Il debito nazionale degli Stati Uniti torna al centro delle osservazioni internazionali, per la sua dinamica, per le dimensioni raggiunte e per le imminenti scadenze. Il Dipartimento del Tesoro Usa ha reso noto che il debito a stelle e strisce ha superato per la prima volta i 34.000 miliardi di dollari, con un’impennata di 1.000 miliardi negli ultimi tre mesi e di 2.600 miliardi in un anno. Alla base della rapida crescita del debito vi sono la pandemia che, per rimettere in moto l’economia, ha richiesto ingenti prestiti e l’impennata dell’inflazione che ha spinto al rialzo i tassi di interesse e reso più costoso per il governo onorare i propri debiti.
L’economia Usa resta solida
La maggior parte degli osservatori spazza via ogni dubbio circa la solitidità e la sostenibilità del debito federale: non si tratta di un problema per l’economia, che si dimostra sempre solida, ma, certo sarà un tema, insieme ai tagli di spesa e alle riforme fiscali, su molti tavoli nelle prossime settimane anche in vista delle elezioni americane a novembre.
In agosto Fitch Ratings ha declassato il rating di credito del paese da “AAA” a “AA+”, per “il costante deterioramento degli standard di governance, anche in materia fiscale e di debito”. Ma nonostante il declassamento il rating resta comunque in quell’area A di tutta sicurezza.
La presenza degli investitori internazionali: Giappone in testa
Il tema del debito Usa non è solo interno ma coinvolge anche la platea internazionae degli investitori visto che fette di debito Usa sono sparse in ogni dove nel mondo. La prima cifra che salta all’occhio è quell’80% in mano al pubblico (il restante è inter-agenzie) e quasi 8.000 miliardi, il 30%, è nelle tasche di investitori internazionali. In particolare, più della metà è in mano a governi: in testa è il Giappone con 1.100 miliardi, seguito dalla Cina con oltre 800 e poi da alleati europei quali Gran Bretagna, Belgio e Lussemburgo.
Le prossime scadenze: entro marzo 1.000 miliardi di bond
A metà novembre, mentre già si parlava di tetto del debito, era stato raggiunto un accordo temporaneo in Congresso sul budget 2024 per evitare lo shutdown con il quale sono stati ha estesi i finanziamenti al governo, a seconda dei ministeri, solo fino al 19 gennaio e al 2 febbraio.
Guardando avanti, la montagna del debito è destinata a innalzarsi ancora: il Tesoro Usa ha in programma di emettere titoli per 1.000 miliardi entro fine marzo prossimo e il debito potrebbe valicare i 35.000 miliardi entro le elezioni di novembre. Alcuni osservatori prevedono una crescita di 2.000 miliardi l’anno, se non verranno presi provvedimenti. Secondo la stima trentennale del Congressional Budget Office il debito pubblico sarà pari alla cifra record del 181% del Pil entro il 2053.
Quel che è certo è che anche il debito Usa è stato gravato dal recente aumento dei tassi ufficiali per frenare l’inflazione. Il loro costo netto del debito è lievitato del 39% nello scorso anno fiscale e raddoppiato dal 2020. Dovrebbero balzare a 1.400 miliardi entro dieci anni, il triplo del 2022. Mentre restano i temi di fondo: sostegno delle pensioni e della sanità, ma anche delle guerre.
Tensioni tra democratici e repubblicani
Il crescente debito è stato ripetutamente fonte di tensione nelle recenti battaglie sui finanziamenti pubblici tra democratici e repubblicani. Da una parte i repubblicani accusano il presidente Joe Biden e i democratici di eccessiva spesa pubblica puntando il dito ai programmi sociali e transizione energetica in particolare. La Casa Bianca risponde che le spese attuali sono una conseguenza degli sconti fiscali voluti dal partito conservatore americano sotto George W. Bush e Donald Trump, che ad oggi avrebbero aggiunto 10.000 miliardi alla montagna dell’indebitamento. Biden rivendica piani per ridurre i futuri deficit di 2.500 miliardi con eliminazione di sprechi e imposte su grandi aziende e redditi alti.
L’impegno militare
Gli impegni militari continuano ad essere una voce importante per le finanze pubbliche americane, avvicinandosi ai 1.000 miliardi di dollari l’anno e anche oltrepassandoli se si aggiungono gli stanziamenti straordinari. Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina Washington ha già stanziato oltre 75 miliardi in aiuti militari e civili, somma che sale a circa 113 miliardi se si calcolano anche le forniture alle nazioni alleate vicine al conflitto. Ora la Casa Bianca ha chiesto altri 61 miliardi, parte di un pacchetto straordinario da 110 miliardi che comprende fondi per Israele e l’emergenza migranti al confine meridionale statunitense. Richiesta al momento ferma in Parlamento per l’opposizione dei repubblicani che ritengono eccessivo il sostegno a Kiev e in generale ai conflitti globali.