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Usa, licenziamenti a go go: davvero l’hi-tech ha fatto crac? Gli effetti della IA sui settori d’élite

Il 40% degli americani è stato licenziato almeno una volta negli anni più recenti. E in oltre la metà dei casi, si tratta di lavoratori attivi nel settore hi-tech. Le stime: ecco cosa accadrà entro il 2030

Usa, licenziamenti a go go: davvero l’hi-tech ha fatto crac? Gli effetti della IA sui settori d’élite

Per chi esulta ad ogni minimo aumento dell’occupazione Usa, un dato: il 40% degli americani è stato licenziato almeno una volta negli anni più recenti. La botta peggiore nel 2022: i licenziati avevano raggiunto la cifra record di 15,4 milioni. E cioè: un conto è il dato dell’occupazione (in buona parte caratterizzata da salari bassi e bassissimi), altro è quello di chi perde il lavoro. E ancora, un conto è la creazione di posti di lavoro, altro è il numero degli occupati perché, come accade da anni in Nord America, un americano spesso deve avere due lavori per permettersi uno stile di vita sopportabile.

Ma il dato ancor più sorprendente è che per più della metà dei licenziati si tratta di lavoratori del settore tecnologia. Mai accaduto prima. Perché – avvisano coralmente manager, politici, studiosi – insieme all’inflazione e alla crisi, cominciano a sentirsi gli effetti dell’Intelligenza artificiale. Solo attenuati peraltro dal più importante programma americano di investimenti in R&D del dopoguerra, il Chips and Science Act del governo Biden che con circa 53 miliardi di dollari ha messo in moto investimenti – annunciati o già in atto – da parte dei privati per un valore di 400 miliardi con 110mila previsioni di posti di lavoro. L’ondata delle ristrutturazioni e dell’automazione però è molto più forte.

L’hi-tech ha fatto crac

La complessità del mondo del lavoro è tale, oggi, che diventa insufficiente e anche distorsivo commentare un solo dato senza approfondire le altre voci, spesso più indicative della realtà. Lo ammettono ormai da almeno due anni i maggiori esperti americani, un tempo i più restii a considerare in profondità quei dati “sensibili”, abbacinati solo dall’andamento della disoccupazione. E come sottolinea Gregg Jantz, fondatore del centro di consulenza “A Place of Hope” e autore del best-seller The Anxiety Reset, il Paese si sta avvicinando ad una “grave crisi di salute mentale”. Come hanno ripetutamente scritto Forbes, Reuters, Bloomberg e Wsj (solo per citare i media più conosciuti), sono due anni che l’industria tecnologica, motore solitamente inarrestabile della creazione quasi bulimica di posti di lavoro, licenzia, con un ritmo impressionante, tecnici, quadri intermedi e ricercatori.

Entro il 2030 ecco quanti perderanno il lavoro (e dove)

E poiché i numeri non mentono, ecco che cosa in realtà è accaduto sia nell’industria manifatturiera americana, sia in quella più colpita, l’hi-tech, a seguito in gran parte dell’automazione e della IA. Solo negli ultimi due anni è stato licenziato il 28 per cento dei lavoratori. Entro il 2030 saranno 20 milioni a perdere il lavoro nel settore manifatturiero e più della metà proprio nell’hi-tech, con un potenziale distruttivo di posti di lavoro in tutti i settori dell’economia Usa di 73 milioni di addetti, equivalente ad uno sbalorditivo 46 per cento dell’attuale numero di lavoratori. E l’Intelligenza artificiale diventerebbe ed è già diventata – per unanime parere – la prima causa di questo tsunami. Questo significa, scrive Forbes, che la maggior parte dei licenziamenti proviene sorprendentemente proprio dai settori privilegiati, dove la piena occupazione era sostenuta dall’immigrazione di élite e da una ricerca di personale da uno Stato a un altro con una gara di incentivi, regali, benefit.

Crisi strutturale o no?

