Negli Usa è il giorno dei grandi elettori. Oggi, lunedì 14 dicembre, il Collegio elettorale formato da 538 grandi elettori distribuiti tra i 50 Stati americani e il District of Columbia si riunirà nelle rispettive sedi statali per eleggere ufficialmente il nuovo presidente degli Stati Uniti. Un passaggio squisitamente formale attraverso il quale Joe Biden e la sua vice Kamala Harris tra poco più di un mese potranno entrare alla Casa Bianca.
Negli anni passati, il voto dei grandi elettori sarebbe stata una notizia secondaria perché il collegio elettorale non fa altro che confermare il risultato ottenuto dai candidati all’election day che quest’anno significa conferire 306 voti a Biden e 232 a Donald Trump. Queste elezioni però hanno rappresentato e continuano a rappresentare un unicum nella storia degli Stati Uniti a causa dell’offensiva legale e mediatica lanciata dall’attuale presidente per cercare di contrastare il risultato del voto popolare con accuse di truffe e brogli mai provati né dimostrati concretamente.
Prima di capire cosa succederà oggi, facciamo un breve passo indietro.
GRANDI ELETTORI: CHI SONO E COSA FANNO
Com’è ormai noto, gli americani non eleggono direttamente il Presidente degli Stati Uniti, ma secondo il sistema elettorale Usa, scelgono 538 grandi elettori, che a loro volta votano il nuovo inquilino della Casa Bianca. A diventare presidente è il candidato che ottiene almeno 270 voti dai grandi elettori. Ogni Stato esprime un numero diverso di grandi elettori che varia in base alla popolazione. Gli Stati più grandi, come la California e il Texas, hanno per esempio 55 e 38 grandi elettori ciascuno. Il Wyoming, che ha 600mila abitanti, ne ha solo 3.
I grandi elettori vengono scelti mesi prima delle elezioni dai due candidati. Possono essere Parlamentari statali, finanziatori, leader politici locali. Quest’anno, per fare un esempio, tra le fila dei grandi elettori di Joe Biden figurano Bill e Hillary Clinton, che votano nello Stato di New York, tra quelle di Trump c’è la governatrice del South Dakota Kristi Noem, che molti danno in corsa come candidata repubblicana nel 2024.
Si tratta dunque di figure fidate e fedeli che quasi sempre votano per il candidato che hanno promesso di sostenere. In realtà è tecnicamente possibile che i grandi elettori, una volta riuniti, votino per un candidato diverso – vengono definiti “faithless electors” – e in passato è già successo che qualcuno (pochi) lo abbia fatto. Ma non è mai accaduto che questi elettori infedeli o sleali abbiano modificato il risultato del voto popolare. Sulla questione c’è anche una sentenza della Corte Suprema che nel luglio del 2020, ha stabilito che “il testo della Costituzione e la storia della nostra nazione permettono a uno Stato di esigere che i suoi grandi elettori rispettino il candidato del partito e la scelta dell’elettorato per la presidenza”.
Passando dalla teoria alla pratica: oggi Joe Biden dovrebbe ottenere 306 voti da parte di altrettanti grandi elettori, Donald Trump, suo malgrado, si accontenterà di 232 voti. Da sottolineare che, nonostante le polemiche e le recriminazioni, il distacco delle ultime elezioni è identico a quello delle elezioni del 2016, ma Biden ha ottenuto molti più voti rispetto a quanti ne abbia avuti Trump quattro anni prima. Il presidente eletto ha infatti registrato un record storico superando quota 81 milioni di voti (contro gli oltre 74 milioni del candidato repubblicano). Nel 2016 Trump ebbe invece quasi 63 milioni di voti contro i 65,8 milioni di Clinton.
LE MOSSE DI TRUMP
Nonostante i giochi siano ormai fatti, Donald Trump continua a non rassegnarsi. “I voti non possono essere certificati, questa elezione è contestata”, ha twittato Trump poche ore fa.
“Gli Stati chiave che hanno trovato enormi quantità di voti illegali, praticamente tutti” gli Stati decisivi “non possono certificare questi voti come completi e corretti senza commettere un grave reato. Tutti sanno che persone morte, persone sotto il limite di età, immigrati irregolari, persone con firme false, detenuti e tanti altri hanno votato illegalmente”, ha continuato il presidente uscente. Parole che, se fossero accompagnate da prove certe, sarebbero gravissime. Peccato che in tutti i ricorsi presentati nell’ultimo mese, i giudici non abbiano trovato un solo motivo per dargli ragione. Le accuse di Trump sono state già respinte o archiviate da ben sei Stati diversi e tutti, eccezion fatta per il Wisconsin, hanno già certificato i loro risultati elettorali.
La settimana scorsa, la Corte Suprema degli Stati Uniti (che ha sei giudici di nomina repubblicana e tre di nomina democratica) ha respinto anche il ricorso presentato dal procuratore generale del Texas che chiedeva di invalidare i risultati elettorali di altri quattro Stati (Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin) per presunte irregolarità. “La materia non rientra nei compiti assegnati alla Corte dalla Costituzione”, hanno osservato i giudici, sottolineando come “il Texas non abbia un riconosciuto interesse giudiziario a contestare le norme di altri Stati nella materia elettorale”.
Nonostante i proclami di Trump, dunque, il risultato delle elezioni è ormai certo.
COSA SUCCEDE DOPO IL VOTO DEI GRANDI ELETTORI?
Dopo il voto dei grandi elettori, i risultati saranno inviati al presidente del Senato, cioè l’attuale vice presidente degli Stati Uniti Mike Pence. Spetterà al Senato, il prossimo 6 gennaio, il compito di certificare definitivamente il risultato delle elezioni, nominando ufficialmente il nuovo presidente degli Stati Uniti.
A quel punto, passeranno altri 14 giorni tra la proclamazione e l’insendiamento di Joe Biden e Kamala Harris alla Casa Bianca. L’Inauguration Day è stato fissato per il 20 gennaio 2021. Biden inizierà il suo mandato presidenziale con la cerimonia del giuramento a Capitol Hill, sede del Congresso americano. Solitamente questa cerimonia si tiene alla presenza degli ex presidenti, ma Donald Trump – che non ha ancora riconosciuto la sconfitta e che con ogni probabilità non lo farà mai – potrebbe non esserci. Secondo le indiscrezioni riportate dai giornali americani, Trump potrebbe addirittura avere in programma l’ultimo “smacco presidenziale”. Nella stessa data e alla stessa ora in cui è prevista la cerimonia d’insediamento di Biden, il presidente uscente potrebbe indire una conferenza stampa per annunciare la sua candidatura alle presidenziali del 2024.