“La rielezione di Mattarella alla Presidenza della Repubblica ha provocato non scontate conferme e profondi scossoni nel posizionamento dei partiti e nelle loro alleanze e quello che succederà nell’ultimo anno della legislatura dipenderà principalmente dagli accordi che le forze politiche troveranno sulla legge elettorale” il cui “cambiamento è ineludibile anche se non sarà il toccasana” perché all’ordine del giorno c’è il fallimento di tutta l’architettura della Seconda Repubblica. Chi parla è Beppe Vacca, filosofo della politica e intellettuale di alto rango della sinistra, già parlamentare del Pd e presidente della Fondazione Gramsci. Rivisitare con lui le rocambolesche vicende che la scorsa settimana hanno portato al Mattarella-Bis al Quirinale e alla riconferma di Mario Draghi alla guida del Governo valutandone i reali effetti politici offre spunti di riflessione raffinati e spesso inediti. Ecco il suo pensiero in questa intervista a FIRSTonline.
Dopo le elezioni presidenziali Sergio Mattarella resta al Quirinale mentre Mario Draghi resta a Palazzo Chigi: apparentemente non è cambiato nulla ma, come ha scritto sul Sole 24 Ore il politologo Roberto D’Alimonte, in realtà è cambiato molto, perché il centrodestra esce a pezzi e senza un vero leader e nel centrosinistra il Pd e i Cinque Stelle sono più lontani di prima, mentre sembra avanzare l’ipotesi di una nuova legge elettorale di tipo proporzionale: quali saranno, secondo Lei, i veri effetti politici delle elezioni presidenziali e che valutazioni suggeriscono?
«Se allineiamo l’elezione del Presidente della Repubblica alla sequela delle elezioni precedenti, credo si possa dire che rientri nella norma delle elezioni presidenziali, tranne che per la riconferma del Presidente uscente con un mandato pieno di altri sette anni. La novità è scaturita dalla mancanza di alternative nel Parlamento attuale e soprattutto dalle turbolenze internazionali che rendono il tandem Mattarella-Draghi l’asset più forte dell’Italia nel processo di riforma già avviato delle istituzioni europee e nella riconfigurazione del ruolo dell’Europa nel mutare degli assetti geopolitici globali. Sotto questi aspetti, però, mi pare che non sia cambiato nulla di sostanziale rispetto agli ultimi tre anni, dopo che la sconfitta della destra internazionale nelle elezioni europee del 2019 e la conseguente decapitazione di Salvini avevano propiziato la riconnessione dell’Italia al processo europeo».
Al di là delle vicende che investono le singole coalizioni, non crede che le elezioni presidenziali abbiano messo a nudo tutti i limiti del bipolarismo italiano e gettato le basi di nuovi e più articolati scenari politici futuri se realmente andrà in porto la riforma della legge elettorale?
«Molto invece sembra cambiare nella figura e nello spazio dei principali partiti. La possibilità di seguire in tempo reale le mosse dei leader durante le votazioni per il Presidente ha portato alla luce tutte le incongruenze del sistema politico della “seconda Repubblica” e credo abbia allargato la consapevolezza del suo logoramento. La narrazione politica della “seconda Repubblica” ci ha assuefatti a parlare di confronto fra due coalizioni. Certamente, la camicia di forza del maggioritario induce gli osservatori, il sistema informativo e gli stessi protagonisti a rappresentare la lotta politica in Italia come scontro fra due coalizioni. Ma in realtà centrosinistra e centrodestra sono solo due schieramenti, non due coalizioni. Pd e Cinquestelle possono anche allearsi per formare un governo, ma ciò non ne fa una coalizione. Questo vale ancor di più per il centrodestra, dove prevale l’eterogeneità incomponibile delle culture politiche di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Le Camere scaturite dalle elezioni del 2018, dominate dai Cinque Stelle e dalla Lega, cioè da due partiti “antisistema”, dettero il via a una legislatura che avrebbe potuto fallire subito; se ciò non è avvenuto lo si deve al Presidente Mattarella e alle forze che sono riuscite a tenere l’Italia in asse con l’UE favorendo la legittimazione europea dei Cinque Stelle. Ma la configurazione del Parlamento è rimasta sostanzialmente quella, e che cosa questo comporti per la vita politica italiana lo si è visto bene nella settimana di passione delle elezioni presidenziali. Tutto ciò rende cogente un cambio della legge elettorale, peraltro ineludibile dopo il dimezzamento delle due Camere. Nell’anno che resta a questa legislatura è possibile che si riesca a farla, ma non potrà essere un toccasana poiché all’ordine del giorno vi è ormai il fallimento delle regole e dell’architettura politica della “seconda Repubblica”. Il comportamento della Lega e dei Cinque Stelle nell’elezione di Mattarella evidenzia quanto sia profonda la frattura fra il Paese reale e le forze politiche che lo rappresentano e il modo in cui la vicenda si è conclusa rende ancora più evidente quanto sia lontana dal Paese anche la narrazione che ne fanno i media. Tuttavia si è prodotta una nuova saldatura fra “la politica” e il Paese. Senza la formazione del governo Draghi non sarebbe stato possibile e siamo ancora lontani dalla percezione di tutti i significati e le implicazioni che l’ingresso di Draghi nella vita politica italiana potrà avere».
