E’ scattato alla mezzanotte ora di Washington (le 6 in Italia) il temuto ‘shutdown’, ovvero la chiusura di tutte le attività non essenziali degli uffici amministrativi federali negli Stati Uniti, in seguito al voto al Senato contro il provvedimento per finanziare il bilancio di governo. In una corsa contro il tempo si sono tentati negoziati in aula che non hanno tuttavia portato ad alcun accordo prima della scadenza fissata.
La Casa Bianca, nella prima reazione allo shutdown, punta il dito contro i democratici. La portavoce Sarah Sanders in un comunicato sottolinea: “Non negozieremo lo status di cittadini illegali mentre (i democratici) tengono i nostri cittadini ostaggio di richieste incoscienti”. E continua: “Questo e’ comportamento da ostruzionisti, non da legislatori”. I democratici infatti avevano posto come condizione per l”approvazione la conferma delle tutele per i dreamers, i giovani immigrati portati negli Stati Unti da piccoli da genitori clandestini.
A un anno dal suo insediamento, Donald Trump “festeggia” dunque nel peggiore dei modi la ricorrenza. Era dal 2013 che questo non accadeva, quando durò 16 giorni e 850.000 dipendenti pubblici rimasero, temporaneamente, senza stipendio. Lo shutdown prevede infatti la messa in congedo forzato dei dipendenti pubblici a partire da quelli meno essenziali come ad esempio quelli che lavorano negli uffici per il rilascio dei passaporti. I militari, considerati essenziali, restano in servizio durante lo shutdown ma non vengono pagati, anche se impegnati in operazioni di guerra. I parlamentari continuano invece a ricevere lo stipendio.