Una società che percepisca la centralità dell’impresa e un sistema politico che valuti il peso del debito pubblico e magari avvii un nuovo corso, fatto anche di scelte impopolari. In democrazia però valgono i voti e i risultati di un Governo vanno esaminati senza fare sconti. Sul fronte europeo i toni devono abbassarsi, ma è vero che la Commissione è “burocratica e lontana dalle specificità locali”. D’altra parte “mi auguro che l’Italia resti nel sistema euro, anche per evitare che ai costi dell’entrata nella moneta unica si sommino quelli dell’uscita che potrebbero essere durissimi per il risparmio, sommando così due errori”.
Alberto Vacchi, presidente di Ima, è un grande imprenditore, ma anche un fine osservatore dei fatti economici e politici. Un uomo schivo, che non ha paura di mettersi in gioco, quando serve. “Un galantuomo” lo ha definito il presidente Vincenzo Boccia, all’indomani della sua vittoria ai vertici di Confindustria, riconoscendo allo sconfitto Alberto, che lo aveva sfidato, l’onore delle armi. E non è detto che queste doti, in un prossimo futuro, non possono servire ai piani alti di viale dell’Astronomia. All’interno dell’associazione imprenditoriale Vacchi ha già presieduto Unindustria Bologna, ha guidato la fusione con Confindustria Modena e Ferrara, è stato eletto presidente di Confindustria Emilia area centro nel 2017, per il primo biennio. Ancora più brillante è la sua carriera da imprenditore: dal ’96 è ai vertici di Ima, l’azienda di famiglia, prima come amministratore delegato e oggi anche come presidente.
In questi vent’anni ha portato Ima, già resa preziosa dal padre Marco, alla Borsa di Milano e alla massima espansione, ne ha fatto il gioiello più brillante della cosiddetta packaging valley bolognese, con ricavi consolidati 2017 di 1.444,7 milioni di euro (+10,2% rispetto al 2016) e una quota di export superiore all’88%, oltre 6mila dipendenti, 3.200 dei quali in Italia. Il gruppo, che controlla anche Gima TT, a sua volta quotata in Piazza Affari, è presente in 80 paesi, ha una rete commerciale di 29 filiali con servizi di vendita e assistenza in Italia, Francia, Svizzera, Regno Unito, Germania, Austria, Spagna, Polonia, Israele, Russia, Stati Uniti, India, Cina, Malesia, Thailandia e Brasile, uffici di rappresentanza in Europa centro-orientale e più di 50 agenzie; 45 stabilimenti di produzione tra Italia, Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, India, Malesia, Cina e Argentina.
Sulla base di queste premesse FIRSTonline ha chiesto a Vacchi un’intervista a 360 gradi, per parlare delle sue imprese, ma anche di come si fa impresa nel nostro paese e soprattutto per conoscere il suo punto di vista sull’attuale situazione economica e politica.
Presidente Vacchi, al di là della manovra di bialncio, un imprenditore come Lei che cosa vorrebbe dal nuovo Governo per l’Italia e per il suo sistema industriale?
“Si tratta di una domanda complessa, soprattutto perché siamo in una fase di forte turbolenza politica nazionale, europea e globale. Come cittadino e come imprenditore vorrei maggiore stabilità, maggiori certezze. Stiamo osservando in diretta la caduta di alcuni pilastri, anche e soprattutto nei modi di comunicare. Per l’Italia è inutile mettere la testa sotto la sabbia, il tema è il debito pubblico, costruito in un lungo percorso perverso, che porta a lavorare per pagare gli interessi. Forse per iniziare un corso nuovo ci vorrebbero scelte impopolari, che potrebbero rivelarsi anche inique per alcuni, che la politica storicamente evita di fare in Italia. Per quanto riguarda il Governo ho già espresso la mia posizione nella relazione annuale di Confindustria Emilia Centro: in democrazia valgono i voti, senza fare sconti esaminiamo i risultati. Tra le cose che mi auguro c’è che le relazioni con l’Europa ritornino a toni da relazioni internazionali istituzionali. Ma certamente confermo la critica a una Commissione Europea burocratica, lontana dalle specificità locali. Mi auguro che l’Italia resti nel sistema euro, anche per evitare che ai costi dell’entrata nella moneta unica si sommino quelli dell’uscita che potrebbero essere durissimi per il risparmio, sommando così due errori”.
Alle medie imprese come le sue serve di più la flat tax o il rinnovo dei finanziamenti a Industria 4.0?
“Alle imprese servono molte cose, serve un contesto complessivo favorevole all’impresa. Questo è fatto di interventi pubblici e di atteggiamenti privati, ad esempio una società che percepisca la centralità dell’impresa senza la quale non ci sono tasse e lavoro. Questo obbligherebbe la politica a fare molto di più. Ogni forma di riduzione del carico fiscale certo aiuterebbe a investire, per esempio in innovazione e posti di lavoro. Le misure sul 4.0, gli incentivi a produrre e acquistare macchine intelligenti hanno avuto un qualche effetto per colmare ritardi. Anche in questo caso bisogna accompagnare le misure con programmi di formazione con il mondo del lavoro per evitare di perdere posti di lavoro.
In concreto, per IMA e GIMA TT che cosa ha significato Industria 4.0?
“Noi siamo partiti in tempo con il nostro programma ricco di progetti che oggi è IMA DIGITAL. Prodotti intelligenti in fabbriche intelligenti, dunque sistemi sempre più connessi, interfacce funzionali tra macchine, meglio linee di macchine, ed operatori, sistemi di controllo remoti, ecc. Ma anche una organizzazione aziendale più efficiente. Infine la migliore utilizzazione dei dati da trattare per valutare e prevedere. Per noi saper leggere le tendenze ha un valore strategico essenziale dato che stiamo in prima linea nella competizione internazionale”.
Le sue imprese hanno un corso divergente in Borsa: IMA è sostanzialmente in linea con la media di mercato, mentre GIMA TT è molto sotto. Come si spiega questa forbice?
“Si tratta di realtà industriali diverse nella lettura degli investitori. IMA è fortemente diversificata, ha una elevata resilienza, con un forte radicamento nel farmaceutico che resta un segmento leader per le macchine da processo e da packaging. IMA riesce ancora a crescere nel packaging farmaceutico e le innovazioni nei sistemi di automazione e di applicazioni 4.0 ci daranno ulteriori soddisfazioni. GIMA TT ha raccolto l’interesse sul suo ruolo a servizio delle innovazioni nel segmento del fumo, soprattutto per i prodotti a minor impatto sulla salute. Il fatto che negli USA sia ancora in atto, non concluso il processo autorizzativo della sigaretta senza combustione PhM, ha suscitato una reazione negativa sui mercati. Si è trascurato che GIMA TT è diversificata, ha progetti innovativi con i maggiori player mondiali del mondo tabacco. Forse non lo abbiamo comunicato con forza, ma siamo molto ottimisti e siamo certi che lo sforzo per il fumo a basso impatto sia una via senza ritorno in cui GIMA TT è posizionata nelle prime file. Non oso, data la mia prudenza, pensare a cosa succederà con il processo autorizzativo positivo negli USA per i nuovi prodotti PhM, i fatti daranno ragione alle scelte IMA”.