Proviamo ad esaminare nel dettaglio lo stato dei due poli: dopo le frizioni sull’ipotetica candidatura di Silvio Berlusconi, la bocciatura di quella della Casellati e la spaccatura finale con Fratelli d’Italia sulla riconferma di Mattarella pensa che Forza Italia possa ancora collocarsi nella coalizione di centrodestra o è destinata a muoversi in autonomia verso il centro dello schieramento politico italiano?
«É difficile prevedere il futuro di Forza Italia nel caso che il cambio della legge elettorale metta fine al finto maggioritario della “seconda Repubblica”. Inoltre Forza Italia è il più longevo Partito Personale dell’Italia repubblicana, Berlusconi ha la sua età e i suoi acciacchi, e non mi pare che abbia preparato con lungimiranza la propria successione. Tuttavia la candidatura della Casellati è servita a dimostrare che l’impostazione data dal centrodestra all’elezione del Presidente della Repubblica, fondata su uno scontro frontale fatto gestire astutamente a Salvini, ha avuto ancora una volta il suo segno e a me pare che Berlusconi mirasse a fare emergere con chiarezza che il centrodestra non è un attore politico solidale ed efficiente – se mai lo è stato – e quindi il suo tempo era scaduto. In questo Berlusconi è stato lucido e ha indicato alla sua gente una strada da seguire per ricollocarsi nell’Italia che verrà».
Se le elezioni presidenziali dovevano cementare il progetto di alleanza tra Pd e Cinque Stelle, le vicende di questi giorni hanno invece allontanato le due forze politiche che si sono nettamente divise sul futuro di Mario Draghi e hanno evidenziato tutta l’ambiguità dell’ex premier Giuseppe Conte che ha giocato più volte di sponda con Salvini anziché con Letta, che si è invece ritrovato più vicino al leader di Italia Viva, Matteo Renzi, anziché al presidente dei Cinque Stelle, un tempo considerato dal Pd “il punto di riferimento del progressismo italiano”. Tutto questo che effetti potrà avere sullo schieramento di centrosinistra?
«La rielezione di Mattarella ha provocato non scontate conferme e profondi scossoni nel posizionamento dei partiti e nelle loro alleanze. Quello che succederà nell’ultimo anno della legislatura dipenderà principalmente dagli accordi che le forze politiche troveranno sulla legge elettorale. Immagino che questo tema farà da catalizzatore delle lotte di fazione interne a tutti i partiti ma soprattutto alla Lega, a Forza Italia e ai Cinque Stelle, che mi sembrano i più colpiti dalla crisi della “seconda Repubblica”».
Dopo una performance economica spettacolare nel 2021 con una crescita del Pil che non si vedeva dal 1976, la conferma della coppia Mattarella-Draghi al vertice dello Stato risentirà delle turbolenze dell’ultimo anno di legislatura o darà al Governo la forza per spingere l’Italia a non sprecare l’occasione unica che – con i fondi europei del Next Generation Eu e con il programma di riforme concordato con la Ue – ha davanti a sé non solo per modernizzare il Paese ma per porre le basi di una crescita economica duratura e più equa?