Dal 2022, annus horribilis per l’occupazione dopo il boom del Covid, gli esperti davano per certo un periodo di ripresa forte e perdurante. E invece i licenziamenti hanno registrato nel 2023 il picco più alto per poi continuare in gran parte nell’hi-tech e manufatturiero, con numeri in aumento. Che invece l’indice di occupazione abbia registrato variazioni positive – comunque deboli – non indica affatto come è stato rilevato, che vi siano stati effetti positivi sull’hi-tech. Ad agosto, secondo Reuters, i datori di lavoro statunitensi hanno annunciato il maggior numero di licenziamenti in cinque mesi, trainati dai tagli nel settore tecnologico, in un contesto di prospettive poco rosee.

“Oltre la metà degli annunci di tagli di agosto hanno riguardato il settore tecnologico, per un totale di 39.563, in forte aumento rispetto ai circa 6.000 di luglio e il numero più alto da gennaio 2023. Il settore sanitario ha avuto il secondo più grande numero di licenziamenti annunciati, con 6.158 tagli”. I dati riportati provengono da fonti ufficiali e in particolare dalla società di outplacement più consultata, la Challenger, Grau&Christmas. E pur essendo il totale su base annua in calo rispetto al 2023 (l’anno record per i tagli), è l’hi-tech che invece mantiene un trend preoccupante. Le aziende stanno anche implementando investimenti in robotica e automazione oltre all’Intelligenza artificiale. Inoltre, si sottolinea da parte della società, le aziende potrebbero mascherare i tagli associati all’IA sotto altre etichette. Per attenuare l’immagine poco lusinghiera dell’IA, le strapagate società di consulenza delle multinazionali del digitale si affannano a pronosticare un futuro ricchissimo di prospettive. “I settori della vendita al dettaglio e delle comunicazioni stanno attraversando enormi aggiornamenti tecnologici”, dichiara Cliff Jurkiewicz, vicepresidente della strategia globale di Phenom, un’azienda di tecnologia delle risorse umane. L’Intelligenza artificiale sta guidando l’espansione nella tecnologia. Come le tecnologie dirompenti prima di essa, l’IA sta creando nuovi ruoli e nuovi requisiti di competenze per i ruoli esistenti”. Ma due sostanziali dati di fatto smentiscono l’ottimismo.

Le promesse dell’Intelligenza artificiale

Il primo è l’estrema vaghezza di queste promesse poiché non si capisce quali settori di competenze siano al riparo o quali nuovi ruoli saranno disponibili. Molti esperti interni alle aziende, in privato e chiedendo l’anonimato assoluto, dichiarano che si tratta di promesse che vogliono mascherare la realtà e dilazionare i problemi. Nel 2023 quando, per esempio, sono scomparsi 240.000 posti di lavoro nel settore tecnologico, le grandi aziende tecnologiche davano la colpa all’incertezza economica, alla necessità di ristrutturarsi dopo l’impennata delle assunzioni durante la pandemia. Mai alla IA. Ma la preoccupante tendenza tecnologica è continuata nel 2024 proprio grazie all’automazione e alla IA. Il secondo dato di fatto ben più preoccupante è la reazione compatta a livello mondiale del mondo finanziario. Nella scorsa settimana i fondi azionari statunitensi hanno registrato nel settore tecnologico circa 879 milioni di dollari di vendite nette, il più grande deflusso settimanale in sei settimane, un segno non positivo di un calo di fiducia.

Preoccupazioni anche in Europa

Un recente rapporto di Alix Partners ha intervistato circa 350 dirigenti del settore tecnologico in Nord America, Europa, Medio Oriente e Africa ha dato risultati molto simili. Il 25% dei leader tecnologici statunitensi ha dichiarato di prevedere licenziamenti per il 2025, mentre un 37% ha espresso incertezza sulla necessità di ridurre la forza lavoro. Per quanto riguarda l’area Emea, il 28% dei manager delle aziende tecnologiche prevede licenziamenti e dichiarano una grande incertezza. Con un commento comune: poiché gli investimenti in IA continueranno ad aumentare, dobbiamo aspettarci ulteriori tagli per finanziarli. Quali sono i lavori meno probabili a essere influenzati dall’IA? Quelli radicati nell’empatia umana e nelle capacità fisiche, come l’assistenza sanitaria, i mestieri qualificati, l’istruzione e le professioni creative.

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