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Usa: chiusi Megaupload e Megavideo, è il tramonto dello streaming

Il Dipartimento di Giustizia statunitense ha ordinato la chiusura di Megaupload.com. Il sito web di condivisione file controlla anche Megavideo, vero totem per gli appassionati dello streaming, e vanta almeno 45 milioni di visitatori l’anno.

L’accusa è pesante: “Pirateria informatica massiccia su scala globale”, la cui attività ha generato oltre 175 milioni di dollari di guadagni illeciti, provocando circa 500 milioni di dollari di danni ai proprietari delle opere protette. Il principale responsabile, Kim “Dotcom” Schmitz, rischia fino a 50 anni di reclusione. La denuncia era stata presentata il 5 gennaio ed aveva individuato in Schmitz, cittadino tedesco con residenza ad Hong-Kong e in Nuova Zelanda, come unico proprietario della Vestor Limited, azienda utilizzata per gestire tutte le attività legate a Megaupload.

E’ la fine di un’epoca, quella del file hosting pirata, e tutti i suoi affezionati forse dovranno a breve rinunciare alla possibilità di fruire gratuitamente o quasi di contenuti coperti da copyright. L’azione giudiziaria contro Megaupload sembra infatti essere il precedente legale perfetto per poter procedere alla chiusura di tutti i siti che operano nel campo del file hosting pirata, o quantomeno un ottimo deterrente per coloro che di fronte alla minaccia di 50 anni di prigione e pesanti sanzioni, preferiranno chiudere i siti. 

Non a caso è stato scelto Kim Schmitz come capro espiatorio, il proprietario di Megaupload infatti è un pregiudicato, accusato in passato e condannato a due anni di reclusione per aver organizzato una compravendita di carte di credito clonate. Un bersaglio facile per iniziare la battaglia contro chi non rispetta il copyright.

A giudicare dalle reazioni sui social network, l’opinione comune è molto negativa. Tra allibiti e scontenti, Facebook e Twitter si sono riempiti di commenti stizziti verso la chiusura del sito, a tal punto che il passerotto blu di San Francisco ha rischiato il “crash” a causa del sovraffollamento sul server.

Una risposta non è però mancata da parte dei sostenitori del così detto “copyleft”, il movimento di coloro che si oppongono all’irrigidirsi delle norme sul copyright. L’ormai sempre più noto gruppo di hacker che si firma Anonymous ha sferrato un attacco ai siti di Fbi e Dipartimento di Giustizia statunitense, nonché verso le major discografiche (universalmusic.com) ritenute responsabili di aver fatto pressione per la chiusura di Megaupload.

Il risultato è stato che, nelle stesse ore in cui è stato chiuso il sito di Schmitz anche i suddetti siti hanno ricevuto un attacco di tipo DdoS (Distributed Denial of Service) che li ha bloccati per diverso tempo.

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Tags: InternetUsa