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Vaccini in azienda, che cosa prevede il protocollo

Imagoeconomica

Vaccini in azienda, si parte. Lo scorso 6 aprile è stato sottoscritto il protocollo specifico tra i ministeri del lavoro, salute, sviluppo economico, il commissario straordinario all’emergenza Covid19, l’INAIL e le parti sociali al fine di consentire una massima diffusione dei vaccini ai lavoratori, indipendentemente dalla tipologia contrattuale o dalla dimensione dell’impresa. Ma come funzionerà concretamente questa iniziativa, così importante per rendere ancora più capillare la distribuzione del siero anti-Covid, in luoghi dove si sta a contatto con altre persone e dunque il rischio di contagio è maggiore? A fare chiarezza ci ha aiutato Paolo Stern, presidente di Nexumstp, società di consulenza aziendale che assiste in tutta Italia oltre 10 mila PMI.

“La vaccinazione delle lavoratrici e dei lavoratori – spiega l’esperto – realizza il duplice obiettivo di concorrere ad accelerare e implementare a livello territoriale la capacità vaccinale anti Covid-19 e a rendere, nel contempo, più sicura la prosecuzione delle attività commerciali e produttive sull’intero territorio nazionale, accrescendo il livello di sicurezza degli ambienti di lavoro, il tutto in coerenza con il Piano strategico nazionale per la vaccinazione predisposto dal Commissario Straordinario per il contrasto dell’emergenza epidemiologica”. I datori di lavoro, di qualunque settore e dimensione, potranno attivarsi in due modalità:

1) direttamente, offrendo gli spazi aziendali dislocati nei diversi territori come punti di vaccinazione aggiuntivi e impegnandosi alla vaccinazione diretta del personale consenziente;

2) indirettamente, attraverso il ricorso a strutture sanitarie private.

Qualunque sia la scelta, per prima cosa l’impresa deve tener conto delle “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro” allegato al protocollo del 6 aprile e sulla base di questo costruire il proprio piano aziendale per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione. “Il protocollo ricorda che la vaccinazione non è obbligatoria – aggiunge Stern – e pertanto il datore di lavoro potrà solo offrire una opportunità al lavoratore che sarà libero di aderire o meno”. Dal canto suo il datore di lavoro, e i soggetti coinvolti tra cui il medico competente, saranno garantiti da responsabilità penali in caso di problemi nella somministrazione dei vaccini dallo specifico “scudo” previsto dall’art. 3 del DL44/2021.

Le spese per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, inclusi i costi per la somministrazione, sono a carico del datore di lavoro, mentre la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite, risulta a carico dei Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti. “Restano altresì a carico del datore di lavoro i tempi necessari ad ogni lavoratore per vaccinarsi; infatti se la vaccinazione viene eseguita in orario di lavoro, il tempo necessario alla medesima è equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro”, spiega il consulente legale.

Le aziende che virtuosamente si renderanno disponibili ad organizzare il piano vaccinale presso le loro sedi affronteranno comunque una serie di problemi logistici organizzativi di una certa importanza. Dovranno infatti assicurare locali idonei, attrezzature per la somministrazione, frigo per lo stoccaggio dei vaccini, registri per il controllo delle attività svolte. Tale sforzo, secondo la riflessione di Stern, dovrà essere letto come una grande operazione di welfare aziendale, la più importante che oggi un’azienda possa mettere in campo, che però potrà avere il successo sperato solo le quantità di vaccini a disposizione siano tali per coprire rapidamente l’intera forza aziendale. “Sarebbe infatti un grande problema per l’azienda un’operazione troppo dilungata nel tempo, come accadrebbe in caso di scarsità di dosi disponibili, e che non consentisse una rapida ripresa delle ordinarie attività. L’impatto di una vaccinazione aziendale a macchio di leopardo sarebbe solo fonte di discussioni e conflittualità aziendali circa i criteri con cui assegnare le precedenze”, argomenta il presidente di Nexumstp.

In alternativa alla modalità della vaccinazione diretta i datori di lavoro potranno comunque collaborare all’iniziativa di vaccinazione attraverso il ricorso a strutture sanitarie private con le quali potranno definire intese private anche per il tramite delle Associazioni di categoria di riferimento o degli enti bilaterali. In questo caso, stando al Protocollo, gli oneri saranno a carico dell’impresa, ad esclusione della fornitura dei vaccini che viene assicurata dai Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti.

In ultima istanza i datori di lavoro che non sono tenuti alla nomina del medico competente ovvero non possano fare ricorso a strutture sanitarie private, possono avvalersi delle strutture sanitarie dell’INAIL. In questo caso, trattandosi di iniziativa vaccinale pubblica, gli oneri restano a carico dell’INAIL. Ai medici competenti delle imprese che aderiranno alla campagna vaccinale è infine offerto uno specifico corso di formazione realizzato con il coinvolgimento dell’INAIL e del Ministero del Lavoro, che contribuirà alla predisposizione di materiale informativo destinato ai datori di lavoro, alle lavoratrici e ai lavoratori e alle figure della prevenzione.

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