«Il disfacimento dei Cinque Stelle e il riposizionamento della Lega saranno influenzati anche dalla ridefinizione degli equilibri europei e geopolitici globali, che presumibilmente subiranno nuove e più acute tensioni nel corso di quest’anno. Ciò si ripercuoterà sul governo Draghi e potrebbe anche provocarne la crisi. Ma non credo che la formula politica su cui si regge e le emergenze da cui è nato potranno essere ignorate. Penso che il tandem Mattarella-Draghi consentirà al governo di affrontare le scadenze del PNRR e di durare almeno fino a quando non sarà trovato un accordo sulla nuova legge elettorale. D’altro canto non mi pare che vi siano interessi dell’UE o delle Grandi Potenze a gettare l’Italia nel caos. Il governo Draghi è ormai un governo di fine legislatura e come tale dovrebbe riuscire ad assolvere i suoi compiti essenziali».
Il mediocre spettacolo e la crisi di leadership mostrata dalle forze politiche nelle elezioni presidenziali – sia pure con meriti e demeriti nettamente diversi – fa ritenere ad alcuni osservatori che cresca la spinta a far eleggere il Capo dello Stato dal popolo anziché dal Parlamento come avviene in Francia: Lei che ne pensa? Può essere un obiettivo per la prossima legislatura all’interno di una coerente riforma istituzionale e costituzionale?
«Sarebbe la risposta preconfezionata coerente con le inclinazioni di quelle parti della destra che si riconoscono nel programma di Giorgia Meloni. Ma quello che oggi sembra conferire una presunta attualità al Presidenzialismo è la disarticolazione della Repubblica “una e indivisibile” in una ventina di “governatorati” regionali che, grazie alla combinazione perversa fra la riforma del titolo V della Costituzione e il Tatarellum, ha riportato l’Italia alla foggia arlecchinesca che aveva prima dello Stato unitario. Data la gravità della frammentazione nazionale e il radicamento dei “governatorati” nel comune sentire tornato prepotentemente al municipalismo, non è facile frenare la deriva politica dell’Italia e invertire la rotta. Si pone quindi l’esigenza di ridare un centro al Paese e forza adeguata ai governi nazionali per consentire all’Italia di affrontare con coraggio le sfide globali e la competizione internazionale. Come lei suggerisce, tutto ciò non potrà rientrare nell’agenda politica di fine legislatura e dovrebbe riguardare la prossima. É possibile che la profondità della crisi della rappresentanza politica costringa questo Parlamento a riscrivere la legge elettorale in senso proporzionale; ma perché la prossima legislatura non fallisca ancora una volta l’obbiettivo delle riforme costituzionali, consiglierei di prevedere, insieme all’elezione del nuovo Parlamento, l’elezione di una Commissione Costituente con un mandato limitato alla revisione della seconda parte della Costituzione e un termine di non più di due anni per concludere i suoi lavori. L’uniformità del metodo di elezione del Parlamento e della Commissione potrebbe consentire di evitare il referendum confermativo delle riforme costituzionali che, come abbiamo già visto, dà occasione a sconsiderate manipolazioni demagogiche dei cittadini».
Infine il piano internazionale: agli occhi delle Cancellerie dei maggiori Paesi la riconferma di una coppia dichiaratamente europeista e filo-atlantica, come quella formata da Mattarella e Draghi, oltre ad essere un motivo di sollievo al di qua e al di là dell’Atlantico, darà più forza all’Italia nel momento in cui si avvicinano scadenze importanti come la riforma dei trattati e del Patto di stabilità europeo?
«A me pare che la conclusione della elezione presidenziale abbia dimostrato tutta la forza della politica. Si può sperare, quindi, che il nuovo settennato di Mattarella e la caratura internazionale di Draghi favoriscano azioni affermative dell’Italia nel riformare i Trattati europei e il Patto di stabilità nella linea già emersa con il Recovery Plan, a cui fornisce nuova linfa e dà più ampio respiro il discorso di insediamento del presidente Mattarella».