“Gli Stati Uniti hanno imposto dazi per 34 miliardi di dollari sull’import cinese con una mossa da “bullismo commerciale” che ha dato il via alla più grande guerra commerciale nella storia economica“. Con queste parole, il ministro al Commercio cinese ha commentato l’entrata in vigore negli Stati Uniti delle nuove tariffe al 25% sull’import di 818 beni distribuiti in settori chiave dell’economia di Pechino: auto, apparecchiature mediche, aerospazio e information technology.
Solo un assaggio di ciò che potrebbe accadere da qui a fine anno nell’ambito di una battaglia che la Casa Bianca sembra decisa a portare avanti in maniera caparbia e ostinata. Una “lotta all’ultimo scambio” che non risparmia nessuno, nemmeno gli alleati di sempre (e cioè l’Europa) e che minaccia di far deflagrare il più duro conflitto commerciale dai tempi della Grande Depressione in nome del protezionismo e dell’America First.
Nel dettaglio, alle 00.01 di Washington – le 6.00 in Italia – sono scattate misure per 34 miliardi di dollari nell’ambito di un’azione preliminare che prevede complessivamente dazi per 50 miliardi. Il cronoprogramma negli Usa sembra essere già bell’e pronto: ad agosto arriverà la seconda tranche di dazi già previsti e approvati su 16 miliardi di dollari di prodotti cinese, in autunno poi prenderà il via la grande escalation con sanzioni per ulteriori 200 miliardi di dollari.
Nello stesso frangente, la Cina però mostra i muscoli e fa sapere di essere intenzionata a rispondere colpo su colpo, dazi contro dazi, protezionismo contro protezionismo. Sono infatti già entrate in vigore contromisure per 34 miliardi – la stessa cifra prevista dalla Casa Bianca – su 545 prodotti made in Usa tra cui soia, carne, whiskey e altri alcolici e Suv. Da Pechino precisano che, anche nel caso in cui dovessero scattare tutti i dazi previsti dal piano preliminare da 50 miliardi, i provvedimenti voluti da Donald Trump avrebbero degli effetti “limitati”, pari a un -0,2% sul Pil del Paese. Diverso il discorso se il Presidente Usa decidesse di portare avanti anche le altre promesse in nome della difesa della “sicurezza nazionale” e della protezione della proprietà intellettuale.
Trump ha infatti già paventato l’ipotesi di imporre tariffe del 10% sull’import dalla Cina per altri 500 miliardi. Cifre astronomiche che equivalgono all’intero valore del made in China che annualmente varca i confini degli Stati Uniti.
Dall’Air Force One, mentre era in viaggio verso il Montana, l’inquilino della Casa Bianca si è rivolto direttamente ai giornalisti, spiegando loro che dovranno tener conto dell’intero ammontare delle sanzioni previste dal suo piano: prima “34 miliardi e dopo ci sono altri 16 miliardi in due settimane – avrebbe affermato Trump – e poi, come sapete, altri 200 miliardi in sospeso e dopo ancora altri 300 miliardi in sospeso. Ok? Quindi abbiamo 50 più 200 più quasi 300, ok? E questo è solo sulla Cina“, ha riassunto il presidente.
Parole che suonano più come una minaccia diretta a Pechino (e indiretta all’Europa) che come una semplice “spiegazione” ai media e che – sembra ormai scontato – scateneranno una reazione degli avversati e degli ormai forse ex alleati. La guerra commerciale è servita.