Google e Facebook sono “accerchiate”. Dopo la stretta dell’Unione europea, che ha varato nuove regole per mettere sotto controllo i giganti di Internet, difendendo la concorrenza e i consumatori, arriva anche dagli Usa la notizia che i procuratori generali di ben 10 Stati (il Texas, l’Arkansas, l’Indiana, il Kentucky, il Missouri, il Mississippi, il South Dakota, il North Dakota, lo Utah e l’Idaho) hanno deciso di intentare una causa comune contro il colosso del web Google accusando il colosso delle ricerche online di “abusare del suo potere monopolistico” per minare la competizione nel mercato delle pubblicità online. In particolare, i magistrati vogliono mettere sotto accusa gli accordi sottoscritti da Google con Facebook, a partire dal 2018, con i quali sarebbero stati dirottate inserzioni pubblicitarie privilegiando il social di Mark Zuckerberg a discapito della concorrenza.
Nella dettagliata documentazione, di ben 118 pagine in tutto, si afferma che Google abbia fatto ricorso a “tattiche illegali” per sottoporre al proprio controllo editori ed exchange, “sino a monopolizzare il mercato delle pubblicazioni e dei server e proiettare il suo exchange pubblicitario al primo posto, pur avendo fatto il proprio ingresso in quei mercati assai più tardi della competizione”. I dieci Stati sostengono inoltre che la posizione monopolistica di Google si traduca in una “tassa” di fatto sui consumatori statunitensi, sotto forma di prezzi maggiori e una inferiore qualità dei servizi. L’iniziativa segue ed è giuridicamente analoga a quella già lanciata circa due mesi fa dal Congresso Usa, alla quale aderirono 11 Stati (alcuni sono gli stessi di questa nuova azione). Secondo la stampa Usa, il Texas intende affidare l’azione legale a Ken Starr, il procuratore protagonista dell’impeachment di Bill Clinton.
“Sono orgoglioso – ha commentato il procuratore generale del Texas, Ken Paxton – di annunciare che il Texas ha presentato un’azione da parte di diversi Stati contro Google per condotta anticoncorrenziale. Google usa il suo potere per manipolare il mercato, distruggere la competizione e danneggiare voi, i consumatori. Non è ammissibile che Google abbia di fatto neutralizzato la competizione, e si sia auto-incoronata responsabile dell’advertising online”.