premier Boris Johnson ha parlato di “successo mondiale della scienza britannica”, affermando l’intenzione di vaccinare “quante più persone il più in fretta possibile”. In serata anche l’Argentina ha annunciato il disco verde alle fiale anti-Covid made in England.
La situazione è invece molto diversa nell’Ue, dove martedì l’Agenzia del farmaco europea (Ema) ha fatto sapere che probabilmente l’approvazione del vaccino AstraZeneca non arriverà nemmeno entro il mese di gennaio. La casa farmaceutica britannica ha detto di aver presentato a Bruxelles “un pacchetto di dati completo per la richiesta di autorizzazione al mercato”. L’Ema conferma che sta esaminando i materiali, ma sottolinea che servono “informazioni scientifiche addizionali sulla qualità, sicurezza ed efficacia” del farmaco per “un’autorizzazione al mercato condizionata”.
Ancora più prudenti gli Stati Uniti, dove il dottor Moncef Slaoui della task force dei vaccini americana ha annunciato che “l’approvazione in via emergenziale del vaccino di Oxford non dovrebbe arrivare prima di aprile 2021”. Washington vuole attendere i risultati di ulteriori test in corso negli Usa.
Ora, per quale motivo Londra ha approvato il vaccino di AstraZeneca così in fretta, mentre Europa e Stati Uniti prendono tempo? La Mhra garantisce che “il processo di approvazione è stato rigoroso e rispettoso dei più alti standard di qualità, sicurezza ed efficacia. Nessun passaggio è stato saltato”.
In effetti, nessuno arriva a mettere in dubbio la sicurezza del vaccino targato Oxford. Le Agenzie del farmaco Ue e Usa, però, vogliono saperne di più su efficacia e modalità d’utilizzo, anche perché finora il medicinale è stato sperimentato perlopiù sugli under 55 e meno sugli anziani. Una fonte dell’Ema ha detto all’agenzia di stampa Reuters che “bisogna ancora approfondire perché, in maniera illogica, il vaccino inglese pare più efficace (90%) con una prima mezza dose seguita da una intera, invece di due dosi piene (62%)”. Non a caso, la stessa Mhra ha deciso che, per ora, la prima modalità non sarà accettata, “in attesa di accertamenti”. Inoltre, continua la fonte, vanno ancora sondate le “12 settimane di attesa tra la prima e la seconda somministrazione” annunciate ieri dagli inglesi: “È arduo interpretare questi studi: inizialmente AstraZeneca aveva previsto quattro settimane, poi in alcuni test in UK hanno aspettato dieci, altri in Brasile 6, infine 12”.
Le possibilità sono due: o l’Mhra dispone di informazioni ancora sconosciute alle autorità europee e americane, oppur ha deciso di non attenersi agli standard, particolarmente elevati, dell’Ema e dell’Fda.