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Usa, è battaglia sullo Ius soli. Giudice federale blocca ordine esecutivo di Trump: “È incostituzionale”

Pixabay

È ufficialmente iniziata la battaglia su uno degli ordini esecutivi più controversi firmati da Donald Trump subito dopo il suo insediamento, quello sullo Ius soli. Un giudice federale di Seattle, John Coughenour, ha infatti sospeso in via temporanea il provvedimento di revoca firmato dal neo presidente il 20 gennaio.

Il diritto di cittadinanza per chi nasce negli Stati Uniti è sancito dalla Costituzione e dunque per il giudice “l’ordine esecutivo è chiaramente incostituzionale”, ha affermato nel corso di un’udienza. Trump ha già annunciato che la sua amministrazione “farà ovviamente ricorso contro questa decisione”. È dunque probabile che il caso arriverà fino alla Corte Suprema, di stampo marcatamente repubblicano.

Lo Ius soli negli Usa e l’ordine esecutivo di Trump

Lo ius soli, ovvero il diritto per chi nasce sul suolo americano di ottenere la cittadinanza Usa, è garantito dal quattordicesimo emendamento della Costituzione. 

Ad oggi, la cittadinanza di bambini nati negli Usa si ottiene in due fasi: in prima battuta attraverso l’emissione del certificato di nascita che conferma a livello statale dove e quando il bambino è nato ma non include informazioni sullo stato di immigrazione dei genitori. Poi, nel momento in cui i genitori chiedono il passaporto, il certificato di nascita garantisce la cittadinanza necessaria per l’emissione del documento.

Lo scorso 10 gennaio, lo stesso giorno in cui si è insediato alla Casa Bianca, ha firmato un ordine esecutivo che revoca lo Ius soli allo scopo di precludere la nazionalità per nascita non solo ai figli di irregolari, ma anche a quelli di madre con permesso temporaneo a meno che il padre non sia un cittadino o residente permanente (con green card, per intenderci). La linea di Trump è chiara: la cittadinanza non va concessa ai figli di “chi non ha diritto di stare in America”.

La decisione del giudice di Seattle

L’ordine esecutivo è stato seguito da una pioggia di ricorsi presentati da 22 Stati Usa e due città. L’udienza di Seattle riguardava un ricorso presentato da quattro Stati Washington, Arizona, Oregon e Illinois, secondo i quali il decreto priverebbe della cittadinanza 150mila neonati ogni anno e renderebbe molti di loro apolidi.

Dopo aver ascoltato le tesi dei rispettivi procuratori generali, il giudice Coughenour (nominato nel 1981 da Ronald Reagan, presidente repubblicano) ha definito l’ordine esecutivo emanato da Trump “chiaramente incostituzionale”, bloccandolo in via temporanea.

Cosa succede adesso 

Una causa federale separata, presentata da altri 18 Stati e due città, è ora sotto processo in Massachusetts.

Trump, in ogni caso, non ha intenzione di darsi per vinto e ha già annunciato ricorso. Anche perché, già quattro giorni fa, al momento di firmare l’ordine esecutivo il presidente aveva ammesso di aspettarsi delle contestazioni in tribunale, definendo il principio dello Ius soli è “ridicolo” e sostenendo che gli Stati Uniti sono l’unico paese al mondo a concedere la cittadinanza per nascita sul proprio territorio. Cosa non vera, dato che lo ius soli c’è anche in molti altri Stati, come Canada, Messico e Francia.

Il dipartimento della giustizia ha assicurato che il decreto del “interpreta correttamente il quattordicesimo emendamento”, quello che regola il diritto alla cittadinanza. A dirimere la controversia, con ogni probabilità, sarà dunque la Corte Suprema.

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